L’Occidente conta gli anni a partire dall’avvenimento della nascita di
Gesù, detto “il cristo”. Il 25 dicembre, data convenzionale, celebra la sua
nascita con una notissima festa chiamata “il Natale”.
E’ una festa questa che la nostra ipocrisia puo’ ogni anno celebrare senza
impegnare nulla di noi, nella certezza che, alla fine delle feste, potremo
tornare alle faccende che consideriamo, quelle si, serie e fondamentali: i
soldi, il confort, il piacere, la carriera e cosí via.
Cosa significa per noi quella nascita? A che cosa è stato risposta quell’uomo, Gesù,
che la tradizione dei nostri nonni e padri ci ha presentato come il salvatore,
la salvezza della vita nostra, della persona che amiamo e del cosmo? A quale nostro bisogno umano ha risposto quell’uomo? Che cosa è venuto a salvare?
Da quel primo Natale esiste la possibilità storica di un’umanità nuova, di
una risposta possibile, sempre da verificare, alla nostra personale fame di bello, di bene,
di giustizia. Per verificare questa possiblità occorre guardare all’oggi, alla
presenza di un’umanità nuova oggi, bella, buona e giusta.
Tuttavia non ci accorgeremmo della novità, se quella fame non fosse prima
risvegliata dal confort, dai soldi, dalla carriera e, in definitiva, dal
fascino del nulla.
Non c’è cosa più assurda di una risposta a una domanda che non ci si pone.
Dietrich Bonhoeffer scriveva, il 2 dicembre 1928: “Chi non conosce l’aspra
beatitudine dell’attesa, che è mancanza di cio’ che si spera, non sperimenterà
mai, nella sua interezza, la benedizione dell’adempimento”.
Per noi di DaSeyn il problema non è tanto se credere o no in dio, quanto se
dio creda in noi.
non credo che un dio si ponga problemi del genere, tutto è dio e tutto è di dio se dio esiste. Il problema è che noi, in questa attuale condizione riusciamo a vivere senza sbranarci alla pari degli altri animali,anzi con più acredine e molta follia che loro non hanno. Il problema è non voler accettare l'idea di nascita quotidiana, non a dicembre o in altre date confezionate più o meno commercialmente (anche i religiosi lo hanno fatto rubando questa festa ai pagani che festeggiavano il soslstizio d'inverno e quindi il ritorno della luce da unghe giornate di buio incombente.Penso che il buio non ci avvolga soltanto ma intrida questa società solipsista fino all'eccesso e quindi fino ad una cecità profonda poiché non si accorge che tutto è un unico vitale tessuto, anche ciò che sembra non sfiorarci ci "sfiorisce".
RispondiEliminaAUGURO A TUTTI UNA GIOIA PROFONDA DA COSTRUIRE GIORNO PER GIORNO NELLA MOBILITA' CONTINUA DELLA VITA.fernanda ferraresso
Cara Signora Ferraresso,
Eliminala ringraziamo di seguirci e del suo commento. Siamo, aimé, costretti a esprimerci con parole della tradizione. Ci permetta, percio',una nota linguistica. Vorremmo che il lettore intendesse con la parola "dio" cio' che con essa vogliamo indicare: "il fondamento ultimo di tutto".
Questa parola è diventata infatti altamente ambigua, amalgamando il meglio con il peggio. Noi uomini di oggi abbiamo infatti individuato molti nuovi dei: il denaro, la bellezza fisica, la carriera, per citarne alcuni. Essi, diventando fondamento ultimo della vita, non sono che varie faccie dell'unico grande dio odierno: l'interesse individuale. Egli ha anche i suoi templi: le banche, le palestre, i supermercati. Ma noi non possiamo disertare le domande impresse nel cuore dell'uomo: esiste il fondamento ultimo che chiamo "dio"? esiste l'ultimo o il primo, sul quale ogni realtà trova garanzia, valore e senso?"
Preghiamo il lettore di fare lo sforzo di intenderci, poiché questa nota linguistica implica una responsabilità o comunque un appello serio e concreto, poiché interessa ogni particolare, quindi anche la nostra vita e i suoi eventi. Interessa il nostro presente. E se quel fondamento ultimo esiste non puo' non "porsi problemi del genere", come lei ci suggerisce. Le auguriamo delle feste di pace, pregandola di trasmettere lo stesso augurio a tutta la redazione di Carte Sensibili