Il capolavoro di Miguel de Cervantes è un libro di
domanda.
Non interrogativi intellettuali, seppur possa
sembrare paradossale, ma provocazioni: approfondire la possibilit à, incamminandosi verso di essa, che vi possa
essere, nel cuore del reale, un “encantamiento” tutto da conoscere.
E’ una domanda che porta con sé una sacra follia
nella quale sta l’eroismo di Don Chisciotte: “credette con fede generatrice di opere a tal punto che
decise di mettere in pratica quel che la sua follia gli mostrava e solamente
col crederlo lo trasformò in realtà” (vit a
di don Chisciotte e Sancho Panza. M. de Unamuno). Non lasciamoci sedurre
dall’uso comune della parola follia, usiamola al fine, nella lettura del don
Chisciotte, per quello che vale: allontanarsi dalla mentalit à comune, dal senso ordinario e mediatico di ogni
tempo è considerato follia, stoltezza, come ebbe anche a dire San Paolo a
riguardo della cultura che si confrontò con la novit à
di Cristo.
Accanto a Chisciotte sta colui che, nelle maschere
che ne abbiamo fatte, appare come uno sprovveduto o, al contrario, un
inamovibile realista: Sancho Panza. Ciò che è determinante, nel romanzo, è la
loro amicizia, il senso della loro strana corrispondenza. Sancho è un uomo che,
per tale legame, lascia più volte la famiglia. Solo l’interesse materiale può determinarlo
a tale scelta? Un uomo tanto concreto può, realisticamente, abbandonare tutto
credendo che al seguit o di quel
folle avrebbe potuto ottenere un’isola e un castello? Più credibile è che ciò
che più conti per lui sia proprio il cercarla la “sua” isola e tale ideale non
scade mai in un’applicazione limit ata
e ristretta. Il loro comune cammino è esigente e poco comodo ma richiede,
ultimamente, la fatica semplice della docilit à
a un compit o e a quel cammino. In
tale ricerca comune c’è tutta la dialettica dei due attorno ai fatti, alle
provocazioni che questi ci infliggono, allo scontro con il tradimento, la
malattia, la morte, il male fisico, ma con un’apertura totale a ciò a cui tali
accadimenti rimandano. “Taci e abbi pazienza. Giorno verrà che coi tuoi occhi
vedrai quanto sia onorevole seguire questa professione”.
E’ un legame contagioso, che si rafforza non nella
similit udine caratteriale né nelle
complicit à degli interessi da
conservare, ma nell’adesione all’ideale a cui dedicarsi. Sancho è fedele a
Chisciotte in questo. “Il giorno in cui questo tipo di uomini sparirà si potrà
chiudere per sempre il libro della storia perché in esso non ci sarà più nulla
da leggere”. (Turgenev. Amleto e don Chisciotte). L’ostacolo che avvertono come
più pericoloso sul loro procedere è l’installarsi, perfino, alla fine,
assicurarsi, garantirsi in questo “mondo di carta” transit orio.
La sfida più avvincente è la loro libertà nel compiere ciò che è bene e che, quindi,
ci realizza come uomini compiuti. Tale libertà li conserva fuori
dall’irrigidimento del potere con i suoi rapporti arbit rari.
L’unit à
di questi due uomini è un invit o, un
tentativo di scoprire se l’encantamiento di una realtà infinit amente più grande dell’uomo sia reale e, in esso,
entro la concretezza del mondo, vi sia la vit toria
su tutte le ingiustizie e tutto il male e, perciò, la realizzazione dell’umano.
Leggiamo nella loro amicizia già il presagio di
una risposta.
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