Una donna e un bambino, lei ebrea, lui arabo, lei
una vecchia prostituta, lui il
figlio di una di quelle, forse di nessuno.
Madame Rose è una sopravvissuta della Shoa e tiene
sotto il letto il ritratto di Hitler da guardare quando la vita
ritrovata le sembra troppo dura.
Momò è uno dei bambini che raccoglie e cresce Mm
Rose.
Parigi delle banlieue: Belleville.
Il ritratto
scanzonato e appassionato di chi ci vive: di etnia, religione, tradizioni,
storie, costumi disparati. Il nostro mondo, sempre più quello di tutti.
La vita
vera e la possibile convivenza raccontate da Momò che, via via, rimane solo
nell’appartamento al sesto piano da cui Madame Rose con i suoi 95 chili non
riesce più ad uscire.
Il loro rapporto, impensato e paradossale che si
stringe sempre più fino a rendere impossibile ogni separazione e inaccettabile
ogni violenza anche fosse per “motivi umanitari”.
Una donna, così provata dalla vita, cui la vita
degli altri non fa ribrezzo comunque sia condotta, che non può accettare di
sopravvivere e che non può morire in un ospedale dove vorrebbero “soffiarti in
gola la vita”.
Un ragazzo che un giorno, all’arrivo del padre,
cresce di colpo di quattro anni riconoscendosi adolescente. “Perchè non mi hai
detto la verità sulla mia età?”
Perché per vivere bisogna amare ed essere amati.
Un romanzo difficile da definire: è brutale, è
umoristico, è attuale, è doloroso, scabroso, innocente, provocatorio,
commovente, risoluto e tenerissimo.
Ogni lettore può essere punzecchiato su qualche
punto fondamentale della vita e
della coscienza; scelgo la vecchiaia, la malattia e la morte. Come
accostarsene?
“Tutto dipende da come uno pensa a qualcuno”.
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