sabato 13 ottobre 2012

PEACE IN THE WORLD




Uomini liberi, alzate un grido forte e unanime per la pace nel mondo!
Mentre la nostra attenzione viene dirottata sui mercati economici e sulle prossime elezioni americane, nella regione mediorientale si sta ridisegnando il nuovo assetto del potere globale.
La Siria pare essere diventata “l’ultima frontiera” dalla quale non arretrare nella prova di forza tra gli USA, con i suoi alleati occidentali, e la Russia del ritrovato Putin.
Le consistenti risorse energetiche su cui appoggiano gli Stati della Regione, la fame rapace di tali fonti che nutrono i mercati internazionali, la necessità di libero e indisturbato accesso alimentano drammatici venti di guerra.
Ma in Siria, come negli Stati limitrofi, vivono forse delle “non persone” che, come già diceva George Orwell, non possono entrare nella storia?
Che ne è delle donne e degli uomini comuni, siano essi siriani, turchi, afgani, iracheni, iraniani, egiziani, palestinesi, libici, libanesi, israeliani? Che ne è della loro sofferenza, della morte, dell’oppressione, delle atroci malvagità subite, della fame di pane e di giustizia, della disperazione di essere privati della libertà?
Le loro immani prove, che rendono disumana anche la nostra vita, possono continuare a lasciarci indifferenti?
Possiamo ancora permettere che una società in cui la tecnologia diventa il braccio dell’unico dio denaro, tanto che i soldi per qualsiasi guerra si trovano sempre, ci faccia credere che i conflitti armati siano l’unico strumento di prevenzione e di soluzione del male che incombe sull’uomo?
Di fronte a tale aberrazione potremo ancora continuare a usare timide e balbettanti parole quali si leggono nelle risoluzioni delle Nazioni Unite?
E’ questo il tempo della responsabilità. Di tutti e di ognuno. La prima responsabilità è quella di uscire dal qualunquismo e dal cinismo degli interessi privati che ci chiedono di non impegnarci, di non sacrificarci per nessuno e per niente e di starsene “quieti” finchè possiamo.
NON POSSIAMO perché l’ingiustizia, se c’è un uomo che la sopporta, che la tace, che la asseconda con l’indifferenza, con il tempo viene accettata e considerata come una giustizia.
NON POSSIAMO perché è facile dimenticare di essere umani, cioè parte dell’umanità tutta, e tutti siamo colpiti nella nostra umanità dalle ferite che il potere infligge a chi è trattato come una “non persona”.
Scegliere il tema della pace, quindi, significa basarsi sulla convinzione che il male non ha l’ultima parola nelle vicende umane e che le immani sofferenze dei popoli e dei singoli devono interpellarci.
In ogni caso e contro tutte le guerre il PPL alza la sua voce: NO ALLA GUERRA.

Pane Pace lavoro 13 ottobre 2012

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