mercoledì 19 settembre 2012

La Tempesta



Giorgione dipinse il quadro « La Tempesta » intorno al 1507-1508, qualche anno prima di morire. La tela si trova oggi alla Galleria dell’Accademia Venezia.

Quatro sono i protagonisti.
La realtà che minaccia e la tempesta in arrivo su quelle case sulle quali si riflette ancora la memoria del sole. La donna il cui sguardo interroga l’uomo di oggi, fuori dal quadro. Il soldato sicuro di sè, l’illuso certo della sua baldanza, lo spirito superbo di chi pensa di poter possedere. Infine il bambino, in pace, che beve il latte dal seno materno.

Sono state fatte varie e sapienti interpretazioni di questo quadro. Eppure una sola ci sembra importare, ascoltata nelle parole di un amico qualche anno fa.

Dapprima la realtà: la tempesta. Essa non si è ancora scatenata, ma la folgore sprigiona un sentimento di paura in qui lo guarda, quasi indovinando un male vicino. La tempesta diromperà un attimo dopo, in attesa che il cuore dell’uomo scelga definitivamente il male.

Poi c’è la madre che ha appena fatto in tempo a farsi un mantellino per ripararsi. Lei è cosciente del male, è una donna fatta, ha portato in grembro un uomo. Per un momento ha creduto di poter essere generatrice. Ma ora che il bimbo è nato e che la tempesta minaccia, in cuor suo lei sa che non potrà dare a suo figlio un senso per la sua vita.

Poi c’è il bimbo. Quando nacque piangeva e gridava. Ma ora la natura stessa del seno di quella donna di cui non ha ancora coscienza, gli insegna a avere fiducia nella vita. Il mistero nascosto nel cuore della natura gli offre una cosa di carne, che dà fiducia al piccolo. Prima il seno, poi l’abbraccio e il calore della mamma. E’ una positività che adesso avverte e che dovrà formularsi e adeguarsi alla vita che sarà. C’è qualcosa che dà fondamento al bambino, una cosa che lui non ha, ma che gli viene data.

Il segno è un avvertimento, il segno indica un’altra cosa, indica che la verità è un’altra cosa rispetto a quanto appare. La tempesta appare anche al bambino, che sarà stato spaventato dai tuoni e dal lampo. Ma attraverso quel particolare, attraverso quel seno offertogli, intravede che c’è qualcosa di positivo, di più grande di lui, che gli viene proposto. Se il bimbo non accettasse quel misterioso aiuto materno, morirebbe. Se si irrigidisse nel suo pianto e nel suo grido, sarebbe perduto.

Tuttavia la madre sa anche che il suo latte non potrà nutrire il bambino a lungo. Sa che il bambino dovrà andare più in là del suo amore, sa di non poter essere risolutiva per la vita di suo figlio, una volta che egli sarà un uomo fatto. Lei sa di essere per lui una presenza che indica una verità, un amore più grande del suo. Il bimbo sarà, come ogni uomo, tormentato dall’ansia di conoscere il vero oggetto di quel segno. E la madre ci guarda, come per pregarci di non consumarlo, di guardare “più in là”.

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