arogna,”
gridò la Pizia con voce roca “sei proprio una carogna a parlare di decreto
degli dèi quando sai benissimo che quell’oracolo è tutto un imbrogli inventato
da me di sana pianta!”
Ma
la Pizia ormai non gridava più, il suo era soltanto un roco bisbiglio, e ad un
tratto dalla fessura della roccia si levò un’ombra, un’ombra immane, una specie
di impenetrabile parete, velata ai suoi occhi dalla luce perlacea della notte.
“
Sai chi sono?” domandò l’ombra, che ora aveva un volto i cui occhi grigio
ghiaccio la osservavano pacatamente.
“Sei
Teresia” fu la risposta della Pizia che si aspettava di vederlo comparire.
“Tu
sai bene perché appaio al tuo cospetto,” disse Teresia “benché in questi vapori
non mi senta affatto a mio agio: non soffro di reumatismi, io.”
“Lo
so”, disse la Pizia con sollievo, perché Giocasta, a forza di chiacchiere, le
aveva fatto passare definitivamente la voglia di vivere “lo so che sei venuto
perché devo morire. L’ho chiaro in mente da tempo. Da molto prima che si levassero le ombre di Meneceo, di Laio,di Edipo, di
quella puttana di Giocasta, e adesso la tua. Torna di nuovo giù, Tiresia, sono
stanca”.
“Anch’io,
Pannychis, devo morire,” disse quell’ombra “il nostro trapasso avverrà nel
medesimo istante. Riarso com’ero, mi sono appena abbeverato col mio corpo di
carne alla fonte di Tilfussa”.
“Ti
odio” sibilò la Pizia.
“Lascia
il rancore” replicò Tiresia ridendo “facciamo la pace e avviamoci insieme nel
regno dell’Ade” e ad un tratto Pannychis si accorse che il potente e decrepito
Tiresia non era affatto cieco, poiché anzi, guardandola, strizzava i suoi occhi
grigio chiari.
“Pannychis”
disse il veggente in tono paterno “solo la non conoscenza del futuro ci rende
sopportabile il presente. Mi sono sempre stupito e continuo a stupirmi immensamente che gli uomini siano tanto
smaniosi di conoscere il futuro. Sembra quasi che preferiscano l’infelicità
alla felicità. D’accordo, noi due
abbiamo approfittato e addirittura vissuto di questa propensione degli umani,
io, lo riconosco, assai più agiatamente di te, anche se non è stato facilissimo
recitare la parte del cieco per la vita di sette generazioni che gli dèi hanno
voluto donarmi. Ma sono gli uomini a volere che i veggenti siano ciechi, e i
clienti, si sa, non vanno mai delusi. E, quanto al primo oracolo da me
commissionato a Delfi per il quale tu ti sei tanto arrabbiata, mi riferisco
all’oracolo su Laio, credimi, non è proprio il caso di farne una tragedia. Un
indovino ha bisogno di soldi, simulare la cecità costa molto denaro, il
fanciullo che mi accompagnava doveva essere pagato, e ogni anno ero costretto a
cambiarlo perché doveva avere sempre sette anni, per non parlare delle spese
che mi è toccato sostenere per il personale specializzato e per gli uomini di
fiducia sparsi qua e là in tutta la Grecia… ed ecco che un giorno si presenta
quel tipo, Meneceo… sì, lo so, la registrazione che hai trovato in archivio
attesta un versamento di cinquemila talenti, mentre da Meneceo ne ho incassati
cinquantamila – ma quello, in realtà, più che un oracolo era un ammonimento,
visto che Laio, il quale veniva avvertito che suo figlio lo avrebbe ucciso, non
aveva figli e neanche poteva averne,capirai che ho dovuto tener conto della sua
inclinazione quanto mai funesta per un sovrano ereditario.
“Pannychis,”
continuò Tiresia in tono conciliante “anch’io come te sono una persona sensata,
come te non ho fede negli dèi e credo invece nella ragione, proprio perché credo nella ragione sono
persuaso che l’insensata fede negli dèi
debba essere sfruttata in maniera ragionevole. Io sono un democratico. So
benissimo che l’antica nobiltà dei nostri antenati era ormai decaduta, che si
trattava già allora di uomini depravati, facilmente corruttibili, disposti a
vendersi purchè fosse un affare, tutta gente insomma di una indescrivibile
immoralità: se penso a quel beone di Prometeo che preferisce attribuire la sua
cirrosi epatica alle aquile di Zeus
piuttosto che all’alcool, o all’insaziabile ingordigia di Tantalo che esagera a
dismisura il supplizio che gli procurano le normali restrizioni dietetiche alle
quali è tenuto chiunque sia malato di diabete.
Per non parlare poi della nostra alta aristocrazia. Tieste che mangia i
suoi figli, , Clitennestra che scanna il marito con una scure, Leda che se la
fa con un cigno, la consorte di Minasse con un toro…e avanti di questo passo,
chi più ne ha più ne metta. Comunque, quando penso agli Spartani e al loro
Stato totalitario – perdonami, Pannychis, non vorrei annoiarti con la politica
– non posso fare a meno di rammentare che anche gli Spartani discendono dagli
uomini drago e precisamente da Ctonio, uno dei cinque guerrieri sopravvissuti
alla carneficina, mentre Creonte discende da Udeo, quello che solo a massacro finito
osò tirar fuori il capo dalla terra… mia cara, stimatissima Pizia, che Creonte
sia fedele te lo concedo, così come ti concedo che la fedeltà sia una virtù
meravigliosa e onestissima; ma tu non scordare che non c’è dittatura senza
fedeltà, la fedeltà è la solida roccia sulla quale si erige lo Stato
totalitario, che senza di essa affonderebbe nella sabbia; per la democrazia è
necessaria invece una certa mancanza di fedeltà, una attitudine più
svolazzante, più irresoluta, più fantasiosa. Ti sembra che Creonte abbia
fantasia? Un tremendo uomo politico cova in lui, Creonte è un uomo drago,
simile agli Spartani in tutto e per tutto. Quando ho avvertito Laio di
guardarsi da un figlio che lui in ogni caso non avrebbe potuto avere, intendevo
metterlo in guardia contro Creonte, quel Creonte che lui stesso, Laio – se non
avesse provveduto in tempo -, avrebbe portato al potere come proprio erede: in
fondo tra i generali di Laio c’è Anfitrione, un uomo così per bene, di nobiltà
ancor più antica di Creonte, per non parlare di sua moglie, la mobilissima
Alcmena… cosa vuoi che mi importi se Eracle è suo figlio o no, non è il caso di
perdersi in pettegolezzi; ma Laio, date le sue inclinazioni, sapeva benissimo
che la stirpe dei Cadmei era finita, e io con il mio oracolo volevo solo
suggerirgli la soluzione più intelligente, e cioè di adottare Anfitrione. Laio
non l’ha fatto. Laio non era intelligente come io immaginavo.”
Tiresia
tacque, si fece cupo e tetro.
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