giovedì 14 luglio 2011

Hans Richter e Viking Eggeling


Il rapporto con gli olandesi si manifestava sempre più fruttifero, per la presa di coscienza di tutte le possibilità offerte dalla ricerca operata dai neoplastici. Infatti il canone fondamentale di questo gruppo era appunto la presa di cognizione oggettivata, con la quale una realtà quale che fosse in arte, diventasse un dato, conscio, un dato prevalentemente oggettivo. La cui oggettività tuttavia, non rimaneva un dato solamente materiale o fisico, bensì rappresentante di un dato artistico e la cui conseguenza era diventare arte.
E' giusto comunque sottolineare, che fra Richter ed Eggeling e De Stijl esiste una stretta analogia e non un'identità nella concezione delle idee. Gli elementi strutturanti il nuovo linguaggio erano da una parte la consapevolezza tecnica di un nuovo proiettato nel futuro.
Nel campo delle ricerche plastiche invece si cercavano nuove idealizzazioni. E per sottolineare la diversità fra il fine dei neoplastici e le ricerche dei nostri, si può prendere di riferimento questo passo di Richter : "L'evento per se stesso; evoluzione plastica e rivoluzione nella pura sfera artistica qualcosa di quasi analogo a quei fenomeni musicali che sono familiari al nostro orecchio. Come nella musica l'azione (nel suo senso più spirituale) ha origine dal puro materiale e in questo materiale ritrova la sue tensioni e le sue soluzioni in modo che – scomparso ogni termine di paragone e ogni materiale reminiscenza – è elementare e magico."
Richter ed Eggeling si cimentano nella realizzazione di queste opere, non solo per la volontà di realizzare un' opera d'arte autonoma ma anche per la stabilizzazione di due dati autonomi: l'arte e il film. Per cui la congiunzione dell'una all'altro sonoserviti a generare una nuova possibilità e creare non solamente il film opera d'arte, bensì il film d'arte. Tuttavia occorrevano quei dati che partissero proprio da una posizione già sicura e autonoma, sia nella concezione che nell'espressione. Tutto questo in previsione dell'instaurazione di quel nuovo linguaggio espressivo di cui si parlava, con la più convinta consapevolezza creativa.
Non a caso le immagini che si producono in dissolvenza sono la possibilità di dare e di ottenere dei primari e consapevoli valori strutturali. Leggendo ciò che scrive Van Doesburg (il maggior teorico e propagandista del movimento olandese) riguardo all'esperienza della consapevolezza e della composizione degli elementi che dovranno strutturare il linguaggio, tutto appare ancora più chiaro..."quando la tecnica cinematografica sarà interamente adeguata alla dinamico-plastica, l'artista plastico "scriverà" le sue composizioni per film; apposite figure indicheranno esattamente il colore e la relazione fra le forme dopo di che, tali schemi riceveranno l'espressione più perfetta e precisa attraverso mezzi meccanici."
E' qui, che la figurazione geometrica prende un nuovo significato, nel senso che viene trasportata in un altro campo nel quale tutto è decisamente innovato fino in maniera impensabile. Ce lo testimonia Richter in occasione della prima proiezione del Rythmus 21 nel 1924 a Berlino assieme a "Entr'act" di Renè Clair e al "Ballet Mècanique" di Lèger. "Il pubblico già irritato da quest'ultimi due film dei quali non aveva capito niente reagì con furia indicibile a Rythmus 21 che presentava solamente rettangoli". La presa di posizione per la valorizzazione oggettiva era compiuta ed ora non rimaneva che dare continuamente dei nuovi significati a queste forme che si presentavano così come erano e semplicemente geometriche senza nessuna pretesa diversa.
Qui, c'è l'appunto da fare ai valori cosiddetti astratti. Richter dava si un valore astratto alle sue opere ma non nel senso letterale, bensì per astratto intendeva una sorta di forma scevra da ogni
significato riferito, e non l'allontanamento da un tutto percepito. Questo per rimanere coerente alla realizzazione che si proponeva e, che coi "Ritmi" infatti ha realizzato. "La purezza degli oggetti geometrici formanti questo linguaggio, sono davvero delle forme astratte, lontane da qualsiasi riferimento e contenuto. Esse erano solamente le uniche possibili di una trasformazione oggettuale – dinamica – linguistica per la realizzazione di quei nuovi valori, cui l'arte in generale tendeva. Questo per consentire ancora una volta che la figura apparente sullo schermo, non fosse necessitata di altri valori al di fuori dei propri. Ma per poter reggere a questo urto linguistico occorrevano dei segni che fossero degli autentici significati, seppur espressi "coll'ermetismo del segno".
Le figure che dunque vediamo muoversi e ripetersi nei film di Richter ed Eggeling, non sono null'altro che la dimostrazione, la realtà, che si trovano nella genesi di questo linguaggio. La visione delle opere di Richter, può sorprendere nel senso che la ripetizione delle figure geometriche non muta molto. Gli elementi sono sempre ortogonali, differenziati sola dalla dimensione. Tuttavia il mutamento dimensionale è la componente maggiore della struttura, i rettangoli e i quadrati, non sono degli schemi fissi ripresi cinematograficamente, bensì elementi dinamico - elementari che variano sullo schermo come luogo di ricezione. Richter chiarisce così "Per quest'arte nuova, è assolutamente indispensabile disporre di elementi primari; senza di essi il risultato può essere un gioco (molto affascinante)." Il contrapposto dinamico allo statico, evitava appunto il pregiudizio ludico, troppo disinteressato per la concezione nello strutturare un mondo e un linguaggio. Strutturare d'altronde vuol dire anche significare, e, che le figure geometriche in sostanza o rimangono tali e quali, e allora si ha quel gioco o vuoto, denunciato da Richter, o, abbiamo una forma nuova, ricavata da quelle forme. Il paesaggio non va da quella forma alla sua rappresentazione, bensì tutto rimane entro quella forma, necessitando solo dell'uso che vuole farne il creatore.
La diversità che si riscontra nei "Ritmi" è proprio in questo.

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