Roma, San Giovanni a Porta Latina, interno. |
1.2 L’edificio
L’edificio si apre di fronte a una piazza, il cui asse centrale corre da nord-ovest a sud-est, parallelo alla via Latina. Anticamente, l’area circostante era scarsamente abitata e poche tracce di tombe romane, anteriori alla costruzione delle Mura Aureliane, sono state rinvenute ai lati dell’omonima strada. La facciata è preceduta da un portico, sostenuto da cinque archi poggianti su due pilastri rastremati alle estremità laterali e su quattro colonne, che presentano basi, fusti e capitelli prelevati da antichi edifici. L’ampia fronte del portico si conclude con un alto attico e un fregio a mensola su cui si imposta direttamente la copertura. Un ampio portale cosmatesco, dal fregio intarsiato a porfido rosso e verde, consente l’accesso alla navata centrale. Originariamente due ulteriori aperture di minori dimensioni garantivano l’entrata all’interno della chiesa. Alla sua sinistra è situato il pozzo, fiancheggiato da due colonne con capitelli a foglie stilizzate e di piccole dimensioni, databili alla fine del V secolo. Appartiene, probabilmente, all’epoca di papa Adriano I (772-795) la margella dello stesso, dalla forma troncoconica e dal corpo decorato da un albero della vita, dal cui fusto centrale si dipartono due serie sovrapposte di racemi e nelle cui volute si dispongono fiori a petali ruotanti. Sul margine corre la scritta: in nomine pa(tri) et filii spi (ritus sant) i/omnes sitie (ntes venites ad aquas)/Ego Stefanus; il verso riporta le parole del profeta Isaia (55, 1): o voi tutti assetati, venite all’acqua. Sul lato sinistro del portico, e in stretta correlazione con esso, si innalza l’alta torre campanaria, variamente datata fra gli inizi dell’XI –XII secolo. Di forma quadrata essa mostra cinque piani di finestre, monofore nel piano inferiore, bifore con pilastro mediano al livello successivo e trifore colonnate negli ultimi tre piani. L’interno dell’edificio è diviso in tre navate da due file di cinque colonne, in parte di reimpiego, sulle quali poggiano archi semicircolari. La navata centrale, alta 10,07 m. e larga 7,5 m., conclusa da un corto e oblungo avancoro e da un’abside, è ricoperta, come le navate, da un tetto a travi scoperte. Piccole finestre arcuate si aprono sopra le arcate e nella parete della facciata, dove sono chiuse da transenne marmoree. Anche le navate minori prendono luce da piccole finestre a semicerchio, ma le prime due campate di quella destra, confinanti con gli edifici del monastero, sono prive di aperture. La parte terminale della chiesa è costituita da un coro tripartito – frequente fra V e VI secolo a Ravenna, a Bisanzio e nelle regioni limitrofe – con avancorpi, in comunicazione con le navate mediante aperture ad arco. L’abside principale, dotata su ogni lato di un’apertura a tutto sesto e chiusa da lastre di onice giallo miele, si presenta semicircolare all’interno e poligonale all’esterno, formata dai tre lati di un esagono. Le navate minori terminano con due vani, i pastoforii, nei quali si aprono due piccole absidi; esse sono semicircolari, prive di finestre e addossate perpendicolarmente al muro di chiusura delle navate minori. Secondo Krautheimer i locali laterali, uno dei quali forse originariamente adibito a contenere il fonte battesimale, andrebbero ricondotti alle chiese cristiane d’Oriente. La cronologia della basilica è ancora oggi molto dibattuta, avendo l’individuazione e la conseguente datazione delle sue diverse strutture murarie determinato pareri contrastanti tra gli studiosi. Krautheimer riconobbe nell’edificio due diversi tipi di muratura, che datò al V-VI secolo e al XII secolo. Matthiae, invece, fra il livello pavimentale paleocristiano e quello attuale di XII secolo, individuò uno stadio intermedio, che ascrisse alla fase edilizia di Adriano I (772-795). Di recente Claussen ha datato la parete laterale nord del portico, le navate con le relative arcate e la parete occidentale dell’edificio – di apparente muratura paleocristiana – alla fine dell’XI secolo. È dunque plausibile collegare il rifacimento architettonico di epoca romanica a un momento precedente la nuova dedicazione di Celestino III (1191-1198), verosimilmente compreso fra la fine dell’XI secolo (Claussen) e la prima metà del XII secolo. Per Parlato e Romano appare ragionevole congiungere l’avvio della nuova campagna edilizia al 1144, momento di passaggio di San Giovanni a Porta Latina al Capitolo lateranense. Schumacher e Sartori hanno tuttavia rilevato come la data del 1191 debba essere considerata unicamente quale testimonianza della riconsacrazione dell’altare, a seguito della sostituzione delle reliquie dell’Evangelista, passate al Sancta Sanctorum, con quelle dei santi Gordiano ed Epimaco, giunte a San Giovanni dal vicino ed eponimo cimitero di via Latina. La piccola targa marmorea disposta sotto l’altare maggiore, con i nomi dei martiri in caratteri epigrafici del tempo, rinvenuta durante gli scavi del 1915, sembra consolidare tale ipotesi. L’epigrafe di Celestino III, infatti, menziona il 10 maggio, anniversario del martirio dei due santi, e non il 6, data dell’Evangelista. Anche Orietta Sartori ritiene improbabile ancorare massicci lavori di ricostruzione ai decenni precedenti il 1191. L’epoca di maggiore fortuna dell’edificio può infatti considerarsi conclusa già alla metà del secolo; inoltre la chiesa, intorno al 1170, risultava funzionante per la tradizionale festività della stazione pasquale ivi celebrata.
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