La città medievale è un rifugio per i contadini, una
residenza per il feudatario, un luogo di scambi fra commercianti provenienti da
fuori le mura. Perciò spesso preferisce i luoghi più impervi e difendibili: le
città dell’entroterra si trovano in cima ai colli (esempio: Todi), quelle sulla
costa su baie e porti naturali (esempio: Genova). È circondata da mura che la
stringono il più possibile; dato il costo di queste opere, si aspetta di
costruire in ogni centimetro prima di allargarle.
Ci sono città derivate dagli accampamenti romani, come
Bologna e Firenze, e città fondate dopo la caduta dell’impero, come Venezia e
Siena. Nelle prime si nota un nucleo centrale fatto di vie tutte perpendicolari
fra loro, che, nei secoli, viene stravolto in vario modo; nelle seconde,
invece, le vie seguono la forma del territorio, utilizzano al massimo ciò che
le curve, le pendenze e i ripari del luogo hanno già.
Con l’avvento dei primi Comuni, la città diventa il luogo
del popolo, e non più il luogo del vassallo del re. Urgono nuove piazze, nuove
chiese, nuovi palazzi che ospitino l’assemblea; e bisogna inserire tutto questo
in una struttura sovraffollata di edifici e costretta ad aumentare i piani
delle case per ospitare altre persone. Come si fa? Con i particolari. I palazzi
dei Comuni (“della Ragione”), per esempio, lasciano il piano terra come un
grande portico percorribile da parte a parte (il “broletto”, come a Bergamo) e
riescono perciò a guadagnare molto più spazio. Le chiese non sorgono ai lati
della piazza, ma la tagliano così da creare due piazze.
La bellezza non viene esclusa dalla funzionalità, però.
Il lavoro sui particolari della città crea un modo di percorrerla diverso. I
monumenti non sono su un podio, non hanno una sola facciata, ma sono visibili
da mille scorci diversi e bisogna camminare e spostare lo sguardo per
comprenderli. Il vicolo entra all’improvviso nella piazza; i portici portano lo
sguardo a seguirli lungo le curve. A ogni angolo le case sono diverse, perché
sono in luoghi diversi e devono stare in limiti diversi.
Qui sta la bellezza dei nostri centri storici: nel non
calcolato effetto di avere sempre davanti un diverso particolare della stessa
cosa. (Continua…)