Ci siamo dovuti fermare a lungo davanti a questo grande quadro. Quegli uomini in abiti da lavoro ci venivano addosso, ci fissavano con quello sguardo vuoto. Sembrava quasi dicessero “"Oggi é lo stesso di ieri. Il tempo che mi era stato dato finirà, il mio lavoro come la mia vita, mi saranno stati rubati”.
Ci siamo fermati perché, poco fa, uscendo dalle nostre moderne “fabbriche”, abbiamo avuto lo stesso pensiero. Viviamo otto ore della giornata (di solito da svegli se ne vivono 15 o 16 al giorno..) per niente. I sentimentali e i lacché del padrone dicono che bisogna dare un valore etico al lavoro, e che bisogna fare i bravi, essere bravi dipendenti. Per anni viviamo in questa menzogna, finché, finalmente in pensione, ci rendiamo conto di non essere piu’ uomini, rassicurandoci del fatto che per lo meno siamo stati davvero bravi.
I giovani oggi sentono parlare di questo grande, nuovo dio, Il Lavoro, come qualcosa che, se avranno la fortuna di avvicinare, bisognerà adorare, venerare, cercare di assecondare.I sacerdoti del nuovo dio saranno i modelli che detteranno le restanti 6 o 7 ore della giornata.
Ci si crede ragazzi, ci crediamo tutti.
Edvard Munch pero’, lui che é stato accusato di essere un pittore intimistico, poco interessato al mondo esterno, ci mette contromano. Chi osserva il quadro si dirige nella direzione contraria a quella dei lavoratori ritratti. Munch ci obbliga a incontrare faccia a faccia quegli uomini che rientrano dal lavoro. Ecco il nocciolo del problema: l’uomo, senza etichette socio-politico-professionali. E’ l’uomo il senso del lavoro, il suo desiderio di inventare, di manipolare sencondo un progetto, di dare forma al pensiero. E’l’uomo che con il suo lavoro partecipa alla vita di tutti, che rende servizio e trae beneficio dal lavoro degli altri. E’ con il suo lavoro che l’uomo partecipa al compito più importante di tutta la storia: che il mondo sia come deve essere, che l’uomo sia come deve essere.
Chissà se il vecchio coi baffi che ci ha guardato per primo mentre attraversevamo la sala dell’esposizione, pensa che con il suo lavoro avrebbe potuto costruire pezzetti di un mondo nuovo, chissà se l’uomo più giovane vicino a lui desidera trasmettere ai suoi figli la sua passione per un’operosa azione per il bene di tutti. Chissà a cosa pensa l’uomo con il cappello tirato sugli occhi che, se solo anche noi fossimo fatti di olio su tela, ci verrebbe addosso tra pochissimo. E chissà se anche noi siamo già come gli altri abitanti del quadro, corpi inconsistenti, senza volto ne sguardo, tutti in fila con le mani in tasca. Quelle mani che hanno solo servito il padrone quest’oggi. Ed é forse colpa loro se chi intravede una nuova umanità tace o non vuole mischiarsi alla povera gente?
Forse é per questo che Munch ci ha messo in contromano. Non per una inconsistente solidarietà umana, ma per gridare di cambiare strada.
Oggi, uscendo da lavorare, ho incontrato il fornaio che fino a qualche mese fa portava il pane al ristorante dove lavoro. Una mattina é entrato, puntuale come tutte le mattine, e il capo gli ha detto che non aveva più bisogno di lui, che aveva trovato una nuova e performante panetteria. Gli ha detto semplicemente cosi e se ne é andato. Stamattina quel fornaio mi ha detto che il pomeriggio era tornato a vedere il capo per chiedergli spiegazioni. Lui lo ha guardato e ha detto solo "se vi rivedo vi faccio causa". Il panettiere é un signore arabo con 4 bimbi senza avvocato... cambiamo strada!
RispondiEliminahttp://cartesensibili.wordpress.com/2011/10/07/lavoratori-che-tornano-a-casa-quando-oggi-accade-e-perche-hanno-perso-il-lavoro/Grazie.Ma se si potesse conoscere l'autore ne pubblicherei il nome. f.f.
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