lunedì 21 marzo 2011

Due poesie di De Chirico


Epodo

Torna o mia prima felicità!
La gioia abita le strane città,
le nuove magie sono scese sulla terra

Città di sogni insognati,
costrutta da démoni con santa pazienza,
voi fedele canterò!

Un dì sarò anch’io uomo di sasso,
sposo – vedovo – sul sarcofago etrusco…
quel giorno, materne, stringetemi
nell’abbraccio vostro grande di pietra.




L’ora inquietante


Tutte le case sono vuote
rissuchiate del cielo aspiratore
Tutte le piazze deserte.
Tutti i piedistalli vedovi.
Le statue – emigrate in lunghe
carovane di pietra
verso porti lontani.
Strane iscrizioni sorgono a ogni quadrivio.

Avvertimenti funebri di non andar più oltre.
« Pericolo di morte »

Ma anche l’immortalità è morta
In quest’ora  senza nomi sui quadranti
Del tempo umano.
Che sia rimasto io solo con
un resto di tepore vitale sulla
sommità del cranio?
Che sia rimasto io solo con un palpito
superstite nel cuore che non tace?
Torna beatitudine stanca dei miei anni
andati!

Ciò che ho perduto non lo riavrò più mai.
Ma nella tua bella mano, o donna, tu tieni,
il pegno sacro d’una eterna giovinezza.

Datate tra il 1917 e 1918, queste due poesie di De Chirico, sono lo specchio del lirismo che in pittura andava sviluppano, quello con cui simpatizzava Breton e i pre-surrealisti. L’esercizio della scrittura è una specie di palestra dove l’artista esprime la nostalgia dell’originario perduto; dell’età d’oro; le piazze desolate, le enigmatiche iscrizioni, i vedovi piedistalli, i fugaci portici che sembrano infiniti, la ciminiera, il rosso castello ferrarese,  insomma, la città dei sogni( non surrealista, ma città della memoria) luogo dell’incontro tra pensiero e esperienza, realtà contingente e storia. De Chirico porta con sé da Monaco, l’immaginario simbolico tedesco, ( da Max klinger a Boecklin )  a Parigi nel 1911esprime tutto il suo italianismo artistico. E dopo il felice periodo metafisico sviluppatosi a Ferrara, il lavoro a fianco a fianco con Carrà nel 1916, dal 1918 al 1922 gli anni di "Valori Plastici", dal 1921 il ritorno al mestiere, il recupero di una classicità perduta, un rigorismo della tecnica, di accademia e museo.


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