domenica 3 giugno 2012

Verso casa, Carlo Carrà, 1939

Porsi davanti a un quadro non è, come qualche idea borghese vuole farci credere, un semplice diletto, un piacere da cui ci allontaniamo con un sorriso sulle labbra. Colui che si trova dinnanzi al quadro è l’uomo, con la sua storia. Forse un quadro di apparente innocenza come “Verso casa” di Carlo Carrà, è il tipo di opera che ci invita a pensare all’infanzia, alla madre che chiama per andare a mangiare. Tuttavia, in questo caso, questo quadro si rivolge a noi in un altro modo. Nell’opera in questione sembra tutto molto esplicito. Vediamo un uomo che dirige i suoi passi verso una casa su una piccola collina. I tratti sono semplici senza intenzioni ostentose, molto vicini ai tratti che farebbe un bambino se fosse lui a realizzare il disegno. L’abbondante chioma degli alberi ci dice che siamo nel periodo in cui nascono le foglie, i fiori e i prati si ricoprono di piante ed erba. La luce del sole che spunta dal breve orizzonte tra le fronde degli alberi contraddice quanto appena detto perché, invece, il sole è benigno. Tutto lo scenario copre l’uomo, è come teso a ripararlo, e le dimensioni degli elementi lo confermano, gli alberi sono appena più alti della statura umana. I componenti sono a misura d’uomo al punto da offrire una certa pace, come dopo una giornata ardua e faticosa. L’uomo è diretto a casa sua, a quel nucleo della sua vita per il quale vale la pena la stanchezza; attira l’attenzione il fatto che porta con sé solo i vestiti che indossa e il suo cappello, non c’è l’intenzione di attribuirgli una determinata occupazione, di identificarlo con un gruppo sociale; in altre parole, parla dell’uomo di qualsiasi lavoro o estrazione sociale. Però, allo stesso tempo, veniamo spinti ad un secondo sguardo o, meglio, ad uno sguardo più profondo. L’uomo non può essere solo una rappresentazione, può e deve essere reale, deve essere l’uomo che sono io, l’uomo seduto accanto a noi, non un uomo astratto. Vedendo questo quadro, ci si interroga su quanti non hanno un tetto sotto il quale condividere il pane con i loro cari, dove recuperare le forze e riposare. Tutti andiamo affaccendati alla ricerca della casa in cui la nostra persona venga riscattata ogni giorno. La casa non è fatta dai muri dipinti, dalla poltrona comoda, o dagli aggeggi elettronici – anche se attualmente pensiamo di non poter vivere senza. Como diceva il poeta, una sola è la casa, quella in cui la nostra fragilità e, quindi, il nostro desiderio che più niente sia dolore, niente sia male, si compia. Desiderare questo e lavorare affinché si realizzi è il compito che ci attente. Sempre.

dal giornalino "the Others International, maggio 2012.

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