Il vorkus itteniano si è rivelato uno degli esperimenti più originali e caratteristici del Bauhaus: Itten riesce a stimolare, con una straordinaria abilità pedagogica, le giovani personalità a lui affidate. Il corso, basato sulla pedagogia introdotta da Franz Cižek (1) a Vienna, si fonda sul contatto fisico con la materia, sul gioco con i materiali più svariati che aiuta a scoprire e a sperimentare le loro proprietà specifiche. Uno studio di questo tipo lascia grande libertà alla fantasia dei singoli nel mettere insieme i materiali e nel compiere con essi studi di composizione plastica. A partire dallo studio sul colore e sulle forme del suo maestro Hölzel(2), Itten basa la sua didattica sul sistema di coppie di opposti e sull’armonizzazione tonale. L’obiettivo del corso propedeutico era “liberare le energie creative e l’autonomia degli studenti, esaltandone capacità e soggettive predilezioni”(3).
La finalità pedagogica di Moholy-Nagy è di rendere l’uomo capace di “dare forma con qualsiasi materiale alle sue sensazioni”(4). Se l’esercizio sensoriale tattile e ottico di Moholy-Nagy, attraverso l’esperienza diretta con i materiali più diversi, si riallaccia al corso propedeutico di Itten; il modo di procedere “scientifico”, senza pretese artistiche, ma destinato ad indagare la struttura, i movimenti statici e dinamici, l’equilibrio e lo spazio, mirava a un “padroneggiamento produttivo del mondo tecnico-urbano nell’epoca industriale”(5). Questa tendenza a rendere scientifico il processo figurativo emerge nel Bauhaus a partire dal 1923 e si riallaccia allo stretto contatto di Moholy-Nagy con il costruttivismo russo.
Il vorkus di Albers
Josef Albers è il primo degli studenti a cui viene riconosciuto il grado di maestro. Nel 1923 gli viene affidata la direzione tecnica dell’officina di pittura su vetro e un incarico di insegnamento tecnico aggregato al corso preliminare. Nel 1925, il Bauhaus di Dessau lo conferma “maestro”, membro ordinario del corpo insegnante. Albers continua la sua attività didattica nel quadro del corso preliminare e, dopo le dimissioni di Moholy-Nagy, gli viene affidato l’intero corso. Albers prosegue nel suo insegnamento quanto era stato iniziato da Itten, che a sua volta era stato suo insegnante nel 1920. Il corso si presenta, in un primo momento, come un “gioco”, sulla scia di Itten, ma diventa ben presto vera ricerca tecnologica(6). È il passaggio dall’artigianato e dall’ideale espressionista, sui quali si fondava il lavoro pratico nella scuola, alla fusione tra arte e tecnica.
Come dice Albers:
« celle-ci était orientée vers l’étude des forces internes et des possibilités pratiques de la matière, elle conduisait à une création plus impersonelle, ou, pour employer des termes techniques, on passait du collage au montage»(7).
Albers era convito che la scuola dovesse stimolare l’educazione in modo passivo, cioè senza disturbare lo sviluppo personale dell’allievo perché “l’individualità produttiva si afferma senza e contro l’educazione dalla scuola”(8). Nel 1928 illustra i metodi e le finalità dell’insegnamento tecnico impartito nel corso preliminare al Bauhaus:
“L’esperienza personale è l’insegnamento più efficace. La sperimentazione consente risultati irraggiungibili con lo studio, e cominciare col gioco dà buon animo e conduce senza sforzo alla costruzione inventiva e alla scoperta, pedagogicamente altrettanto importante… Il fine è l’invenzione”(9).
La carta è il materiale più importante: attraverso piegature e deformazioni vengono raggiunti gradi di resistenza impensabili e sopratutto lo studente apprende, da questi esperimenti, l’importanza dei rapporti tra forma e materia e può sperimentare in quale misura una modifica formale può influire sul comportamento della materia, e conoscere i limiti entro cui un materiale può essere sottoposto a sollecitazioni prima di cedere.
“Fuori dal Bauhaus, ossia nell’industria e nell’artigianato, la carta viene usta per lo più in posizione orizzontale, e piatta, incollata. Un lato della carta perde perciò di solito la sua espressione. L’orlo non viene usato quasi mai.
Questo stato di cose ci induce a utilizzare la carta verticalmente, non piana, plasticamente mossa, sui due lati e accentuando la funzione del margine. Invece di incollarla la legheremo, inseriremo un foglio nell’altro, la cuciremo, la fisseremo con bottoni… Indagheremo le sue proprietà sottoponendola a sollecitazioni di trazione e di pressione.
Non sempre questo studio del materiale conduce a “opere”, ma anzi a tentativi; non è comunque nostra ambizione quella di riempire musei, ma ci limitiamo a fare “esperienze”. Il trattamento dei materiali persegue quindi al Bauhaus intenzioni diverse da quelle che si riscontrano nel mondo esterno.
Non imitare gli altri, cercare in modo autonomo le soluzioni e imparare a trovarle in modo autonomo: è questo il pensiero costruttivo”(10).
1 Cizek aveva impostato il suo insegnamento elementare sul riconoscimento delle possibilità specifiche dello studente attraverso gioco e la figurazione attraverso materiali diversi. H. M. WINGLER, Il Bauhaus. Weimar Dessau Berlino 1919- 1933, (1962), trad. it., Feltrinelli, Milano 1972. p.23-24
2 La ricerca di Adolf Holzel si basava su concetti acquisiti sin dal Romanticismo e molto vivi in Germania quali la Teoria dei Colori di Goethe. H. M. WINGLER, Il Bauhaus. Weimar Dessau Berlino 1919- 1933, (1962), trad. it., Feltrinelli, Milano 1972. p.26
3 M. DE MICHELIS , (a cura di), Bauhaus 1919-1933, catalogo della mostra. Milano, Foro Bonaparte, Fonadazione Mazzotta, 1966. p.18
4 L.MOHOLY-NAGY, Von Material zu Architektur, Bauhausbucher 14, Munchen, 1929; in M. DE MICHELIS , (a cura di), Bauhaus 1919-1933, catalogo della mostra. Milano, Foro Bonaparte, Fonadazione Mazzotta, 1966. p.186
5 R.WICK, in M. DE MICHELIS , (a cura di), Bauhaus 1919-1933, catalogo della mostra. Milano, Foro Bonaparte, Fonadazione Mazzotta, 1966. p.186
6 O. STELZER, in Bauhaus 1919-1969, catalogo della mostra, Musée National d’Art Moderne, Musée National d’Art Moderne de la ville de Paris, 1969. p. 36
7 J. ALBERS, lettera a George Rickey, 1964, cf. in Constructivism, New York, 1967; in O. STELZER, in Bauhaus 1919-1969, catalogo della mostra, Musée National d’Art Moderne, Musée National d’Art Moderne de la ville de Paris, 1969. p. 36
8 J. ALBERS, L’insegnamento creativo, dal Sesto Congresso Internazionale di disegno, istruzione artistica e arte applicata, Praga, 1928; in H. M. WINGLER, Il Bauhaus. Weimar Dessau Berlino 1919- 1933, (1962), trad. it., Feltrinelli, Milano 1972. p.245
9 J. ALBERS, L’insegnamento creativo, dal Sesto Congresso Internazionale di disegno, istruzione artistica e arte applicata, Praga, 1928; in H. M. WINGLER, Il Bauhaus. Weimar Dessau Berlino 1919- 1933, (1962), trad. it., Feltrinelli, Milano 1972. p.243
10 J. ALBERS, L’insegnamento creativo, 1928; Ivi, p.244
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