Abbiamo detto che le caratteristiche delle costruzioni
medievali sono rifiuti di seguire regole tradizionalmente valide.
Si rifiuta infatti ogni a priori: se un rettangolo non ci entra, lo facciamo storto; se una
stanza ha bisogno di una finestra proprio lì, ce la mettiamo anche se
all’esterno sembra brutta; ma soprattutto, l’esterno dell’edificio serve a
contenere e a tenere in piedi lo spazio creato, e perciò è ad esso subordinato.
Facciamo un esempio. Io ho bisogno di una casa con tre
stanze: una grande, una alta, una stretta. Devono essere collegate in un modo
preciso, perché vi devo accedere dalla strada, devono essere esposte a sud,
eccetera. Allora penso a questi spazi come volumi (cilindri, parallelepipedi,
ma anche forme libere), e li compongo fra di loro secondo la necessità;
l’esterno è il risultato di questa composizione. Nel Rinascimento, invece,
avrei costretto questi volumi a stare in una scatola perfettamente
proporzionata e simmetrica, regolarizzando ogni minima misura o apertura. Le Corbusier ci ha lasciato uno schizzo in cui
mette a confronto diversi metodi progettuali, fra cui questi due. Definisce il
primo “facile”, e il secondo “molto difficile”.
Perciò, la cosa più importante nel Medioevo è la
funzione. Ora, quando pensiamo a costruzioni con uno scopo solo funzionale,
pensiamo alle industrie, ai tanti capannoni che si vedono lungo l’autostrada, a
qualcosa di brutto e squallido. Quindi, come può questa concezione aver portato
ai bellissimi centri storici di Siena, di Venezia, di Palermo, di Bologna? Stessa
domanda, ma detta in altro modo: passeggiando per queste città si ha
l’impressione che ogni casa, ogni vicolo, sia messo lì per una casuale
coincidenza; eppure l’insieme ci pare così bello! Com’è possibile?
(Continua…)
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