Recuperare il tempo significava sia ricostruire, ricominciare una nuova nazione, sia fermarsi, riposarsi fisicamente dopo gli assurdi sforzi degli ultimi anni.
Anche l’architettura romana avverte questo duplice bisogno di ricostruire e di far riposare: per questo opta per un nuovo (o molto vecchio) linguaggio, lontano dalle forme audaci del moderno e ispirato piuttosto ai tranquilli borghi antichi.
E’ un cambio di linguaggio, ma non di contenuto: il fine è lo stesso del movimento moderno, quello di sviluppare le abitazioni in modo funzionale ed equo per ciascuno, incentivando anche la socialità; ma aggiunge un contenuto in più: quello della memoria che ogni italiano ha (tanto ripugnata dall’avanguardia) per il paesino, per il conosciuto, per l’intimità.
E’ un’architettura povera, non si richiama a forme tradizionali perchè più maestose; i caratteri ripresi non sono quelli dei grandi palazzi rinascimentali, ma quelli delle case comuni dei centri storici medievali.
E così nasce il quartiere Tiburtino 38 della INA casa, progettato da Quaroni e Ridolfi.
Andateci; salite sul ballatoio delle case in linea e guardate da lì le torri a pianta stellare; scendete ed entrate nella corte che formano le altre abitazioni; passate sotto le “volte”, camminate sui vialetti e sulle scale; scoprite i dettagli che ritornanoin ogni costruzione, ammirate gli incastri volumetrici, i balconi dalle forme più originali e quelli ripresi dalle case di Trastevere.
Anche questo è un’altro di quei luoghi fuori contesto che si incontrano all’improvviso a Roma, di cui ti accorgi per il silenzio e per i dettagli; come la Basilica dei Santi Quattro Coronati, come l’Aventino, come il quartiere Coppedè o Porta san Sebastiano.
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