lunedì 27 marzo 2017

Un pavimento cosmatesco a Westminster

Porfido rosso, serpentino verde, giallo antico e marmo bianco. Con questi quattro tipi di pietra i maestri marmorari della famiglia romana dei Cosmati hanno realizzato nel Lazio i pavimenti geometrici più belli del Medioevo (ma forse di tutti i tempi).



In particolare, quelli della Cattedrale di Santa Maria Annunziata di Anagni e della cripta di San Magno sono due degli esempi più raffinati e completi (nonostante alcuni rifacimenti moderni). E non è un caso che questi pavimenti cosmateschi si trovino proprio in quella città: Anagni, infatti, dette i natali a ben quattro papi tra l’XI e il XIII secolo ed era il loro luogo di villeggiatura preferito. Una località importante, dunque, tanto da essere chiamata “la città dei papi”.

Il pavimento, realizzato tra il 1224 e il 1227, presenta una fascia centrale in cui si ripete per cinque volte il motivo a quinconce (o quincunx) formato cioè da un cerchio centrale con altri quattro cerchi negli angoli.



Il cerchio in marmo è molto frequente perché i dischi venivano ottenuti dal taglio trasversale di vecchie colonne romane riutilizzate.


Accanto a questa striscia, che sembra accompagnare il fedele verso l’altare, si trovano tante zone rettangolari (dette partizioni reticolari) riempite con motivi geometrici basati sul quadrato o sull’esagono. Oltre ai quinconce e alle partizioni reticolari si trovano, infine, alcune serie di cerchi uniti da intrecci detti, con un termine francese, guilloche.



La tecnica con cui sono realizzati non è il mosaico, che prevede l’uso di piccole tessere quadrate, ma l’opus séctile. Questa antica tecnica di età romana si basava su elementi tagliati già con la forma definitiva: cerchi, quadrati, triangoli e losanghe. Piccoli elementi geometrici che, sapientemente incastrati, riescono a creare l’effetto di un magnifico tappeto ricamato.


Un tappeto con geometrie molto complesse. Ridisegnarne uno, anche un piccolo pannello come questo del Magister Vitellius Setinus, non è cosa facile. Se volte mettervi alla prova seguite queste istruzioni.


Un pavimento di questo genere si trova anche nel presbiterio dell’Abbazia londinese di Westminster. Sì, proprio la chiesa dove vengono incoronati i reali inglesi e dove si celebrano i loro matrimoni!



Ma che ci fa un pavimento cosmatesco in Inghilterra? La storia comincia nel 1258 quando Richard De Ware, appena nominato abate di Westminster, si recò dal papa per ricevere la conferma del suo nuovo ruolo. L’incontro avvenne proprio ad Anagni dove papa Alessandro IV amava soggiornare.
Si narra che l’abate sia rimasto incantato dallo splendido pavimento della Cattedrale tanto da decidere su due piedi che la sua abbazia avrebbe dovuto averne uno uguale nello spazio davanti all’altare. Per De Ware quel pavimento non era solo un meraviglioso decoro ma anche la rappresentazione in forme visibili di un ordine divino e un modo per esprimere la potenza del suo sovrano, re Enrico III.


Fu così che tornò a Londra con il marmoraro Odorico e un carico di marmi pregiati.

Nel 1268 anche l’Abbazia di Westminster ebbe il suo pavimento cosmatesco, con tanto di disegni a guilloche e a quinconce: un quadrato di 7,6 m di lato tra i più raffinati esempi dell’arte cosmatesca fuori dall’Italia.


Al centro campeggia un disco in onice, mentre altri elementi sono in porfirio viola, serpentino verde, calcare giallo e vetro opaco colorato (in rosso, turchese, blu cobalto e bianco). Il tutto incastonato in una base di calcare scuro detto marmo di Purbeck.


La presenza di tanti colori e la base scura al posto del marmo bianco danno un aspetto complessivo molto differente dai pavimenti cosmateschi italiani: un’immagine più uniforme e compatta.


Di questo pavimento l’abate era talmente orgoglioso da scegliere di farsi seppellire proprio al di sotto di quel coloratissimo tappeto lapideo dopo la morte avvenuta nel 1283.
Nel punto in cui era sepolto esisteva una volta un’iscrizione che così recitava: “L’Abate Richard De Ware, che adesso riposa qui, porta addosso quelle pietre che lui stesso ha portato dalla Città”.
La “Città”, manco a dirlo, era Roma.


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