venerdì 30 aprile 2010

Catechismo per la tutela dei monumenti

Gli altari più fastosi e più belli, gli stucchi più ricchi, le sculture e i dipinti più importanti furono sacrificati da questo falso assioma e la cosa è particolarmente deplorevole da noi, in Austria, perché le nostre chiese hanno in gran parte ricevuto nel Sei e nel Settecento la loro ricca decorazione. In casi innumerevoli, dietro alla parola d'ordine dell'unità e della purezza stilistica da perseguire come meta, si cercò di annullare anche le trasformazioni architettoniche che le chiese avevano subito nel corso degli anni, demolendo le aggiunte dei tempi successivi e non costruendo nello 'stile originario" le parti più tardi rielaborate. Dovunque si possono vedere ancor oggi i danni incalcolabili inferti in tal modo ai monumenti antichi; tuttavia, poiché queste tendenze non sono ancora del tutto scomparse, specialmente presso il clero, è necessario richiamare l'attenzione sulla falsità delle promesse su cui poggiano questi fatti.
E' soprattutto falso ritenere questo o quello stile come l'unico degno di considerazione perché l'arte, nel suo sviluppo millenario, non può essere giudicata sulla base di una formula valida tutti i casi, ma deve essere valutata a seconda dei suoi intenti artistici e delle sue relazioni che sono ovviamente diverse in tempi diversi e in diversi paesi. L'arte non sarebbe arte se, come hanno preteso i profeti di un certo stile nel secondo passato, le sue opere fossero elaborate secondo una precisa ricetta. Legata a esigenze nuove e a nuove idee, l'arte si sviluppò in maniera analoga alla lingua e alla letteratura ed è teoria infondata o preconcetto arbitrario ritener valido solo quello che fu creato in un determinato momento, considerando invece di minor valore e condannando alla distruzione tutto ciò in cui si erano realizzati la creatività dell'ideale artistico di molti altri secoli. E' ridicola presunzione definire l'arte che ha creato opere come la chiesa di San Carlo a Vienna o il monastero di Melk come un ciarpame di nessun valore, ed anche se per preferenze personali o per interessi generali si può rivolgere maggiore attenzione a questo o a quello stile, non vi è ragione di mettere in disparte tutto il resto perché il tempo può venire che potrà giudicare valido quello che sembra non avere valore alcuno, come noi abbiamo sperimentato in concreto nei confronti dell'arte barocca.
Spesso la preferenza accordata ad un determinato stile nasce da ragioni che ben poco hanno a che fare con la forma artistica che questo stile riveste e molto invece con pretesti di tutt'altra natura. Ad esempio, lo stile gotico è stato creduto più consono all'edificio sacro di quello barocco, dimenticando invece che proprio allo stile barocco è legata la maggior ripresa della vita religiosa e, soprattutto in Austria, è molto più strettamente connesso all'attuale tradizione ecclesiastica di quanto non sia lo stile gotico medioevale sorto in Francia.
Coloro — e sono la netta maggioranza —ai quali i monumenti offrono gioia e piacere, non sanno nulla di vecchi stili e quando ammirano, profondamente attratti, un'antica e mirabile chiesa o una nobile e antica città, non si chiedono se i singoli elementi appartengano a questo o a quello stile. L'effetto che i monumenti del passato producono sulla fantasia e sul sentimento non dipende da una legge stilistica, ma viene suscitato da una visione concreta che nasce quando le forme artistiche universali si fondono con i caratteri locali e personali, con tutto l'ambiente e con tutto ciò che ha elevato il monumento, attraverso il processo storico, a contrassegno di quell'ambiente. Le chiese o gli altri edifici, le strade o le piazze, che nel corso dei tempi a poco a poco abbiano ricevuto e conservato il loro carattere artistico costituito da elementi stilistici diversi, somigliano ad esseri viventi, mentre perdono tutta la loro vitalità e il loro fascino quando si mutano in squallidi esemplari ricalcati da manuali, quando a viva forza vengono ricondotti ad una unità stilistica.
Alla la tutela dei monumenti non deve limitarsi solo a proteggere tutti gli stili: essa deve essere rivolta anche al carattere locale e storico dei monumenti che non siamo autorizzati a correggere
secondo qualsivoglia regola, perché con queste 'correzioni' si distrugge proprio ciò che conferisce anche al più modesto monumento un valore insostituibile.

Expo 2010 Shanghai China

Durée:Du 1er mai au 31 octobre 2010
Emplacement: Les deux rives du Fleuve Huangpu entre le pont Lupu et le pont Nanpu
Site : http://fr.expo2010.cn/
Quelque pavillons:
Australia

Austria

Brasile

Cina

Danimarca

Finlandia

Italia

Russia

USA





Ipse Dixit: Edvard Munch

Una sera passeggiavo per un sentiero, da una parte stava la città e sotto di me il fiordo...Mi fermai e guardai al di là del fiordo, il sole stava tramontando, le nuvole erano tinte di rosso sangue. Sentii un urlo attraversare la natura: mi sembrò quasi di udirlo. Dipinsi questo quadro, dipinsi le nuvole come sangue vero. I colori stavano urlando”.
 
Il Grido

giovedì 29 aprile 2010

Ipse Dixit: Wassily Kandinsky

"La nostra anima si sta risvegliando da un lungo periodo di materialismo, e racchiude in sé i germi di quella disperazione che nasce dalla mancanza di fede, di uno scopo, di una meta. Non é ancora svanito l'incubo delle concezioni materialiste, che consideravano la vita dell'universo come gioco perverso e senza peso. L'anima si sta svegliando, ma si sente ancora in preda all'incubo. Intravede solo una debole luce, come un punto in un immenso cerchio nero." Wassily Kandinsky, Lo Spirituale nell'arte

Et in Arcadia ego

Anche io (la morte!) sono nel paradiso terrestre.

Catechismo per la tutela dei monumenti


III) L'importanza della tutela dei monumenti

Questo nuovo valore che le opere d'arte del passato hanno assunto per la vita di tutti noi conferisce alla tutela dei monumenti un'importanza universale. Non si tratta solo di preoccuparsi di proteggere l'arte o la scienza, ma di una cosa necessaria, dal punto di vista delle esigenze di tutta la comunità, come la cura rivolta all'organizzazione scokstica. Ma da quanto finora si è detto, ne consegue che la tutela dei monumenti non può limitarsi a singole, eccellenti opere d'arte, ma deve abbracciare tutto ciò che viene considerato un bene artistico pubblico nel senso suddetto, E le cose di minore importanza spesso hanno bisogno di maggior protezione di quelle più significative. Nessuno infatti sarebbe così folle da voler distruggere i dipinti del Dürer o di Tiziano o proporre di demolire la chiesa di Santo Stefano, mentre dappertutto viene minacciato ciò che non è stato riprodotto centinaia di volte nei manuali di storia dell'arte e che nelle guide turistiche non viene messo in evidenza da un asterisco; ed è proprio tutto questo che ha bisogno di essere tutelato perché, nel suo ambito ristretto, opera affinando gli animi ed è insostituibile al pari della celeberrima opera d'arte.
E tanto meno, fra le opere d'arte celebri, la tutela dei monumenti deve essere limitata a questo o a quello stile. Quando, nel secolo scorso, cominciammo ad occuparci con maggiore sollecitudine dell'arte antica, ci lasciammo di solito trascinare da una preferenza unilaterale per questo o quello stile che, sotto l'influsso dell'indirizzo artistico del momento, veniva dichiarato come l'unico valido. Vi furono così gli ammiratori del Classicismo, del Gotico, del Rinascimento che, volta a volta, tennero in considerazione soltanto lo stile greco, gotico, rinascimentale come l'unico degno di essere conservato e rinverdito. Questa unilateralità degli artisti e dei critici d'arte fu nefasta per due ragioni alla tutela dei monumenti, e come non vi furono limiti nella predilezione per un determinato stile, così ogni altro fu condannato come aberrazione e assenza di gusto. Specialmente il barocco, essendo il più recente degli stili storici ed essendo stato abbandonato per tornare alle forme dei periodi artistici più antichi, subì una quasi unanime condanna che ebbe come conseguenza non solo l'esclusione dei monumenti dell'arte barocca dalla tutela, dato che erano considerati opere di minor valore, ma anche la loro distruzione per un pregiudizio artistico. Molti edifici, statue, dipinti barocchi, sono stati sacrificati a questa pretesa.
Ancor più nefasta fu la seconda conseguenza di questo dogmatismo stilistico. Poiché si teneva in considerazione solo un determinato stile, si stabilì che nelle opere architettoniche, formatesi poco alla volta in epoche diverse, rielaborate e trasformate nel volger degli anni e alla cui decorazione e arredamento avevano concorso momenti diversi, tutte le aggiunte o le trasformazioni più tarde, contrastanti con lo stile originario, dovevano essere eliminate. Specialmente nel campo dell'arte sacra questa condizione portò di conseguenza alle più gravi devastazioni, che gli antichi edifici sacri non sono quasi mai stilisticamente omogenei perché, o per ragioni pratiche o per il desiderio di farli apparire più eminenti, hanno per lo più ricevuto una nuova forma o una nuova decorazione pur mantenendo l'antico nucleo, divenendo così lo specchio della creatività artistica di molte generazioni e di molti secoli. Tutto questo fu definito uno sconcio ed in innumerevoli chiese fu distrutto o eliminato ciò che non corrispondeva al linguaggio originario dell'edificio, e sostituito da imitazioni di questo stile.

martedì 27 aprile 2010

La ville des ouvriers : Le Familistère

« Familistère » est le nom donné par l’industriel Jean-Baptiste André Godin (1817- 1888) aux bâtiments d'habitation qu'il fait construire à Guise (Picardie), pour les ouvriers de son usine et leurs familles à partir de 1858 et jusqu'en 1883. L’ensemble architectural prévoyait :
• Le Palais social, formé d'un pavillon central encadré par deux ailes de taille un peu plus modeste, destiné à l'habitation. ( Dans le plan : les trois parallélogrammes)
• Le bâtiment des écoles et du théâtre, en face du pavillon central du Palais social
• La buanderie, bains et piscine, situé sur l'autre rive de l'Oise, du côté de l'usine
• L’usine, du côté est du Palais social.
« L’emplacement du Familistère que j’ai fondé à Guise était marqué par les besoins de la population nouvelle, attirée par le développement régulier de l’industrie que j’y avais créée. (…) Le plan général du Familistère comprend trois blocs de bâtiments principaux reliés entre eux. Les motifs qui ont fait diviser le Familistère en trois parallélogrammes sont étrangers à ce qu’on pourrait considérer comme une règle d’architecture. Créer des logements pour 1200 à 1500 personnes pouvait être une entreprise téméraire.
L’idée de relier entre eux des parallélogrammes se prêtait à un plan d’ensemble, qui pouvait se réaliser par des entreprises successives, et cela permettait, en même temps, de faire l’expérience réduite d’un fait nouveau pour ne pas donner lieu à des enseignements pratiques, dont il y avait à tenir compte dans les développements ultérieurs de l’oeuvre que je voulais fonder.
L’édifice des trois parallélogrammes dont le palais se compose renferme trois cours intérieures, autour desquelles s’élèvent le rez-de-chaussée et trois étages. (….). Les cours sont pavées d’un ciment dur et uni comme l’asphalte. Dix passages, au rez-de-chaussée, servent de communication entre les cours intérieures, la place centrale extérieure, la rue et les jardins ; ces passages donnent accès en même temps aux escaliers. Ces escaliers sont placés dans les angles des parallélogrammes; ils conduisent aux galeries qui, à chaque étage, servent de communication entre les logements.
Des corridors, allant d’une galerie à l’autre, font communiquer entre elles les trois cours intérieures, et permettent la circulation générale de la population dans toute l’étendue du palais. (…) Les logements du Familistère sont à double rang de chambres : les unes ayant vue sur la cour intérieure, les autres sur les façades extérieures ; cette disposition perme la ventilation complète de l’appartement. (…) Le palais social, placé près de l’atelier, permet à l’ouvrier de rentrer dans sa demeure, aussitôt son travail fini sans ajouter une fatigue nouvelle à la fatigue du travail ; il peut changer de vêtements si cela lui est nécessaire, et trouver immédiatement le repos pour réparer ses forces.

Ce qui ne peut avoir lieu dans beaucoup d’établissements où l’ouvrier a de grandes distances à parcourir pour retourner chez lui. En rentrant au Familistère, le père et la mère rencontrent leurs enfants sortant des écoles, la famille est aussitôt réunie pour le repas, qu’elle prépare facilement avec les ressources que le palais lui offre à ce sujet. »

Kazuo Ono, The Dead Sea

Viaggi

Oggi, la sirenetta, statua simbolo di Copenhagen, è arrivata al padiglione della Danimarca, presso l’Esposizione Universale di Shanghai. La sirenetta di Andersen, creata 96 anni fa, ha portato a termine così il suo primo viaggio all’estero. Tornerà sul suo scoglio, nella capitale, in novembre.Il padiglione danese aprirà ufficialmente il 1 maggio 2010.

domenica 25 aprile 2010

Le premier film de Sergueï Eisenstein

La Grève (titre anglais: the Strike, titre russe: Стачка), 1924

Marc Chagall, "Su Vitebsk"

Marc Chagall, Sopra Vitebsk olio su tela, 73 x 92,5 cm, 1914 , Art Gallery of Ontario, Toronto

Quel cielo normalmente così variopinto si fa sobrio sopra Vitebsk. Non ci sono galli, ne sposi volanti, ne esseri con corpi umani e volti animaleschi. Chagall incomincia da qui il suo peregrinare, da Vitebsk, dove è nato. Il peregrinare suo, come quello di ciascuno, inizia dalla situazione contingente che è data da vivere, dal proprio popolo, dalla propria cultura, che nessuno può scegliersi, ma che è “data” misteriosamente. Sembra che il suo “ebreo errante” esca volando da quella che forse è una chiesetta, luogo fisico che ricorda il senso “religioso”, quello cioè che “ri- lega” l’uomo alla sua origine e al suo destino. Quel uomo, proiezione, forse, di quel ormai adulto Chagall di 27 anni, porta con sé la sua storia, la storia tragica del suo popolo e la storia dell’umanità intera. Egli inizia il suo viaggio apparentemente solo, ma portando invece con se tutti e il tutto, con quella con-passione che è il fondamento della pace, poiché nasce dal misterioso e comune destino umano. Egli può allora volare sui tetti, guardare la realtà secondo una prospettiva nuova, realista e ideale allo stesso tempo, in quel silenzioso bianco della neve che lascia che l’uomo contempli la sua grandezza e la sua miseria, senza timore e con semplicità.

sabato 24 aprile 2010

Fabrizio De André La Mostra

AL MUSEO DELL'ARA PACIS DI ROMA
DAL 24 FEBBRAIO AL 30 MAGGIO 2010



Una settimana dopo il 70mo anniversario della nascita di Fabrizio De André arriva a Roma l'esposizione multimediale e interattiva ideata da Studio Azzurro che racconta la vita, la musica, le esperienze, le passioni che hanno reso "Faber" unico e universale.


Anche Roma, dopo Genova e Nuoro, rende omaggio a Fabrizio De André ospitando negli spazi espositivi del Museo dell'Ara Pacis, dal 24 febbraio al 30 maggio 2010 (una sola settimana dopo il 70mo anniversario della sua nascita, il 18 febbraio) "Fabrizio De André. La mostra" il percorso multimediale di Studio Azzurro - uno dei più importanti gruppi internazionali di videoarte - che ne racconta la vita, la musica, le passioni che lo hanno reso unico e universale, interprete e in alcuni casi anticipatore, dei mutamenti e delle trasformazioni della contemporaneità.

Magnasanti: la città SimCity da 6 milioni di abitanti

Ci ha messo tre anni, passati progettando e costruendo Magnasanti, una metropoli ideale sotto ogni punto di vista: così ha segnato un record per SimCity 3000, il videogioco in cui bisogna creare da zero la propria città. E il risultato è questo: zero crimine, poco inquinamento, educazione massima. In questo video ripercorre le tappe e spiega come ha fatto.

fonte: repubblica.it

giovedì 22 aprile 2010

Ipse Dixit: Vladimir Jankélévitc

Il y a quelque chose qui est pour ainsi dire la mauvaise conscience de la bonne conscience rationaliste et le scrupule ultime des esprits forts; quelque chose qui proteste et “remurmure” en nous contre le succès des entreprises réductionnistes. Ce quelque chose est comparable, sinon aux reproches intérieurs de la raison devant l’évidence bafouée, du moins aux remords du for intime, c’est à dire au malaise d’une conscience insatisfaite devant une vérité incomplète. Il y a quelque chose d’inévident et d’indémontrable à quoi tient le côté inexhaustible, atmosphérique des totalités spirituelles, quelque chose dont l’invisible présence nous comble, dont l’absence inexplicable nous laisse curieusement inquiets, quelque chose qui n’existe pas et qui est pourtant la chose la plus importante entre toutes les choses importantes, la seule qui vaille la peine d’être dite et la seule justement qu’on ne puisse dire ! (…)
La nostalgie de quelque chose d’autre… le sentiment qu’il y a autre chose…
Vladimir Jankélévitch, Le Je-ne-sais-quoi

domenica 18 aprile 2010

le neuvième visage d'Arthur Rimbaud

Il ruolo sociale dell'inutile

La Natura secondo de Chirico

a cura di Achille Bonito Oliva
Palazzo delle Esposizioni
9 aprile – 11 luglio 2010
A conclusione delle celebrazioni dechirichiane del 2008-2009, Palazzo delle Esposizioni si prepara a dedicare un importante omaggio al grande maestro italiano fondatore della Metafisica, movimento culturale tra i più significativi e fecondi di tutto il Novecento che proprio nel 2010 compie un secolo.
Nato nel 1888 a Volos, nel cuore della Grecia classica, da una nobile famiglia italiana, e formatosi a Monaco dove rimane suggestionato dalla pittura simbolista e dalla lettura di Nietzsche e Schopenhauer, Giorgio de Chirico dipinge L’enigma di un pomeriggio d’autunno a Firenze nel 1910 dando vita all’Arte metafisica, che svilupperà a Parigi e a Ferrara. L’artista dedica tutta la sua vita (morirà novantenne a Roma nel 1978) ad esplorare le possibilità poetiche di un’arte tesa a far emergere l’enigmaticità del reale. Pur riflettendo l’intera produzione dell’artista, dagli esordi simbolisti fino agli sviluppi neometafisici degli ultimi anni, la mostra offre un’occasione originale di avvicinarsi alla sua arte, ponendo l’accento su un tema specifico: lo sguardo del pittore sul mondo della Natura. In de Chirico, infatti, l’idea di Natura rimane un riferimento costante, sia quando viene idealizzata come nei paesaggi mitologici o esaltata come apparizione poetica nelle celebri “vite silenti”, sia quando è trasfigurata nell’allucinazione urbana delle Piazze d’Italia o rinnegata nelle algide geometrie dei manichini. La Natura, intesa come Cosmos ordinato o come Caos, è di per sé indecifrabile e chiede al pittore una possibile soluzione all’enigma del suo apparire.
Curata da Achille Bonito Oliva, tra i più noti critici d’arte, la rassegna prenderà in esame circa 120 dipinti provenienti dalle più importanti collezioni pubbliche e private, e si articolerà in sette sezioni tematiche distinte, distribuite in un itinerario ricco e suggestivo nelle gallerie ai lati della monumentale Rotonda di Palazzo delle Esposizioni.
Image: Nature morte évangélique - 1926 - Musée d'art moderne OSAKA

L'incubo

Johann Heinrich Füssli, L'incubo, olio su tela, 1781, Institute of Arts Detroit.
Un’immagine ci torna alla mente, un dipinto nato dal pennello di Johann Heinrich Füssli nel 1781, figure spaventose e spaventate che popolavano, forse, il suo cuore. Quel incubo concepito così tanto tempo fa, lascia oggi il mondo delle figure sognate e irreali, per posarsi sul mondo reale, sociale, politico, umano.
Quel mostro, tremenda personificazione dell’ingiustizia dell’odierna società, delle sue leggi, delle sue istituzioni, dei suoi potenti astuti e putridi che fagocitano il cuore dell’uomo, schiaccia la realtà. Il mostro si siede su quel ventre di donna che sarebbe, per natura, capace di abbracciare il bene e di dare la vita nuova, e che è reso invece sterile e senza frutti da quel peso. L’uomo che io sono e che tu sei, quel essere capace di infinito, è ridotto all’immagine di quella donna priva di sensi e di senso. L’immagine onirica fa pensare che, una volta svegli, quel mostro scomparirà. Invece è proprio quel essere astuto che ci addormenta. Egli non rivela un’ingiustizia evidente, ma nel segreto dei cuori, frammenta, divide, fa temere l’atro, imputridisce l’ideale, e ci rende incapaci di svegliarci.

giovedì 15 aprile 2010

Il furore delle immagini. Fotografia italiana dall’archivio di Italo Zannier


Fondazione Bevilacqua La Masa | San Marco 71/C, Venezia | Date: 16 aprile 2010 – 18 luglio 2010
La mostra fotografica Il furore delle immagini. Fotografia italiana dall’archivio di Italo Zannier nella collezione della Fondazione di Venezia promossa dalla Fondazione di Venezia presenta una selezione di 260 immagini, molte delle quali inedite, che rendono questo appuntamento un evento di importanza nazionale. Libri e preziosi album fotografici, scelti dalla collezione libraria, consentono una più approfondita lettura storica delle opere.
Il racconto delle tappe fondamentali dell’evoluzione tecnica ed estetica dell’”invenzione maravigliosa”, dagli esordi fino alle tendenze contemporanee, viene presentato attraverso la collezione di Italo Zannier, uno dei più importanti studiosi della fotografia in Italia.
Una mostra diversa, una scatola di meraviglie dove perdersi e dove dialogano immagini, testi e documenti. Un viaggio imperdibile che documenta la nostra storia e la nostra cultura.
Schede didattiche sulla storia della fotografia, approfondimenti tematici sulle tecniche fotografiche e un video documentario sulla collezione e i protagonisti della fotografia in Italia accompagnano i visitatori.
Presso la sede della Fondazione di Venezia sarà inoltre possibile vedere esposta un’ulteriore piccola selezione di opere presenti nella collezione.
Per informazioni ed approfondimenti (e le attività collegate - tra le quali il CONCORSO FOTOGRAFICO):

Madonna di Loreto

1603-05 Olio su tela, 260 x 150 cm S. Agostino, Roma.
Una giovane donna romana (1) che sorregge senza fatica, quasi con un delicato e solenne passo, un benedicente bambino gigantesco; due sconvenienti pellegrini dagli piedi fangosi e la cuffia sdrucita (2). E' questa un'opera lontana dall'iconografia tradizionale, Maria è una semplice donna, coi capelli scuri e raccolti e un vestito senza pretese, che sorregge con affettuosa sicurezza il suo bambino che viene presentato ai due laceri, patetici, anziani pellegrini, figure indimenticabili: Sono finalmente arrivati al loro traguardo, ora non hanno nemmeno la forza di gioire, ma stanno lì, con i loro piedi sporchi, senza parole, davanti al bambino (3), l'infinito che si è manifestato in un particolare, un'umanità non un'immaginetta o il solito santino. Una incredibile forza e una commossa dolcezza si sono sapientemente raggiunte in questa pala. Al contrario di altri capolavori, rimossi e vituperati, questo dipinto è sempre rimasto sull'altare, pur se bersagliato da critiche molto aspre (4).

1. per cui posò quella Lena a cagion della quale avvenne la sanguinosa contesa fra Caravaggio e il notaio Pasqualone, spasimante deluso della ragazza. Giovannni Battista Passeri, nelle sue biografie di artisti attivi a Roma, scrive che Caravaggio il 29 luglio 1605 ferì a morte Mariano Pasqualone "giovane di professione notaro" per difendere una certa Lena, "povera ma onorata" vicina del Caravaggio, il cui padre, dietro altissimo compenso consentì a lasciar posare per la Madonna. Bonsanti Giorgio, Caravaggio; Scala, 199; pag. 55.
2. a cui furono mosse delle critiche, a cominciare dal Baglione (1642): "fece una Madonna di Loreto ritratta dal naturale con due pellegrini, uno co' piedi fangosi e l'altra con la cuffia sdrucita e sudicia; e per queste leggierezze in riguardo delle parti che una gran pittura aver dee, da' popolani ne fu fatto estremo schiamazzo". http://www.exibart.com/notizia
3. Zuffi Stefano, Caravaggio; Mondadori electa, 2007; pag. 98.
4. Ibidem

MARCEL MARCEAU: EL MAESTRO DEL SILENCIO

mercoledì 14 aprile 2010

Camera Obscura: SOPHIENSTR.86-94B

Catechismo per la tutela dei monumenti

Queste impressioni possono essere delle più diverse origini. Possono dipendere dal valore artistico in sé dei monumenti, del loro effetto nel paesaggio, dal loro rapporto con un aspetto dell'ambiente, dai ricordi che vi sono legati o dalle tracce dell'antichità che li nobilitano; e al tempo stesso risvegliare nello spettatore le immagini del divenire e del passato. Il fatto più valido dell'amore che il mondo attuale porta alle antiche opere d'arte che questo amore non è limitato ad un determinato gruppo di monumenti né è privilegio di determinate classi sociali. La semplice cappella di un villaggio, una rovina coperta d'edera, una vecchia cittadina possono suscitare in noi un piacere non minore di una superba cattedrale, di un palazzo principesco o di un ricco museo e questo piacere è accessibile a tutti coloro che sono capaci di piaceri intellettuali. Non solo singole opere dell'arte antica sono cresciute di valore, ma tutto che l'arte antica ha creato ed è diventato prezioso, e non come una somma di fatti storici o di modelli artistici ma come una summa vivente di tutta la nostra vita spirituale.
Tutto questo si esprime forse nella misura più evidente nelle visite, sempre più numerose, alle antiche città o alle città che conservano monumenti del passato. La bellezza di un luogo, lega ai suoi antichi monumenti, potrebbe essere per la comunità un polo d'attrazione non minore della bellezza paesistica di una contrada, e perciò, anche da un punto di vista puramente economico viene inferto un danno alla comunità distruggendo i monumenti del passato poiché nessuno vorrà più visitare luoghi e paesi modernizzati, grossolanamente trasformati, privati dei loro monumenti.

Ma l'impoverimento artistico e spirituale legato a tali devastazioni rappresenta una perdita ben più grave di quella puramente economica. Non tutti possono fare lunghi viaggi per vedere opere d'arte in lontani paesi, e annientando il patrimonio artistico locale si defraudano molti uomini di tutto ciò che può offrire loro l'arte antica. Si impoverisce la loro vita se si impoverisce artisticamente l'ambiente che li circonda e si allentano i più stretti legami che li tenevano uniti alla loro patria.

martedì 13 aprile 2010

Cordata in Cantiere

Ipse Dixit: Peter Brook

"Uno degli aspetti inerenti e inevitabili di uno spazio vuoto é l'assenza di scenografia. Questo non significa che sia meglio, dal momento che non sto emettendo un giudizio, ma sto solo constatando l'ovvio, ovvero che in uno spazio vuoto non ci può essere alcuna scenografia. Se c'é una scenografia allora lo spazio non é vuoto, e la mente dello spettatore é già arredata. Un luogo spoglio non racconta una storia, cosicché l'immaginazione di ciascun spettatore, la sua attenzione e il suo processo di pensiero sono liberi e privi di impedimenti. (...)La mancanza di scenografia é un requisito necessario per il funzionamento dell'immaginazione. Se vi limitate a piazzare due persone una accanto all'atra in uno spazio vuoto, ogni particolare viene messo a fuoco. Per me, questa é la grande differenza fra il teatro nella sua forma essenziale e il cinema".
Peter Brook, La porta aperta, Piccola Biblioteca Einaudi, 1993

Catechismo per la tutela dei monumenti

II) // valore dell'antico patrimonio artistico

Dopo l'esame dei pericoli che minacciano l'antico patrimonio artistico, è necessario richiamare ancora una volta l'attenzione sulla necessità di lottare contro questi pericoli con tutti i mezza, sia per ragioni ideali che per ragioni economiche. Ma non si tratta soltanto, come talvolta si è supposto, di interessi di persone colte o amanti dell'arte, anche se è certo che per la storia dell'arte è di primaria importanza che le sue fonti, gli antichi monumenti, siano protetti dalla distruzione e non v'è dubbio che l'annientamento di antichi ed eminenti opere d'arte rappresenti un'incommensurabile perdita per tutti coloro che all'arte hanno dedicato la loro vita. Si tratta invece di cosa incomparabilmente più importante, che ha un significato per tutti gli uomini, siano o non siano colti e intenditori d'arte. Tutta la nostra vita, come mai era avvenuto in passato, è permeata di tendenze e di componenti materialistiche: industrie, commercio internazionale, conquiste tecniche hanno ormai assunto un netto predominio sulle forze spirituali, sì che non vi è certo da temere di restare indietro, in questa direzione; tuttavia è sintomatico che, quanto più procede l'industrializzazione della vita, tanto più cresce la persuasione che questa non soddisfi da sola tutte le esigenze dell'esistenza e sempre più forte diventa il desiderio delle gioie e dei sentimenti che sollevano gli uomini al di sopra delle lotte materiali per la sopravvivenza. Nessuno vuole certo negare che le ferrovie elettriche, le ampie autostrade, l'ascensore, il telefono, le banche e le fabbriche siano cose molto utili, che è giusto abbiano la massima diffusione, tuttavia oggi diventiamo sempre più consapevoli — dato che l'uomo non è una macchina — del fatto che il suo benessere non consiste solo in questo e, a chi sappia osservare con attenzione, non sfuggirà che, accanto alle conquiste materiali, giorno per giorno guadagna sempre più terreno tutto ciò che non può essere misurato con il metro delle prestazioni tecniche o delle esigenze materiali: dalle bellezze de natura, alla portata di tutti, fino alle profondità di una nuova severa e ideale concezione di vita. Uno di questi nuovi beni ideali ed anzi uno dei più importanti, è il patrimonio dell'arte antica quale fonte di quelle impressioni che, al pari delle bellezze della natura, possono suscitare nello spettatore una sensazione che sollevi al di sopra della vita di tutti i giorni e al di sopra di tutte quelle preoccupazioni e di quelle tensioni materiali che la vicenda quotidiana porta con sé.

lunedì 12 aprile 2010

ARMANDO TESTA. IL DESIGN DELLE IDEE


13 aprile - 13 giugno 2010
PAC Padiglione d’Arte Contemporanea - Via Palestro 16, Milano
Fonte : PAC

Inaugura al PAC Padiglione d’Arte Contemporanea la grande retrospettiva di Armando Testa, che riporta alla ribalta il lavoro di questo poliedrico artista. La mostra presenta un aspetto meno noto della sua opera, quello della sua attività di designer, in concomitanza con gli eventi targati Salone del Mobile che animano Milano nella settimana dell’inaugurazione.
L’iniziativa arricchisce una serie di importanti antologiche del maestro: le retrospettive presentate al Museo del Castello di Rivoli e a Castel Sant’Elmo a Napoli nel 2001; la mostra presso l’Istituto Italiano di Cultura di Londra nel 2004. Armando Testa è nuovamente protagonista al PAC, dopo la personale che gli era stata dedicata nel 1984, ormai già universalmente riconosciuto come grande creativo e padre della pubblicità italiana.

domenica 11 aprile 2010

KATECHISMUS DER DENKMALPFLEGE


Max Dvořák (1874- 1921)
Nota introduttiva

Allievo di F. Wickhoff, discepolo di Riegl, nel 1909 Max Dvořák ottenne la cattedra di Storia dell’arte all’Università di Vienna. D. è un prestigioso esponente della Scuola di Vienna, un'istituzione accademica che diede origine a un nuovo approccio teorico nello studio della storia dell'arte, rappresentata da Franz Wickhoff, da Alois Riegl, dallo stesso Max Dvoràk e da Julius von Schlosser. Postulati fondamentali di questo nuovo approccio teorico sono lo studio filologico dell’opera d’arte, nella sua componente materiale ed estetica, e la concezione paritetica delle arti, degli stili e delle epoche. Al 1916 risale il Catechismo per la tutela dei monumenti, suddiviso in sei capitoli dedicati ai pericoli del patrimonio monumentale, al valore del patrimonio artistico, ai doveri della società, consigli pratici rivolti alla tutela, alla conservazione e al restauro. il Catechismo fu pubblicato per conto del governo austriaco e precisamente per la commissione centrale per la difesa dei monumenti. Sarà Italia Nostra, nel 1972, a pubblicarlo in Italia sul suo bollettino. Alle origini del pensiero di Dvořák sulla tutela dell’opera d’arte è uno stretto legame tra arte, storia e sviluppo della civiltà. A questo proposito si deve ricordare che nell’Ottocento, l'interesse per i caratteri nazionali e popolari delle diverse civiltà si era fatto sempre più vivo. Nel Catechismo Dvořák, pur riflettendo l’esaltazione dell’individualità collettiva di contro all’universalismo illuminista, supera il nazionalismo tedesco a vantaggio di una concezione, che superi i confini geografici del singolo paese. Catechismo non è altro che “l’insieme degli elementi fondamentali di una dottrina”, esposti al fine di suggerire una via etica da seguire. In questo senso l’opera di Dvořák , come ricorda Scarrocchia, “si estende oltre i limiti del Catechismo” e “indica una nuova frontiera didattico- pedagogica per la cultura di conservazione nel suo complesso” (Carta del 1931: per l’idea di una tutela del patrimonio che interessi tutti gli stati tutori di civiltà; per l’idea di sensibilizzazione dell’infanzia al rispetto del patrimonio).

Il Catechismo
Il pensiero di Dvorak è rivolto prevalentemente alla conservazione, alla manutenzione e alla tutela dell’intero patrimonio: dall’edificio monumentale (composto dalle rovine e dagli edifici antichi, fra i quali si distinguono quelli ancora in uso), all’oggetto d’arte e d’artigianato; dalle sculture alle pitture (su tavola o su tela) e ancora agli affreschi. Secondo una concezione comune alle tre carte del restauro, l’intervento diretto sull’opera d’arte, posto il suo carattere “eccezionale”, non si esprime mai nella totale integrazione del manufatto. L’attenzione per il carattere originario del monumento, inteso non solo come oggetto materiale ma anche come il complesso delle relazioni che esso stringe con l’ambiente circostante, testimonia la grande modernità del pensiero di Dvorak (vedi anche Riegl).

sabato 10 aprile 2010

Le réalisme poétique, dernière partie : c’est la réalité elle-même qui dévoile à l’homme son destin de créature finie et pourtant si avide d’infini

CARNÉ Marcel, Les portes de la nuit, avec Jean Vilar, Pierre Brassein, et Serge Reggiani, France, 1946, Durée : 1 h 40 min.


A voir aussi, parmi beaucoup d’autres:
· CARNÉ Marcel, Les Enfants du paradis , avec Arletty, Jean-Louis Barrault, Maria Casarès, Pierre Brasseur , Marcel Herrand, Louis Salou, Scénario et dialogues Jacques Prévert , Décors Alexandre Trauner, Léon Barsacq, France, 1945, Durée : 205 minutes.
· CARNE Marcel, Drôle de drame, avec Françoise Rosay, Michel Simon, Louis Jouvet, Jean-Pierre Aumont, Adaptation et dialogues Jacques Prévert, Décors Alexandre Trauner, Paris, 1937. Durée 105 min.
· RENOIR Jean, La règle du jeu, avec Nora Gregor, Paulette Dubost, Mila Parély, Odette Talazac, Claire Gérard, Costumes Coco Chanel, Assistant réalisation Henri Cartier Carl Koch et André Zwoboda, France, 1939. Durée : 110 min.

Nuit Blanche



Making Of Nuit Blanche


http://www.arev.ca/

// FAR EAST FILM 12 //

23 aprile - 1°maggio 2010, Teatro Nuovo “Giovanni da Udine” e Visionario
Tutti i riflettori internazionali stanno per riaccendersi sull’atteso festival udinese!
L’edizione 2010 si aprirà venerdì 23 aprile, presentando una sessantina di titoli e due grandi retrospettive: una sulla gloriosa Shin-Toho - che sta al cinema giapponese come la factory di Roger Corman sta a quello americano - e l’altra su Patrick Lung Kong ispiratore del capolavoro di John Woo (Leone d’oro 2010) A Better Tomorrow.
UDINE – 9 giornate di programmazione, dal 23 aprile al 1° maggio, e oltre 60 pellicole in arrivo da Cina, Hong Kong, Corea del Sud, Giappone, Thailandia, Indonesia, Malesia, Filippine, Singapore e Taiwan: sta per tornare Far East Film, il grande festival (anzi: la grande festa) con cui il Centro Espressioni Cinematografiche di Udine indaga gli spazi visivi e gli stili dell’Estremo Oriente!

venerdì 9 aprile 2010

RUSSIE! memoria / mistificazione / immaginario

a Venezia Cento anni d’arte, dallo Zar a Stalin, a Putin. Tre Russie: dall’Impero all’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche alla nuova Federazione.

Apertura al pubblico: da giovedì 22 aprile a domenica 25 luglio (tutti i giorni, escluso martedì, 10-18). Ingresso a pagamento: intero € 7; ridotto (minori di 15 e maggiori di 60 anni; visitatori delle Istituzioni con cui sono attivi rapporti di reciprocità) € 5; ridotto (studenti e docenti delle Università italiane, gruppi scolastici, gruppi di più di 10 persone, residenti nel Comune di Venezia, dipendenti Enel con accompagnatore) € 3; gratuito per docenti, studenti e personale di Ca’ Foscari, ulteriori agevolazioni per i sostenitori della mostra.
Cento anni d’arte, dallo Zar a Stalin, a Putin. Tre Russie: dall’Impero all’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche alla nuova Federazione. Le mette in mostra, ed è un evento per molti versi eccezionale, l’Università Ca’ Foscari Venezia in una rassegna certamente emozionante che sarà ospitata dal 22 aprile al 25 luglio a Ca’ Foscari Esposizioni. Curatori della rassegna: Giuseppe Barbieri e Silvia Burini.
Eccezionale, perché è la prima volta che in Italia un’esposizione presenta organicamente l’intero Novecento russo. Eccezionale perché lo fa attingendo a due grandi collezioni, entrambe italiane, tra le più importanti al mondo e in gran parte sconosciute: quelle create da Alberto Morgante e da Alberto Sandretti. Emozionante perché consente di rileggere e rivivere la storia di una nazione che ha influenzato come poche altre la storia del mondo per tutto il secolo.
La mostra indaga gli sviluppi della cultura figurativa russa e sovietica dalle avanguardie di inizio secolo al realismo socialista degli anni '30-'50, fino all’underground, per concludere con alcune opere degli anni '90.
Il Realismo socialista è stato forse il più grande esperimento mediatico mai compiuto: all’arte fu affidato il ruolo di trasformare la materia prima dell’ideologia in immagini e miti destinati al consumo di massa. Oggetto della propaganda non era la realtà, almeno non nelle forme concrete della vita quotidiana, ma il mito che l’arte era destinata a creare.
Centrale è la raffigurazione del leader, soprattutto la monumentale iconografia di Stalin che prosegue e sviluppa quella di Lenin. Questo il senso della grande attenzione riservata, in mostra, al manifesto di propaganda (Majakovskij, Rodčenko, Nal’bandjan, Klucis).
Saranno esposte inoltre opere straordinarie, di artisti del simbolismo e dell’avanguardia prerivoluzionaria come Benois, Končalovskij, Larionov, Gončarova, Ekster, Chagall, Kandinskij, Malevič, Tatlin, Fal’k e altri. Si tratta dei protagonisti che in buona misura hanno guidato e indirizzato tutta l’avanguardia mondiale.
Negli spazi di Ca’ Foscari viene inoltre ricostruita una parte della Biennale del Dissenso che si tenne a Venezia, con grande rumore, nel 1977, segnando la definitiva consacrazione dell’underground moscovita: ben 26 opere provenivano anche allora dalle collezioni Sandretti e Morgante.
A fine percorso alcune opere di artisti degli anni '90 riprendono in modo diverso ma coerente i tre grandi temi della mostra, la memoria dell’avanguardia, la mistificazione del realismo socialista e l’immaginario della pittura non ufficiale, in modo tale da comunicare come tutto il '900 russo sia pervaso da linee di tendenza coerenti, per la prima volta riunite in un’unica esposizione, elementi di un unico e affascinante puzzle.
E' necessario ricostruire e visualizzare le diverse Russie, descrivendone anche l’atmosfera e la temperatura emotiva. Ciò sarà possibile grazie all'impiego di soluzioni innovative e di tecnologie multimediali d'avanguardia, tali da coinvolgere il visitatore nel contesto storico russo e sovietico considerato nelle diverse sezioni della mostra. Le mostre di Ca' Foscari Esposizioni si caratterizzano infatti, con crescente successo, come un moderno laboratorio per sperimentare nuove forme di fruizione delle opere d'arte.
La mostra “RUSSIE! memoria/mistificazione/immaginario nell'arte russa del '900” è promossa dall'Università Ca' Foscari Venezia e dalla Regione del Veneto, è sostenuta dalla Fondazione Alti Studi sull’Arte di Venezia, con il contributo di Enel, in collaborazione con Banca Popolare FriulAdria-Crédit Agricole, Terra Ferma Edizioni, Simest e Gruppo Masserdotti.

Sito web: www.russie.it
Altre Fonti d'approfondimento:
Informazioni e prenotazioni: 041.2346947
Segreteria scientifica della mostra tel. 041 2346234

giovedì 8 aprile 2010

Le voyage dans la Lune


http://fr.wikipedia.org/wiki/Le_Voyage_dans_la_Lune

Tonight, Tonight - Smashing Pumpkins


http://en.wikipedia.org/wiki/Tonight,_Tonight

Il volto delle parole. Mostra fotografica a cura di Graziano Arici, Venezia, 11 marzo - 22 aprile

A partire da giovedì 11 marzo, in concomitanza con il ciclo di inediti d'autore "Questo non l'ho mai letto a nessuno", sarà aperta al pubblico la mostra fotografica del veneziano Graziano Arici, Il volto delle parole. Un'esposizione di 200 ritratti realizzati da Arici e provenienti dal suo archivio, raffiguranti scrittori contemporanei e non, colti durante il loro soggiorno in Laguna. Le fotografie saranno stampate su vinile e posizionate all’interno di strutture a forma di cubo, appositamente realizzate per l’allestimento nelle sale del prezioso palazzo settecentesco Mangilli-Valmarana.
La mostra resterà aperta dall'11 marzo al 22 aprile, dal lunedì al venerdì, in orario 10-13; 14-18 e sarà visitabile in occasione degli altri incontri serali con gli scrittori.


Josif Brodskij, 1998 (foto: Graziano Arici)

Spazio alla stazione marittima firmata Zaha Hadid

La città di Salerno si prepara a ridisegnare il waterfront. È attesa a breve la demolizione dei Magazzini Generali che cederanno il posto alla Stazione Marittima, un'ostrica di luce sospesa tra il cielo e il mare nata dalla matita di Zaha Hadid, prima donna,irachena naturalizzata britannica, a vincere il Premio PRITZKER.
La città sembra tuttavia non accontentarsi e, accanto alla firma della celebre progettista anglo-irachena, di Oriol Bohigas - che ha firmato il nuovo Piano Urbanistico Comunale - e di Jean Nouvel - incaricato di ridisegnare il vecchio Pastificio Amato - recluta una nuova star dell'architettura internazionale per il nuovo look del waterfront, Ricardo Bofill. Il noto progettista catalano si occuperà della fascia costiera che si estende da Piazza della Concordia e Santa Teresa, e progetterà una grande piazza a mare che collegherà piazza Mazzini con la nuova Piazza Plebiscito interagendo con la conchiglia disegnata da Zaha Hadid.Sarà una terraferma artificiale in costante mediazione tra solido e liquido.
“Simile ad un’ostrica – dichiarano dallo studio Zaha Hadid Architects – la struttura è dotata di un robusto guscio che racchiude la fluida architettura degli elementi all’interno”. L’intera area sarà illuminata non solo per guidare i passeggeri lungo l’intero percorso che attraversa la stazione marittima, ma anche per far in modo che la luce del Terminal funga da simbolo di una preziosa area che ospita i resti di un passato normanno e saraceno. Al di là della straordinarietà dell’artista, esponente illustre del decostruttivismo, sicuramente la stazione marittima è un’opera di primaria importanza per la città di Salerno: al suo interno saranno ospitati il terminal per i traghetti, il terminal per le navi da crociera, gli uffici e, al secondo piano, una grande e confortevole sala d’attesa. Per una città di mare come Salerno, si tratta di un fondamentale biglietto da visita: è il mare, infatti, la vera risorsa turistica della città e della sua provincia. Non ci resta che attendere la fine dei lavori e l'impatto che la monumentale e mastodontica opera avrà sul waterfront.



Le réalisme poétique, troisième partie

CARNE Marcel, Le jour se lève, avec: Jean Gabin, Arletty, Jules Berry, Jacqueline Laurent, Scénariste Jacques Prévert, Décors Alexandre Trauner, France, 1939. Durée : 87 minutes.
Résumé du scénario. Dans une chambre d’hôtel d’un quartier populaire, un homme en abat un autre d’un coup de revolver. La police vient arrêter le meurtrier, un ouvrier d’habitudes paisibles qui résiste et se défende. Le siège durera une nuit, que François passera à évoquer la simple et douloureuse histoire d’amour qui l’a amené au meurtre, et le poussera à l’aube au suicide.

mercoledì 7 aprile 2010

Ara Pacis: modifiche al progetto Meier

E' di oggi la notizia di una modifica alla "teca" di Richard Meier:
(ANSA)- ROMA, 7 APR- 'C'e' l'ok di Richard Meier,abbatteremo una parte del muretto esterno dell'Ara Pacis'. Lo ha detto Alemanno durante il sopralluogo al monumento. Fin dall'inizio del mandato, il sindaco aveva criticato la teca posta a protezione dell'Ara Pacis.'Eliminare il muro e' stata un'idea superba: permette di godere della chiesa di San Rocco e dell'Ara Pacis.
Avrei voluto presentarlo io un progetto cosi' ma non sapevo che il traffico poteva essere canalizzato sotto', ha commentato l'architetto Meier.


In rete si trovano dati e commenti, riportiamo il punto di vista di Exibart.com:
Era un po' che non se ne parlava, ora il tema torna all'ordine del giorno. Parliamo del Museo dell'Ara Pacis di Richard Meier, ed in particolare del muro in travertino costruito dalla parte del Lungotevere, che tante polemiche aveva suscitato per la cesura generata tra il fiume e le due chiese di San Rocco e San Girolamo. Fino a far dichiarare all'allora candidato sindaco Alemanno che, se eletto, l'avrebbe abbattuto (in realtà, ahinoi, blaterò anche che avrebbe spostato la teca dell'architetto americano "in periferia"...).
Ora, stando a quel che scrive il Corriere della Sera, nei prossimi giorni sarà presentato il progetto definitivo per la risistemazione di piazza Augusto Imperatore. E intanto una delegazione del Comune starebbe trattando a New York con l'architetto un accordo che prevederebbe l'abbattimento del muro. “Se non ci saranno intoppi, tra un mese o due dovrebbero partire le gare d'appalto e in autunno l'inizio dei lavori sulla piazza, con chiusura del cantiere tra un anno”. L'unica cosa che ci conforta è la presa di distanza di fatto dell'Assessore alla Cultura Umberto Croppi, il quale ha sommessamente fatto notare come una separazione architettonica tra il Tevere e le due chiese che il muro di Meier coprirebbe c'è sempre stata.
Insomma, la capitale è masticata da enormi problemi di degrado urbano che la portano ad essere difficilissimamente assimilabile ad una città europea (solo negli ultimi mesi, come già denunciato da Exibart, 90mila cartelloni pubblicitari illegali hanno rubato ai romani ed ai turisti l'orizzonte, la luce, il cielo, il panorama e la dignità. Facendo scomodare anche l'Unesco con un richiamo ufficiale), e il Comune pensa ad un muretto... (m. t.) [exibart]


Da Repubblica.it la galleria che descrive i cambiamenti nel progetto:
http://roma.repubblica.it/cronaca/2010/04/07/foto/lungotevere_in_augusta-3181042/1/

A seguire il video del 2006 (dal sito del Museo dell'Ara Pacis) di presentazione del Progetto.

¿Qué significa para nosotros hoy la restauración en el mundo?

En el 1993, la European Confederation of Conservator-Restorers aprobaba las “Directrices de la profesión” en las cuales se exigía que la formación se cumpliera a nivel universitario.

En el 1997, los representantes de 16 países se reunieron en Italia a Pavía para participar a  la Cumbre sobre el tema “Preservation of Cultural Heritage: towards a European profile  of the Conservator-Restorer”. La Cumbre era promovida da la Asociación Giovanni Secco Suardo de la cual derivó el llamado documento de Pavia , destinado a impulsar a las instituciones de la Unión Europea hacia una formación de nivel universitario.  En los últimos 8 años se ha registrado una enorme crecimiento de escuelas en todos los países europeos, inclusive en Italia. La situación actual en Europa en cuanto a los certificados de estudio no es homogénea; en algunos casos el grado corresponde a la Maestria, en otros casos, el grado es de  licenciatura, en otros países, mediante cursos post-licenciado se podrá alcanzar el grado de Ph.D.

En Italia a finales de los años 80 se habían formaron las primeras Facultades  universitarias de Conservación de los Bienes Culturales y nacían en cantidades cada vez mas numerosas cursos de licenciatura que formaban, mediante una preparación exclusivamente teórica, especialistas en materia de gestión de los aspectos de la conservación.
Estos especialistas tenían y tienen un perfil netamente distinto al del Conservador-Restaurador. 

Georges Brassens, La prière


Poème de Francis Jammes. Musique: Georges Brassens 1955 "Georges Brassens et sa guitare no.3"

Par le petit garçon qui meurt près de sa mère
Tandis que des enfants s'amusent au parterre
Et par l'oiseau blessé qui ne sait pas comment
Son aile tout à coup s'ensanglante et descend
Par la soif et la faim et le délire ardent
Je vous salue, Marie.

Par les gosses battus, par l'ivrogne qui rentre
Par l'âne qui reçoit des coups de pied au ventre
Et par l'humiliation de l'innocent châtié
Par la vierge vendue qu'on a déshabillée
Par le fils dont la mère a été insultée
Je vous salue, Marie.

Par la vieille qui, trébuchant sous trop de poids
S'écrie: " Mon Dieu ! " par le malheureux dont les bras
Ne purent s'appuyer sur une amour humaine
Comme la Croix du Fils sur Simon de Cyrène
Par le cheval tombé sous le chariot qu'il traîne
Je vous salue, Marie.

Par les quatre horizons qui crucifient le monde
Par tous ceux dont la chair se déchire ou succombe
Par ceux qui sont sans pieds, par ceux qui sont sans mains
Par le malade que l'on opère et qui geint
Et par le juste mis au rang des assassins
Je vous salue, Marie.

Par la mère apprenant que son fils est guéri
Par l'oiseau rappelant l'oiseau tombé du nid
Par l'herbe qui a soif et recueille l'ondée
Par le baiser perdu par l'amour redonné
Et par le mendiant retrouvant sa monnaie
Je vous salue, Marie.

Le réalisme poétique, 1930-1950 deuxième partie

RENOIR Jean, Les bas fonds, avec Jean Gabin, Louis Jouvet, Suzy Prim, Jany Holt, Nastia, Junie Astor,Nathalie Alexeief, Décors Eugène Lourie, Hugues Laurent , France , 1936, Durée : 95 min.

martedì 6 aprile 2010

Le réalisme poétique, 1930-1950 première partie

Dans le numéro d’octobre 1933 du magazine Cinémonde, le critique Michel Gorel commente le film La rue sans nom de Pierre Chenal, en disant : «Tous les personnages de cette chronique désespérée appartiennent à un présent cuisant, à un présent où nous étouffons. Je dis réalisme, je dis aussi poétique. » La formule qui depuis ce moment désigne le cinéma des années trente était née. Ce « mouvement » a commencé dès 1933 avec les films de Jacques Feyder tout d’abord, suivi après par René Clair, Julien Duvivier, Jean Grémillon, Marcel Carné et Jean Renoir entre autres. Le grand écran se rempli de figures humaines du petit peuple et raconte leurs vies et leurs drames quotidiens
Les régisseurs de ce mouvement conçoivent la réalité comme un ensemble trop riche et compliqué pour pouvoir garder sa puissance sur l’écran. Ils se servent donc d’une reconstruction de la réalité, (les décors étaient en fait complément construit dans les studios) dont ils peuvent épurer de tout excès, de tout ce qui n’est pas utile, de tout détail superflu, afin d’arriver à une image dont on a soigné les détails, la lumière, l’espace, les voix, la couleur. Ce processus débouche dans la réalisation d’une image poétique, inventée à partir de ce qui est véritablement présent, mais transformée par l’œil du régisseur, pour la même démarche qui guide la poésie et la vision mentale du poète. Crémillon explique :
Le réalisme est la découverte du subtil que l’œil humain ne perçoit pas directement et qu’il faut montrer en établissant des harmonies, des relations inconnues entre les objets et les êtres, en vivifiant chaque fois cette source inépuisable d’images qui frappe notre imagination et enchante notre cœur. 
René Clair , Sous les toits de Paris , Assistants-réalisateur Marcel Carné, Musique André Gailhard, Décorateurs Alexandre Trauner, 1930, Durée : 80 mn

Campionare i fumetti: Samplerman comics by Yvang

"Yvan Guillo, aka Yvang, è un fumettista francese nato nel 1971. Ha cominciato pubblicando fumetti in varie fanzine fin dai primi anni ...