Le emozioni in lui: il bel mondo
Lo annoiò col suo frastuono;
Più non furono le belle
Suo pensiero dominante;
Si stancò e di tradimenti
E d’amici e d’amicizie:
Non poteva mica sempre
Innaffiar paté e bistecche
Con bottiglie di champagne,
E sfornare motti arguti
Anche avendo il malditesta!
Mise infine da una parte
– Lui, galletto lesto a accendersi –
Lingua aguzza, piombo e sciabola.
Un malessere, che ormai
Sarebbe ora d’indagare,
Simile all’inglese spleen,
La nostrale chandrà,
insomma,
Entrò in lui poco per volta.
Grazie a Dio, nemmen per scherzo
Fece il gesto di spararsi;
Ma alla vita si freddò.
Compariva nei salotti
Tetro e languido: un Childe-Harold;
Non le chiacchiere, né il boston,
Né un’occhiata carezzevole,
Né un sospiro manifesto,
Nulla più riuscì a toccarlo,
Nulla più lo interessò.
Cosi
Aleksandr Sergevic Puskin descriveva la natura di Evgenij Onegin, protagonista delll’ononimo
romanzo in versi scritto nel 1833. Leggendo un testo molto interessante
publicato dall’associazione Tonalestate (www.tonalestate.org), ci siamo
interrogati su questa parola, che la vita di Evgenij descrive bene più che
spiegarla con formule. La parola chandrà in
russo e la sua traduzione inglese spleen, indicano
infatti non solo uno stato d’animo di noia e di disinteresse di fronte alla vita,
ma, al dilà del semplice stato emotivo, indicano una concezione che l’uomo ha di
sé all’interno della realtà stessa. Un grande uomo di cultura, il professor Riva,
una volta le ha tradotte con la parola italiana atarassia, di cui ha dato la definizione che segue: “Si tratta di accettare di vivere dentro un
disegno negativo fatto di promesse non mantenute, ingannatore e percio’
cattivo. L’uomo si abbandona cosi al fato, cioé a un destino per lui senza
significato, senza reagire sforzandosi di essere imperturbabile.” Questa,
più che una reale possibilità di vita, ci pare una bella invenzione letteraria che “non
è in realtà praticabile poiché, per essere veramente attuata, dovrebbe
consistere nello stare come un sasso, nel non avere nessun sentimento e, al
limite, nel non agire, e tutto cio’ è
irreale. La sospensione di assenso e di vita si rivela infatti soltanto un’affermazione
astratta, non vivibile se non in parte, con forti contraddizioni, e se non
temporaneamente. Di fatto, essa non è durevole né totale, come dimostrano ogni
esistenza personale e i regimi di potere assoluto che pretendono dal cittadino
questo tipo di sottomissione” e come dimostra anche Evgenij Onegin quando
rincontra Tat’jana il cui amore aveva rifiutato un tempo ma che torna a
divorgli l’anima contro ogni suo tentativo di chandrà.
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