martedì 7 giugno 2011

Matisse Paysage maroccain avec cavalier, croquis de “Les Acanthes”

   
fig. 3


    
fig. 4

fig. 2

    
fig. 5
  

 



 
 
 
 
 
 
fig. 1

Paysage maroccain avec cavalier, croquis de Les Acanthes’:
Il corpus di disegni lasciati da Matisse aiuta a comprendere a fondo il legame dell’artista con il Marocco. Essendo schizzi eseguiti rapidamente, privi di correzioni o rimaneggiamenti posteriori, preservano e ci restituiscono oggi la risposta spontanea dell’artista agli stimoli del paese esotico:“Protetto dietro la mia irresponsabilità, io li amo i disegni, io li studio; vi cerco delle rivelazioni su me stesso. Li considero come materializzazioni del mio sentimento.”(20) Abbiamo visto come nel decennio precedente Matisse utilizzasse ai fini della stessa ricerca la scultura e la pittura, ora in Marocco avviene lo stesso con i disegni e la pittura(21). Tornando alla già citata influenza di Delacroix su Matisse(22), per quanto quest’ultimo non manchi di precisare la sua totale indipendenza dall’altro(23), è inevitabile cogliere l’ammirazione per la maestria del predecessore quando Matisse dipinge la sua ‘Baia di Tangeri’ ( fig. 3 ), comprendente la Casbah e le colline limitrofe(24). Matisse arriva addirittura ad ipotizzare che Delacroix si sia servito dello stesso sfondo, la stessa ambientazione della ‘Vue de Tanger’(fig. 1), per una sua celebre opera: 'La prise de Constantinople par les Croises’ ( fig. 2 )(25). Certo è che la stessa baia di cui trattano questi dipinti, è quella inserita nello schizzo di paesaggio marocchino all’interno del disegno qui analizzato (fig. 4)(26). Osservando il disegno, vediamo un foglio bianco con due vignette, nella prima, più estesa e centrale per quanto leggermente spostata in alto a sinistra, osserviamo una veduta di Tangeri sullo sfondo, in primo piano l’ampia baia attraversata da un uomo a cavallo, colto nel momento in cui l’animale si impenna. I tratti sono molto semplificati, con tre linee Matisse separa il cielo, il mare e la terra. Nella figura del cavaliere si potrebbe ipotizzare un autoritratto, sappiamo, infatti, che Matisse era solito fare delle lunghe passeggiate a cavallo(27) fuori dai confini della città di Tangeri, ed essendo egli protagonista di molti degli schizzi contemporanei a questo (fig. 5), l’ipotesi dell’autoritratto non è da escludere, di certo non ne avremo mai conferma dall’immagine, da cui unico elemento caratterizzante ricavabile sembra essere un appena accennato cappello (altro oggetto tipico dei suoi autoritratti nei disegni marocchini), ma non ci è concesso vedere niente di più specifico. Osservando altri schizzi del panorama di cui godeva Matisse dalla sua finestra della stanza dell’albergo di Tangeri, notiamo la somiglianza e soprattutto il punto di vista identico a quello di questo disegno.(28) Possiamo dunque ipotizzare che il rettangolo dentro cui è racchiuso il paesaggio all’interno del foglio, oltre a delimitare lo spazio del disegno, possa anche adempire a simbolica rappresentazione di una finestra, tema ricorrente nelle ricerche contemporanee di Matisse in Marocco e non solo(29).

La composizione non è unitaria, sul supporto sono rappresentate due scene che in comune hanno solo l’ambientazione, Tangeri, ma senza alcuna pretesa di collegamento l’una con l’altra. La prima non ha riscontri diretti nelle pitture di Matisse, la seconda invece si(30).





20 Ibidem

21 Afferma Matisse riguardo ai disegni:“Hanno un significato specifico nel mio lavoro. Precedono a dozzine i miei quadri, li accompagnano, li seguono. Però non sono in stretta relazione con i quadri. Perché quando sto disegnando non penso mai al quadro che li ha occasionati. Sono fogli che per lo più nascono la sera, quando è troppo buio per dipingere. In essi cerco l’effetto di luce e ombra: lascio volontariamente da parte qualsiasi colore.[…]In questo modo arrivo a molte scoperte concernenti la mia pittura e che stavo cercando senza nemmeno saperlo. ” Gothard Jedlicka, ‘Begegnung mit Matisse’, in Begegnungen: Künstlernovellen( Berno Schwabe, Basel, 1933), cit. in in FOURCADE 1972, pag. 327.

22 Cfr. nota 1

23 “J’ai été à Tanger parce que c’était l’Afrique. Delacroix était loin de mon esprit”, in Typescript of nine interviews with Matisse conducted by Pierre Courthion in 1941, Archives of history of art, Getty Center for the History of Art and Humanities, Los Angeles. Cit in COWART 1990, nota 35 pag.53

24 COWART 1990, pag. 20.

25 La reticenza di Matisse nei confronti di Delacroix, nasce da un’incomprensione dovuta alla differenza di generazione. Delacroix vive a cavallo fra un romanticismo amante del pittoresco ed una nuova ispirazione pittorica che va verso l’esattezza nel rappresentare la realtà. Per questo quando va in Marocco, rimane estasiato dal trovare del pittoresco ad ogni passo che fa, a “rady made painting” in ogni angolo. È proprio questo concetto di pittura ‘pre-confezionata’ che non va a genio a Matisse dato che alla base della sua creazione artistica, vige il principio secondo cui fra l’iniziale concezione di un’opera, percepita davanti alla realtà, e la sua esecuzione effettiva, il lavoro deve essere sublimato ed interiorizzato, in un lento passaggio attraverso i sentimenti e le sensazioni private dell’artista. Il ‘pittorico’, dove è l’artista che crea l‘essenziale è incompatibile con il ‘pittoresco’ dove l’opera è fornita dalla realtà senza nessun tipo di interiorizzazione. Al tempo di Matisse, l’atto di dipingere è diventato molto più importante della realtà dipinta. L’immagine deve essere elaborata dalla memoria che ‘decantandola’attraverso il ricordo l’accompagna nel passaggio dalla realtà all’astrazione. Cfr. COWART 1990, pag. 21, 23 e 47.

26 Lo stesso schizzo degli “Acanti” si ritrova in un altro disegno contemporaneo a questo, “Deux autoportraits et croquis de ‘Les Acanthes’”, mentre l’accennato profilo della città di Tangeri si ritrova in moltissimi schizzi di vedute realizzate dalla sua finestra dell’Hotel de France ( fig 5 e 6).

27 “I viaggi in Marocco mi aiutarono a […] riprendere contatto con la natura meglio di quanto non lo permettesse l’applicazione di una teoria viva, ma un po’ limitata come il Fauvisme. Ho trovato i paesaggi del Marocco esattamente come sono descritti nei quadri di Delacroix e nei romanzi di Pierre Loti. Un mattino, a Tangeri, mentre cavalcavo in una prateria, i fiori arrivavano all’altezza del morso del cavallo. Mi domandavo dove avevo già conosciuto una simile esperienza – era stata leggendo una descrizione di Loti in Au Maroc ” Estratto da Matisse Parla, intervista con Tériade, in <>, n.21, 1952. Cit. in FOURCADE 1972, pag. 69.

28 L’approccio di Matisse alla pittura abbiamo visto essere lontano dall’immediato, ma anzi molto elaborato. È dunque una scelta ben precisa quella di lavorare molto spesso dalla camera del proprio albergo, immerso in una calma meditativa; è una maniera di mantenere le distanze che gli da modo di elaborare, prendendosi tutto il tempo che ritenesse necessario, pitture e disegni in maniera estremamente selettiva ed interiorizzata. Cfr COWART 1990, pag. 119.

29 La finestra: tema ricorrente ed in continua evoluzione nella produzione matissiana del secondo decennio del 900: in alcune tele la finestra è il medium che conduce l’osservatore ad ammirarne il panorama situato all'esterno, ad esempio una veduta della Baia di Tangeri, a volte è la fonte da cui l’artista fa entrare la luce che inonda il suo studio parigino, altre è protagonista assoluta della tela raggiungendo livelli di semplificazione che ne rendono difficile l’interpretazione ad un primo sguardo come in ‘Le rideau jaune’del 1915, altre volte ancora è uno sfondo, mai marginale, in una rappresentazione con figure umane protagoniste e altre, infine, si trasforma in una porta aperta che proietta in un paesaggio come, ad esempio, ‘Porta della Casbah’ del 1912-1913 ( fig. 11).

30 Matisse in Marocco intraprende una ricerca sui paesaggi, ma quando si va a guardare la produzione di quegli anni, si vede che l’artista ha riservato ai paesaggi uno spazio delimitato ai soli disegni; non vi è quasi nessuna rappresentazione pittorica che li tratti, ad eccezione, ad esempio, della ‘Vue sur la baie de Tanger’ (fig. 4). Solo gli schizzi riguardanti persone, vegetazione e finestre hanno un equivalente in pittura. A questo proposito, infatti, si noti che tutti gli schizzi di paesaggi eseguiti dalla finestra del suo albergo, confluiranno nel dipinto “Paysage vu d’une fenetre”, ma non possiamo relazionare specificatamente lo schizzo qui analizzato a quello, in quanto manca nella pittura l’elemento caratterizzante di questo paesaggio: il cavaliere che attraversa la baia.

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