Le chiese spesso comunicano attraverso la facciata. Cosa comunicano? La forma e la dimensione della chiesa stessa, essendo come un piano di sezione del suo corpo allungato; lo stile architettonico/artistico; la severità o la dimostrazione di sfarzo che il committente vuole. Spesso, perciò, la facciata è solamente una bugia, un muro incollato, un fondale da Cinecittà; ma anche quando fosse veritiera e bella, è un disegno, una rappresentazione. La facciata provoca una visuale soltanto frontale e quindi bidimensionale, pittorica, di un oggetto tridimensionale e fatto per essere guardato muovendosi.
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S. Sabina, Roma |
Nel Medioevo, a volte per necessità, a volte per scelta, era raro che chiese di medie dimensioni rivolgessero la facciata alla piazza: più spesso mostravano il fianco o addirittura l'abside, o una visione d'angolo. S. Sabina a Roma, il duomo di Trento, S.Francesco d'Assisi, S Domenico a Napoli ne sono esempi illustri.
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S. Domenico Maggiore, Napoli |
La chiesa diventa così una composizione di volumi distinguibili per altezza, forma e posizione; non più una questione di ordini corinzi o dorici o quant'altro. Particolari diversi emergono spostando il punto di osservazione, quindi si percorre la piazza per ammirarla tutta da vicino e da lontano, e infine si entra nello spazio che abbiamo già ipotizzato guardando il suo risultato esteriore.
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Duomo di Trento |
Inoltre, l'ingresso principale non è più quello convenzionale, dalla porta anteriore, ma da una porticina sul lato, da sotto un portico buio, o dalla navata laterale. La porta del regno dei cieli è stretta!
Se la facciata non ha legame con l'edificio, ha però un legame con lo spazio della piazza o di ciò che si trova davanti alla chiesa.
(continua...)
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