Ecco come Picasso vedeva cio' che rimane dell'uomo, dopo la violenza dei grandi dittatori del Novecento. Oggi possiamo guardare la tela in quanto opera d'arte, quindi, in quanto orpello estetico-concettual-filosofico. Andiamo di fatti molto fieri della delicatezza della nostra sensibilità da museo.
Guardiamo un po' a tutto, ma soprattutto alla nostra vita, come a un pezzetto di terra che possediamo e che possiamo decidere se coltivare con pomodori, tabacco, fiori, meli e quant'altro. La guardiamo come a una villetta a schiera di cui siamo proprietari e che possiamo decorare e arredare come meglio ci aggrada.
Tuttavia un osservatore più attento, o un qualunque uomo che abbia sofferto, sa che le guerre del passato, ma anche, e soprattutto, gli olocausti, la fame, la povertà di più di due terzi dell'umanità odierna, rende quel nostro sguardo falso e illusorio.
La casa in realtà è ridotta in macerie, il campo sta bruciando, non c'é più da scelgiere il colore delle pareti o la cultura da piantare. C'é da chiamare un'impresa edile che ricostruisca cio' che è raso al suolo, i pompieri per arginare l'incendio del campo. E' la nostra umanità che è spezzettata come lo erano i corpi a Guernica. Addormentati dall'incanto del benessere, non ci rendiamo conto che siamo come i "pezzi di uomo" dipinti da Picasso.
Siamo trattati ora come studenti, ora come lavoratori, ora come elettori, ora come morosetti o figlioletti adorati, ma il tutto è ormai sgretolato: un fatto, una persona, una lettura ci faranno capire che siamo stati tenuti lontani dalla verità.
L'illusione puo' durare a lungo, fino alla fine, fino a quell'ultimo respiro che rivela la beffa, che fa crollare cio' che avevamo penato a costruire: affetti, cose, case. Ma l'illusione potrebbe smascherarsi molto prima, se solo aprissimo gli occhi per renderci conto che non possiamo essere felici quando un altro solo soffre. Sappiamo che sotto le macerie, l'uomo anela ancora a vivere una vita umana.