Ivan Turgenev. Amleto e Don Chisciotte.
Don Chisciotte: il cavaliere dalla triste figura.
La definizione è ormai irremovibile ma non è quella che fa propria Ivan Turgenev in “Amleto e Don Chisciotte”. Lo scrittore russo mette a confronto due archetipi d’uomo incarnandoli nei due sempiterni personaggi. Il registro comico della narrazione, che prevale almeno in tutta la prima parte del romanzo di Miguel de Cervantes, non inganna Turgenev rispetto a ciò che prefigura.
Tutti viviamo servendo un nostro dio. Che si lotti per affermarsi, per rincorrere un benessere materiale o una felicità temporanea adatta a colmare qualcuno dei nostri bisogni, stiamo consegnandoci a un ideale, a un principio che guida l’esistenza. Non è difficile accettare tale verità se noi stessi guardiamo, nella nostra attualità, i tanti nuovi sacerdoti per i nostri nuovi dei: finanzieri, chirurghi estetici, mecenati di ogni tipo, televisioni, mister sportivi.
C’è inevitabilmente qualcosa che occupa il primo posto nella vita: il proprio io, come per Amleto, oppure qualcosa d’altro da sé, come per Don Chisciotte, disposto a mettere a rischio la propria vita e la propria sicurezza per la verità e la giustizia. Ciò è visibile in ogni tempo e, anche nel nostro tempo dove ciascuno è invitato a pensare solo a sè, gli uomini che hanno tale spirito di ricerca e si mettono in tale cammino sono sovente guardati come dei visionari, come esseri abitati da una “follia” che non accetta di rinchiudere l’uomo nella propria sufficienza, inevitabilmente destinata allo scacco della morte.
Una scintilla provocata dalle gesta cavalleresche toglie Alonso el Bueno dalla sua biblioteca, lo trae fuori da sé, lo mette in cammino a ricercare la verità delle cose, la giustizia, la bellezza che sta al fondo di ogni apparenza, e anche quando Cervantes descrive gesta “frutto di un’immaginazione sconvolta (..) l’ideale rimane intatto in tutta la sua purezza”.
Fuor dall’articolo di Turgenev, ma seguendone l’indicazione di lettura, torna alla mente un riferimento biblico: la persona che incrocia tale prospettiva per sé, fuori da sé, viene addirittura identificata con un nuovo nome, come avviene appunto per Alonso che diviene Don Chisciotte.
Il romanzo, secondo Turgenev, documenta la dedizione costante e la tenace capacità di sacrificio, virtù che né la derisione, né l’insuccesso, né “l’essere calpestati dai porci”, né lo scontro con il male, né la povertà o la solitudine possono vincere.
E’ follia una vita dedicata? “Bisogna essere pazzi per credere nella verità?”.
T.B.
Nessun commento:
Posta un commento