mercoledì 18 maggio 2011

La calligrafia islamica. Dalla calligrafia ai graffiti VI parte


La prima premessa necessaria è a livello linguistico: il graffire è forse solo una variante del graffiare e non ha nulla in comune con la radice “graf” da cui derivano le varie arti grafiche. Il graffire implica dunque una resistenza dura di una parete, unna lotta e una violenza che la bomboletta instaura con essa: «Perché il muro? Perché inevitabilmente contro o addosso a un muro? Il muro parete, il muro spazio bianco, il muro divieto d’affissione, il muro divisorio, il muro di sostegno. Addirittura un muro maestro. Sono questi muri che chiamano il murale , lo evocano, lo seducono. È contro il muro che va a battere l’ondata altra della comunicazione repressa».
Su un muro di Milano troneggia una scritta graffita (riportata poi su altri muri di altre città) in modo molto semplice e dal significato molto violento ma altamente esplicativo: “Vomitare colore sulla noia”, i graffitisti dunque dichiarano guerra ai nuovi luoghi di un mondo economico intransigente; il loro disagio e la loro rabbia entra e vive nei nuovi non-luoghi con pareti alte e bianche o creazioni in cemento neutro. Ecco allora che la bomboletta è il miglior medium per vergare con precisione e velocità immagini e scritte.

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