lunedì 11 aprile 2011

CHRISTIAN SCHAD e le schadografie

L’incanto dell’inutile
La tecnica della schadografia nasce, secondo le parole dello stesso Schad, dalla sua predilezione per i piccoli oggetti quotidiani, per “le charme de l’inutile”(1). Predilezione che vale per tutte le opere del suo periodo Dada: infatti le schadografie possono essere messe in relazione, anche plasticamente per i forti contrasti tra bianco e nero e per l’importanza data alla sovrapposizione di forme diverse, ai lavori degli anni ginevrini: xilografie, rilievi e lavori in legno policromo. Schad porta avanti queste ricerche con il medesimo spirito, tanto che i rilievi riportano spesso dei materiali già comparsi in silhoutte nei fotogrammi.

“Nel 1919, a Ginevra, mi occupavo soprattutto di rilievi. Erano delle tavole in legno sovrapposte, dipinte allo smalto e completate da rifiuti che impiegavo anche per le schadografie”(2).

L’invenzione della Schadografia s’inscrive nell’ambizione dadaista di creare delle tecniche d’espressione nuove, di rottura con la tradizione figurativa ed aperte ai movimenti irrazionali. I rilievi dipinti degli anni 1919-1920 non fanno che allargare la frattura tra Schad e le convenzioni artistiche(3). La smaterializzazione dell’oggetto che si compie nella fotografia senza macchina fotografica, è il riscontro esatto dei rilievi in legno. Ma il vero comune denominatore tra schadografie e rilievi è l’“hostilité à tout tradition”(4), l’opposizione alla realtà banale dell’esistenza e alle tradizioni artistiche.
I rilievi sono sicuramente ispirati dai lavori di Jean Arp, anche se Schad inserisce anche pezzi metallici, fabbricati industrialmente, che conferiscono un aspetto meccanico alle opere(5). Come Schad, Arp rifiutava l’arte convenzionale e accademica, ma non aderiva la pensiero nichilista di certi dadaisti e cercava nell’astrazione la possibilità di creare “nuovelles formes plastiques”(6).

“Nous ne voulons pas copier la nature. Nous ne voulons pas reproduire, nous volons produire ”(7).

L’introduzione del caso e l’utilizzo di oggetti trovati nelle strade e nei café si allaccia alle esperienze dadaiste ancora di Arp ma soprattutto di Kurt Schwitters. Alla maniera di Schwitters, Schad sottopone oggetti e frammenti della realtà quotidiana (carta straccia, nastri, corde, ritagli di giornali) all’azione della luce su un foglio di carta sensibile. “L’artista crea attraverso la scelta, la disposizione e la deformazione dei materiali, la materia non conta, ciò che conta è darle forma”(8). L’assunzione del frammento di realtà determina in qualche modo il suo “riscatto”: ciò che la vita ha consumato ed espulso risorge nell’opera d’arte.
La dimensione primitiva del fotogramma, forma di fotografia senza macchina, che si lega all’idea di astrazione e alla posizione etica di rifiuto delle istituzioni, d'accordo con il suo aspetto ludico e la sua estrema libertà di applicazione, rafforzano il suo aspetto di “anti-arte”: un vero gioco, le cui immagini di piccole dimensioni ne attestano il carattere ludico e derisorio.
La schadografia venne subito apprezzata dal gruppo dadaista perché conteneva in sé atteggiamenti tipicamente dadaisti(9) quali: l’attacco irriverente contro le tradizioni, l’amore per la sperimentazione, il paradosso, la provocazione.



1. C.SCHAD, in Q. BAJAC, in Dada, catalogo della mostra, Parigi, Centre Georges Pompidou, 2005. p. 866
2. C. SCHAD, in
3.  J. PIERRE, Le Futurisme et le Dadaïsme, Lausanne, Editions Rencontre, 1960, in Christian Schad, catalogo della mostra a cura di Bettina Schad, Milano, Galleria Schwarz, 1970. p. 22
4.  C. SCHAD, in Q. BAJAC, in Dada, catalogo della mostra, Parigi, Centre Georges Pompidou, 2005. p. 866
5.  Q. BAJAC, in Dada, catalogo della mostra, Parigi, Centre Georges Pompidou, 2005. p. 866
6.  N. ERNOULT, in Dada, catalogo della mostra, Parigi, Centre Georges Pompidou, 2005. p. 102
7.  J.ARP, Art Concret, 1944, in Dada, catalogo della mostra, Parigi, Centre Georges Pompidou, 2005. p
8.  K. SCHWITTERS, Merz (1920), in ID., Merz. Ecrits, suivi de Schwitters par ses amis, a cura di M.Dachy, Paris, Editions Gérard Lebovici, 1990, p. 56, in D. RIOUT, L’arte del ventesimo secolo, Torino, Eiunaudi, 2002.
9.  Atteggiamenti comuni anche al futurismo: la poetica dadaista è molto legata al futurismo. Infatti Dada è negazione ed incontro allo stesso tempo, raccoglie l’esperienza delle avanguardie, soprattutto futurismo e cubismo.
L. VALERIANI, Dada Zurigo, Ball e il Cabaret Voltaire. Nadar: ricerche sull’arte contemporanea. Torino, Martano, 1970. pp. 12-13

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