lunedì 27 giugno 2011

Le teste DADA di Sophie Taeuber-Arp

Maschere africane (a)
LEGAMI CON IL PRIMITIVISMO
Le teste realizzate da Sophie Teuber-Arp presentano una stilizzazione estrema nei volti. L’essenzialità dei tratti, resi attraverso la pittura o plasticamente (in tre di esse il naso è applicato), ricorda le maschere delle tribù oceaniche ed è noto l’interesse che il gruppo dada zurighese nutriva per l’arte primitiva. Basti pensare alle allusioni africane nei poemi fonetici di Hugo Ball9, alle percussioni e ai canti negri di Richard Huelsenbeck o alle maschere relizzate da Marcel Janco.Tra le teste scomparse, si segnalano in particolare la Tête à l’antenne e la Tête à la branche de perles, ornate da motivi che fanno pensare alle produzioni dei popoli oceanici e alle tribù indiane del Nord America10.
I dadaisti credevano in un’affinità particolare tra società moderna e culture primitive o tribali. Il senso di alienazione e di disagio per la situazione sociale dell’epoca, spingeva gli artisti a cercare nelle forme dell’arte primitiva un motivo d’evasione e di astrazione11. Il 24 maggio 1916 al Cabaret Voltaire va in scena la prima di uno spettacolo di danza durante il quale i ballerini indossano maschere realizzate da Janco12. Sono confezionate con materiali moderni ed occasionali come giornali e pezzi di cartone, che nella forma però si ispirano alle maschere dei popoli primitivi. L’importanza della maschera nel movimento dada acquisisce,come spesso accade all’interno di questa avanguardia, tutto il significato contrario che le si era soliti attribuire. Nella società borghese dell’epoca, la maschera rappresentava la facciata dietro la quale celarsi, in un comodo rifugio di convenzioni sociali.

NIC ALUF, Derrière sa tête Dada, 1920
Janco, Masque, 1919
I dadaisti invece, in particolare Ball, credevano nelle possibilità della maschera fisica come la sola in grado di liberare l’uomo dalla sua maschera psichica, ormai compromessa dalle convenzioni sociali13. Questa dualità, tra maschera fisica e maschera psichica, si ravvisa anche nelle fotografie che Sophie Taeuber-Arp si fa scattare nel 1920 da Nic Aluf. In una di queste14, l’artista si fa ritrarre con la scultura Tête DADA del 1920. L’opera è in primo piano ed occupa quasi tutto il campo visivo lasciando in secondo piano e parzialmente nascosto il volto di Sophie Taeuber-Arp. L’artista indossa un cappello con elegante velo ricamato nero. Anche se occupano due piani diversi, il cappello di Sophie e l’apice della Tête DADA si allineano alludendo così alla funzione originaria della scultura: quella di porte-chapeux. Questo doppio ritratto assume significati importanti: innanzitutto stabilisce un legame primario con quest’opera, la quale come già accennato, è l’unica a riportare la firma e la parola DADA. Inoltre appare evidente che la Tête agisce allo stesso tempo da riparo e completamento: è l’artista che gioca a mascherarsi e smascherarsi in perfetta sintonia con il carattere ironico del movimento dada15.



(a) Maschere africane.  Le maschere, presso tutte le culture primitivo-arcaiche rappresentano degli spiriti. La persona che le indossa personifica quello spirito nella cerimonia o nell'azione che compie.
 
9 Il 23 giugno 1916 al Cabaret Voltaire, Ball recita la poesia Elefantenkarawane indossando un costume da “sciamano” creato appositamente da lui. Le sillabe pronunciate imitavano il ritmo degli elefanti in marcia. In questo modo l’esibizione acquisiva toni rituali ed era più facile superare le inibizioni e comunicare con il pubblico. Ecco perché durante le loro performance i dadaisti solevano indossare costumi e maschere. N. Ghanem, op. cit., p. 202-207.

 
10 L. Dickerman, op. cit., p.1005.
 
11 Ibidem.
 
12 Marcel Janco, nato e cresciuto a Bucarest, giunge a Zurigo l’estate del 1914 e cambia subito il suo nome da Iancu a Janco. Per il Cabaret Voltaire egli si dedica alla creazione di manifesti e maschere utilizzate dai ballerini durante gli spettacoli di danza. Come per gli altri dadaisti, il ritorno al primitivo rappresentava per Janco un modo per evadere e per sfuggire ai fallimenti delle tradizioni pittoriche e sciltoree dell’Europa occidenatale. A. L. Hockensmith, op. cit., p. 534
 
13 L. Dickerman, op. cit., p.1005.
 
14 Sophie teuber-Arp con la scultura Tête DADA, 1920, Clamart-Meudon, Fondation Arp, foto Nic Aluf, Zurigo.
 
15 G.Mahn, op. cit., p. 65.

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