mercoledì 1 giugno 2011

Matisse Paysage maroccain avec cavalier, croquis de “Les Acanthes”

Introduzione:
Henri Matisse nel 1911 si recherà in Marocco spinto da una duplice motivazione: da una parte, la curiosità verso il paese islamico, dettata dalle affascinanti reminescenze evocate dalle parole e dalle tele di Delacroix(1) e dalle descrizioni nel romanzo Au Maroc di Pierre Loti(2), dall’altra invece, motivato da alcuni precedenti incontri con questa cultura da lui vissuti in prima persona, come la visita dell’Alhambra di Granada durante un viaggio in Spagna del 1910(3), la visita dell’esposizione d’arte islamica a Monaco dello stesso anno e l’interesse riscontrato nelle icone studiate a Mosca(4). Si ricordi inoltre che esposizioni d’arte musulmana ebbero luogo a Parigi nel 1893 al Palais de l’Industrie, nel 1894 al Palais de l’Elysèe e nel 1903 al Pavillon de Marsan(5). Infine fu di certo fondamentale il consiglio di colleghi e amici a lui molto vicini come Albert Marquet, che, proprio nel 1911, aveva trascorso due mesi nello stesso paese, intrattenendo una fitta corrispondenza con Matisse, il quale rimase estremamente affascinato dalle parole e dai lavori scaturiti dal viaggio dell’amico, tanto da convincersi una volta per tutte ad un suo prossimo trasferimento nel paese islamico.
Nell’inverno a cavallo fra il 1911 e il 1912(6) Matisse decide dunque di andare in Marocco; vi resterà fino a primavera quando tornerà per l’estate in Francia, ad Issy-les-Moulineaux. Il secondo viaggio(7) in Marocco inizierà il 30 settembre dello stesso anno(8) e vi resterà fino all’anno successivo, quando abbandonerà definitivamente il paese(9).
Sono, questi, anni in cui Matisse si sente pronto per nuove sfide, parte alla volta di Tangeri, intenzionato ad approfondire un tema fino ad allora lasciato in secondo piano: la rappresentazione del paesaggio(10). “The trips to Morocco helped me to accomplish the necessary transition and enabled me to renew closer contact with nature than the application of a living but somewhat limited theory such as Fauvism had turned in to had made it possible”(11). Matisse nel primo viaggio in Marocco si dedicò principalmente alla produzione di paesaggi, non per il loro aspetto pittoresco, ma per la luce che essi emanavano: “When it became clare to me that I would see this light every morning, I could not belive my bliss”(12). Il primo impatto dell’artista col Marocco di certo non fu dei migliori, lo accolsero più di quindici giorni di piogge incessanti che provarono il morale e la pazienza del pittore, stato d’animo testimoniato dalla fitta rete di corrispondenza che l’artista intrattenne con familiari e amici(13). È interessante notare come Matisse, una volta acquisita sicurezza nel proprio ruolo di artista, non abbia mai smesso di parlare della propria arte; in questo viaggio marocchino sono proprio le lettere private, spesso accompagnate da schizzi o spiegazioni dettagliate del proprio operato, la nostra più preziosa fonte.
“Solo con lentezza giunsi a scoprire il segreto della mia arte. Consiste nel meditare in contatto con la natura, per esprimere un sogno sempre ispirato alla realtà. Con maggiore accanimento e regolarità, imparai a spingere ogni mio studio in un certo senso”(14). Al ritorno in Francia Matisse ebbe la sua consacrazione con la ‘Exposition Henri-Matisse. Tableaux du Maroc et sculture’ presso la Galleria Bernheim-Jeune (14-19 aprile 191315)Nello stesso anno, inoltre, parteciperà all’ Armory Show negli Stati Uniti.
Nel 1913, a Parigi, l’avanguardia del momento era certamente il cubismo. Matisse, sempre curioso verso il contesto artistico che lo circondava, instaurò un intenso dialogo con Picasso che ebbe la sua acme fra gli anni 1913 e 1916. Molti studiosi, come Cowart, vedono una vera e propria ‘fase cubista’ di Matisse(16), è più prudente parlare di una forte vicinanza di idee e ricerche, senza azzardare definizioni troppo compromettenti(17) né dare adito alle voci che vogliono rappresentare Matisse e Picasso come romantici eroi che si combatterono nel nome della supremazia assoluta sull’arte contemporanea(18). Il 3 agosto del 1914 viene annunciata l’entrata in guerra della Francia, Matisse si trova a Parigi, tenta di arruolarsi volontario, ma gli viene proibito. Questo fatto lo rattrista molto ed in lui scaturisce una sensazione di impotenza, che cercherà di combattere provando a rendersi utile attivamente aiutando, ad esempio, i propri compatrioti in difficoltà mediante l’invio di viveri e soldi ricavati dalla vendita di alcuni suoi lavori(19). Si trasferisce con la famiglia a Collioure dove, fra gli altri, entra in contatto con Juan Gris, uno fra i massimi esponenti del cubismo in quel momento. Nel dicembre del 1917 si trasferisce a Nizza, dove continuerà la ricerca attraverso la luce del Mediterraneo.

1 Disse Delacroix sul Marocco: “It is a place for painters” cit. in Guy Dumur, Delacroix et le Maroc, Paris 1988, in COWART 1990, nota 36 pag. 53.E ancora: «Imaginez, mon ami, ce que c’est que de voir couchés au soleil, se promenant dans les rues, raccomodant des savates, des personnages consulaires, des Catons, des Brutus, auxquels il ne manque même pas l’air dédaigneux que devaient avoir les maîtres du monde». E. DELACROIX, Voyage au Maroc, Paris 1930, p. 16, a Pierret, Tangeri 29 febbraio 1832. Cit. in MESSINA 1993, nota 3 pag. 86.
 
2 “It is delightful to walk beneath that vault wich distills the softest light, deposits the deepest limpidities on the horizon, and the remote reaches of the endless garden through wich we are travelling display, tonight, the subtlest Edenic shades” In Pierre Loti 1889a, Au Maroc,Paris 1889, pag.81. Cit. in COWART 1990, pag.32.
 
3 Matisse partì per la Spagna verso la metà di novembre del 1910 e vi rimase fino al gennaio dell’anno successivo, visitò Siviglia, Granada, Cordoba, Madrid e Toledo.
 
4 Nell’ottobre 1911 Matisse si recherà a Mosca per supervisionare l’istallazione della ‘Dance’ e della ‘Musique’ in casa di Schukin. Cfr. COWART 1990, pag. 115.

5 Cfr. FOURCADE 1972, p. 83, nota 16; FOURCADE, MONOD-FONTAINE 1993, p.15.

6 Cfr. FOURCADE, MONOD-FONTAINE 1993, pag. 98
 
7 Riguardo alla distinzione fra primo e secondo viaggio di Matisse in Marocco, Cowart suggerisce di non vedere i due viaggi come due esperienze separate, ma come un unico viaggio estremamente stimolante, intenso e foriere di una nuova forza creativa con una piccola interruzione nell’estate del 1912, molto produttiva grazie al bagaglio di sensazioni portato con sè dalla prima permanenza marocchina, trascorsa ad Issy-les-Moulineaux. Cfr. COWART 1990, pag. 128.

8 Cfr. FOURCADE, MONOD-FONTAINE 1993, pag. 101.
 
9 La decisione di non tornare più in Marocco fu presa in un secondo momento; inizialmente, infatti, il pittore era intenzionato a tornare una terza volta in quei luoghi tanto stimolanti, ma proprio per far sì che restassero intrisi di freschezza e di un ricordo emozionante, decise di non farvi ritorno, per paura di non riuscire più a provare quella sensazione di spontaneità da trasmettere nelle proprie tele, ma anzi di scadere nel pittoricismo.
 
10 Quando Matisse si reca in Marocco per la prima volta, ha già una commissione di Morosov che consiste proprio in tre tele raffiguranti altrettanti paesaggi.
 
11 In Pierre Schneider 1984a, Matisse,Paris 1984, pag.459. Cit. in COWART 1990, pag.31.
 
12 In Georges Salles, preface to the exhibition of Matisse’s works in Nice in 1950, in Lassagne 1959, cit. in COWART 1990, pag. 31.
 
13 “Verrons-nous le soleil au Maroc? [...] Qu’ allons nous devenir? Pour un rien nous revendrions à Paris pour chercher le Soleil... Imposible de sortir de notre chambre”. In Postcard to Gertrude Stein cancelled on 4 February 1912. Beinecke Rare Book Librery, Yale University. Cit in COWART 1990, nota 4 pag. 52.
 
14 Cit. in FOURCADE 1972, pag. 46.
 
15 Vi espose 14 tele, due disegni e due sculture, di cui la maggior parte già vendute a Schukin e Morosov (al momento della mostra, soltanto tre tele erano ancora in vendita: ‘Le rifan assis’, ‘Cafè marocain’ e ‘La mulatresse Fatmah’ Cfr. FOURCADE, MONOD-FONTAINE,1993, pag.104. Matisse scrive a Morosov riguardo al trittico da lui commissionatogli ormai due anni prima: “Les trois tableaux en question sont exposès chez Bernheim jusqu’ aujourd’hui. Il sont eu un gran succès et je pens bien que vous serez satisfait quoique vous ayez atendu si longtemps. Je pense aussi que Madame Morozoff sera contente.” In Archive Morosoff, Moscou, cit. in FOURCADE, MONOD-FONTAINE,1993, pag.105.
 
16 COWART 1990, pag. 124.
 
17 Il dialogo fra Matisse e il Cubismo inizia da una comune ricerca sulla semplificazione che si espliciterà principalmente nei ritratti matissiani del 1913-14, in cui il colore si attenua, si incupisce, sparisce quasi ogni riferimento al decorativismo e le figure perdono la somiglianza con il modello in favore di un gioco di corrispondenze geometriche ottenute nel caso del “Ritrattodi Yvonne Landsberg”del 1914 anche attraverso la sottrazione della scarna materia pittorica, mediante la tecnica del ‘grattage’ in forte richiamo a quella opposta del ‘collage’ adottata negli stessi anni dai colleghi cubisti come Picasso, ad esempio, nella ‘Chitarra’ di del 1913. Sempre il “Ritrattodi Yvonne Landsberg” richiama il contemporaneo “Ritratto di giovane ragazza” di Picasso e ci sono molte altre analogie riscontrabili in questo scambio continuo. C’è infine un’opera di Matisse che, fra quelle del Marocco, è sicuramente la più vicina alle ricerche sulla scomposizione cubista, i Marocchini del 1916.
 
18 Intorno al 1912-13, racconta Matisse che incontrò casualmente Max Jacobs con il quale, conversando, disse: “Se la mia pittura fosse diversa, vorrei dipingere come Picasso”e quello gli rispose: “Che strano. Sa che Picasso ha detto esattamente la stessa cosa riferendosi a lei?” Cit. in SCHNEIDER 1985, pag.734.
 
19 Scrive Matisse nel 1915: “Je m’efforce de me rendre utile aux prisonniers civil de mon pays, quatre cents emmenès en captivitè en Allemagne à Halselberg, où ils meurent de faim, rien ne pouvant leur parvenir de leur malheureuse ville envahie. Cette ville où un certain nombre de maisons de nouveautès du Sentier ont leur fabrique, est Bohainen Vermondois(Aisne).Toutes les semaines le leur envoie cent kilos de pain ou de biscuit par l’intermèdiaire de la Sociètè des prisonniers de guerre; cinq envois son dejà partis, et pour pouvoir les continuer je vends a leur profit exclusif des gravures- monotype ou eaux fortes.” In Bibliothèque littèraire Jacques Doucet, Paris. Cit. in FOURCADE, MONOD-FONTAINE,1993, pag.114.

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