L'educatore e l'insegnante, pur venendo spesso pagati con tariffe inferiori a quelle degli altri lavoratori, sono gli unici che si presume possano essere autentici nel rapporto educativo che compete loro, impegnandovisi essi con l'umiltà, la pazienza e l'amore di donazione che rendono "vocazione" la loro professione.
L'insegnante è, anche involontariamente, educatore ed è, come per natura, un'autorità per il giovane, gli sia affidato anche soltanto per poche ore la settimana.
Perciò, egli non può disertare il compito che la parola "autorità" gli prospetta: essa deriva dal latino "augeo" e significa "aumentare", cioè "rendere più grande"; il che la assimila alla parola "maestro", dal latino "magister", sostantivo che si compone con "magis", cioè "di più".
Educare è accompagnare: in questa compagnia educativa, autorità non è dunque chi impone, ma colui stando in compagnia del quale il giovane si sente diventare più grande, più adulto, più libero e più capace di cultura, cioè di una visione critica e sistematica della realtà.
G. R., Per la scuola, 1999
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