martedì 12 novembre 2013

Giuseppe Sanmartino - Il cristo velato

Si trova a Napoli, nella cappella di San Severo e solo questa scultura meriterebbe un viaggio in quella città: prodigio di incontri e scontri depositati fin dentro le ossa di quelle vie, di quelle persone, di quei luoghi mitici e martirizzati. Antonio Canova era disposto a pagare un prezzo altissimo ( dieci anni della sua vita) pur di averla, pur che fosse riconosciuta sua, opera delle sue mani. Fu Raimondo di Sangro a commissionare l’opera al giovane scultore napoletano, che tenne in poco conto il precedente bozzetto in argilla del Corradini.

La magia della trasparenza rivela la turgidità delle vene, come se la marmoreicità del rigor mortis fosse una cosa superabile, trattabile, o fosse un dolore, una tormentata presenza che affonda nelle mani e un respiro faticoso dentro il corpo vivo, ancora parte del mo(n)do dei vivi. Ciò che dovrebbe essere coperto, la morte, non solo il corpo martoriato di Cristo, viene svelato, e-letto attraverso quel lino vivo, respiro del tutto, sconfiggendo così la tenebra e la paura di un altrove oscuro che non c’è.

La morte è lì che espone ciò di cui è composta: un velo, non un veto.

A tale proposito merita memoria la figura del committente, Raimondo di Sangro, caratterizzata da una fervida attività di studio e sperimentazione nell’ambito delle scienze naturali e dell’alchimia. Gli studi presso il Collegio dei Gesuiti di Roma e la consultazione di testi scientifici ed alchemici del ’500 hanno fornito ispirazione al Principe di Sansevero per la creazione di numerose e straordinarie opere, molte delle quali sono oggi visibili all’interno della Cappella. E’ alla morte del Principe alchimista, che vengono rinvenuti, in un locale sotterraneo della Cappella, gli scheletri di un uomo e di una donna. La sorprendente scoperta è che essi sono rivestiti dell’intero sistema venoso ed arterioso, nonchè di vari organi. La tradizione recita fatti che indicano morti accidentali, per le persone oggetto di intervento da parte del principe Raimondo. Si dice che il di Sangro avrebbe inoculato una sostanza di origine e composizione sconosciute, che avrebbe “metallizzato” tutte le vene, le arterie, i vasi capillari e alcuni organi. Altra ipotesi che circola stabilmente e parallelamente è quella della ricostruzione del sistema circolatorio eseguita da un medico anatomista, sotto la direzione di Raimondo de Sangro, con cera d’api ed altro materiale. In tal caso, tenuto conto delle esigue conoscenze anatomiche dell’epoca intorno al sistema circolatorio, stupisce la perfezione con la quale esso sarebbe stato riprodotto.

Ora nasce una domanda: ma quel corpo, quel corpo di caldo marmo che freme…chi è? E cosa…gli è accaduto?

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