
È una domanda precisa e che non concede vie di fuga quella che apre
il libro “Apologia della Storia” di Marc Bloch: “A cosa serve la
storia?”.
Partendo da questa l’autore opera un'analisi molto
approfondita del rapporto tra lo studio metodologico del passato e la
propria contemporaneità, ponendo l’attenzione principalmente su quale
sia concretamente “il mestiere dello storico”.
Attraverso queste
riflessioni emerge, pagina dopo pagina, l’immagine di uno
studioso-artigiano, impegnato in una eterna sfida contro il tempo per
poter ottenere un racconto il più vero possibile, che sia capace di
scandagliare e chiarire le ragioni, le cause, le conseguenze degli
eventi trattati.
Il risultato di questo lavoro non sarà
ovviamente una trasposizione esatta dell'accaduto, quanto piuttosto una
ridefinizione parziale dei suoi aspetti significativi.
Più che
gli eventi, quindi, tale studioso ricostruisce il rapporto tra questi e
le tracce che ci hanno lasciato, le fonti per l'appunto, e di
conseguenza è per questo che senza fonti lo storico stesso viene a
mancare.
Tali tematiche, esposte più di 60 anni fa, sono oggigiorno fondamentali nell'educazione dei giovani studenti di storia.
Questi
si ritrovano infatti quotidianamente a contatto con – e allo stesso
tempo ne sono produttori più o meno consapevoli – un'infinità di fonti
digitali, di difficoltosa gestione sia per l'immenso numero sia per la
loro “volatilità”.
Di fronte alla prima di queste due
problematiche gli esperti di digital history evidenziano come sia
importante tenere da subito a mente che i materiali nativi digitali non
sono, nella maggior parte dei casi, “documenti 'nobili', architettati
con rigore filologico”(1).
Quello che manca, infatti, sono
anzitutto i riferimenti alle fonti originali: come ricorda lo studioso
belga Serge Noiret, l'esempio classico è quello delle fotografie, le
quali sono quasi sempre prive di metadati descrittivi associati e
vengono utilizzate sul web senza alcun rispetto per le basilari regole
del Creative Commons (condividi/modifica, ma cita la fonte).
Altra
questione basilare è l'affidabilità dei documenti digitali stessi, e il
riferimento principale è ovviamente a Wikipedia: chi ha scritto una
determinata voce? Chi controlla che i riferimenti alle fonti siano
corretti? Chi tiene aggiornate le informazioni?
La seconda problematica coinvolge invece in primo luogo l'archivistica informatica.
Sviluppare
standard per la preservazione dei documenti digitali e strumenti per
permetterne l'individuazione e l'accesso continuato nel corso del tempo è
di notevole importanza.
Alcuni esempi concreti, a largo respiro, di questo tipo di approccio sono noti da anni, tra i più citati compare ovviamente l'
Internet Archive.
Per
sensibilizzare gli studenti e avvicinarli a una delle tematiche più
complesse affrontate dagli storici di questi decenni ritengo sia quindi
importante iniziare a mostrare concretamente, attraverso percorsi
didattici mirati, come questi due tipi di difficoltà possono essere
efficacemente gestiti.
Prendendo un caso di studio specifico,
che sia un blog, un flusso di tweet legati a un determinato evento o il
sito di un quotidiano online, gli insegnanti dovranno così sottolineare
come una solida preparazione interdisciplinare viene incontro a tali
esigenze.
Riprendendo proprio la metodologia descritta da
Bloch, questa non risulterà datata, anzi il legame tra la fondamentale
opera di individuazione, interpretazione, contestualizzazione, critica e
selezione delle fonti e la necessità di preservare i contenuti del Web
si rivelerà essere sempre più inscindibile.
Ponendo l'attenzione su due esempi specifici tutto ciò risulterà evidente.
In
un primo caso abbiamo l'enorme e importantissima raccolta di
testimonianze digitali relative all'11 settembre 2001, realizzata tra
gli altri proprio dall'Internet Archive(2), che si è dimostrata essere
uno dei primi veri e propri esempi di preservazione, in chiave storica,
del Web.
In secondo luogo invece, la crescita e diffusione del
social network Storify, aperto al pubblico nell'aprile 2011, evidenzia
come la necessità di preservare testimonianze digitali sia un sentimento
nutrito anche dagli utenti “comuni”.
Questa piattaforma è infatti
espressamente dedicata a operare una selezione mirata di interventi,
provenienti da altri social network (primariamente Twitter), per
raccontare eventi in maniera più efficace e permettere di conseguenza
una loro migliore consultazione futura. Raggiunta la notorietà per
l'utilizzo durante i “London Riots” dell'estate 2011 e le manifestazioni
legate a “Occupy Wall Street” dell'autunno seguente, Storify è divenuto
in pochi anni uno strumento, alla portata di tutti, per la
preservazione di testimonianze digitali.
Grazie a tecnologie di
questo tipo, e tenendo a mente i metodi dell'analisi storica, sarà
possibile per un professore evidenziare ai propri studenti la
complessità, ma anche l'importanza, di un lavoro di ricerca e selezione
sul patrimonio digitale presente in rete.
Ritengo infatti che
sia giusto quanto sosteneva Donald Waters, parafrasando “Mending Wall”
di Robert Frost: migliori strumenti di preservazione faranno migliori
studenti.
Tuttavia è opportuno tenere a mente anche la validità
del reciproco: sarà soltanto grazie a studenti che conoscono il
mestiere dello storico, i metodi dell’archivista e gli strumenti
dell’informatico che potremo in futuro avere progetti di preservazione,
accesso e analisi di quell'immenso patrimonio documentario che è il
World Wide Web.
(1) Pasetti, M., “La storia nella rete. Conversazione con Serge Noiret”, in “Storicamente”, 2, 2006.
http://www.storicamente.org/02_tecnostoria/strumenti/02noiret.htm(2) Interessante il saggio di Roncaglia, “Internet e l'11 settembre”:
http://www.merzweb.com/testi/saggi/11settembre.htmBibliografia:
• Bloch, M., “Apologia della storia o mestiere dello storico”, Einaudi, Torino, 1950.
• Mandic, S., Internet Archive e nuove tipologie di fonti storiche, in “Diacronie: Studi di Storia Contemporanea”, no. 8, 2011.
http://www.studistorici.com/wp- content/uploads/2011/10/07_MANDIC_numero_8.pdf• Noiret, S., “Storia digitale: quali sono le risorse di rete usate dagli storici?”, 2011.
http://www.academia.edu/1096776/Storia_Digitale_quali_sono_le_risorse_di_rete_usate_dagli_storici_• Pasetti, M., “La storia nella rete. Conversazione con Serge Noiret”, in “Storicamente», 2, 2006.
http://www.storicamente.org/02_tecnostoria/strumenti/02noiret.htm•
Waters, D., “Good Archives Make Good Scholars: Reflections on Recent
Steps Toward the Archiving of Digital Information”, in “The State of
Digital Preservation: An International Perspective”, pp. 78-95, 2002.
http://www.clir.org/pubs/abstract/pub107abst.html
Di Federico Nanni
PUBLICATO SU:
http://www.educationduepuntozero.it