fig. 1 |
In questa piccola scultura di bronzo, “Due Negre” (fig.1), troviamo espressi i temi principali della ricerca di Matisse e di alcuni suoi colleghi contemporanei, nei primi anni del 900: attraverso la rappresentazione del nudo femminile fortemente semplificato e in parte deformato l’artista cerca di esprimere un’immagine di forte dinamismo: in questo caso si può ipotizzare una scena tratta da una danza tribale. L’anatomia umana è alterata nel suo insieme, le forme ed i volumi non sono studiati come parti singole, ma sono strettamente legati al contesto architettonico (che in questo caso è il corpo umano) e generano un equilibrio nuovo, fuori dall’ordinario. Come il suo collega contemporaneo André Derain, Matisse era molto interessato al problema della trasposizione del movimento in arte, all’atto di conferire un effetto di ‘durata’ all’azione immortalata e vi giunse, anche nelle “Due Negre”, grazie all’insegnamento della scultura antica(14). In questa piccola opera, unica scultura dell’artista con due personaggi invece di uno solo, le due figure sono una di schiena e una di fronte, si abbracciano dando vita con i loro arti destri, poggiati l’uno sulle spalle dell’altra, ad un movimento circolare che include anche le teste. Gli arti di sinistra sono svincolati dall’abbraccio, una donna lo lascia cadere lungo i fianchi, l’altra invece lo tiene ben saldo piegato sull’anca. C’è dunque in questo bronzo, un forte ritmo dato dall’alternanza di linee orizzontali e verticali che condiziona l’andamento di tutta l’opera.(15).
fig. 2 |
Non bisogna dimenticare che questa scultura non è ispirata a nessun modello dal vivo né scultura primitiva, ma Matisse scelse come modello una fotografia di due giovani africane (due ragazze appartenenti ad una tribù berbera; la fotografia si intitola: “Jeunes filles targui”, pubblicata nella rivista “L’Humanité féminine”del gennaio 1907 , e conservata nell’archivio fotografico dell’artista. Fig.2)(16). Le due fanciulle non sono una di fronte all’altra, ma quasi allineate sulla stessa asse, posizione alquanto innaturale per un’ipotetica danza a due, mentre questa disposizione spaziale, farebbe pensare ad una coreografia formata da più persone. Ad ogni modo, potrebbe trattarsi della riproduzione simbolica di due soggetti estratti da una danza collettiva, da un rito ancestrale. Certo è un forte richiamo alla scultura tribale, di cui sappiamo con certezza che in quell’anno l’artista possedesse almeno un esemplare cui poter far riferimento, acquisito nel 1906(17). Si ricordi a riguardo della diffusione a Parigi dell’arte cosiddetta “negra” (18)che dal 1880, come conseguenza delle politiche coloniali, a Parigi e in tutta la Francia, durante le esposizioni, iniziano a nascere interi padiglioni dedicati all’arte africana(19). Inoltre le spedizioni coloniali degli ultimi anni dell’ottocento, avevano portato in Europa una gran quantità di materiale che favorì la nascita di diversi musei etnografici.
fig. 3 |
A riprova che Matisse in questa scultura non avesse guardato, come modello, esclusivamente la riproduzione fotografica delle due africane, ritorna quell’equilibrio fra le direzioni che si oppongono, nella posizione delle due donne, che ci fa ravvisare una reminescenza raffaellesca di gusto classico d'indiscussa fortuna iconografica: le “Tre Grazie”; ma senza allontanarsi tanto dal periodo analizzato, basti guardare ai “Tre Tahitiani” (fig. 3) di Paul Gauguin, dove, oltre alla posizione dei personaggi, si possono notare somiglianze nelle fattezze pesanti dei corpi delle ragazze e nei volti semplificati in un’unica sagoma ripetuta più volte(20), nonché nella schiena del ragazzo di spalle in primo piano(21).
14 Disse Matisse: “Ci sono due modi di esprimere le cose: uno è mostrarle brutalmente, l’altro evocarle con arte. Allontanandosi dalla rappresentazione letterale del movimento, si giunge ad una maggiore bellezza e a una maggiore grandiosità. Osserviamo una statuetta egizia: ci può sembrare rigida; eppure vi sentiamo l’immagine di un corpo dotato di movimento e che, nonostante la sua rigidità, è animato”. Continua portando come esempio il mondo dell’antica Grecia, ne elogia gli scultori poiché anche nel dover rappresentare un soggetto in forte trazione e instabilità, come ad esempio un discobolo, questi scelsero lo scorcio più pacato ed equilibrato che riassumesse in sé tutto il movimento, ma generasse un senso di ‘calma ’nello spettatore, suscitando l’idea della durata: “Il movimento è, in se stesso, instabile, e non conviene a qualcosa di durevole come una statua, a meno che l’artista non abbia avuto coscienza di tutta l’azione, di cui non rappresenta che un momento ”Cfr. FOURCADE 1972, pag.8.
15 “La statuaria antica, più di ogni altra cosa, vi aiuterà a realizzare la pienezza della forma [...] Nell’arte antica tutte le parti sono state considerate con pari interesse. Ne deriva unità e riposo per lo spirito.[...]Ogni cosa dev’essere costruita – composta di parti che formano un tutto. [...]Il meccanismo della costruzione consiste nello stabilire le opposizioni che creano l’equilibrio fra le direzioni” In Alfred H. Barr, 1951, Matisse, his art and his public, Museum of Modern Art, New York, cit. in FORCAUD 1972, pp 20-22.
16 FOURCADE, MONODE-FONTAINE 1993, pag.87.
17 Nel 1906, infatti, Matisse acquista una maschera africana; celebre a riguardo è l’aneddoto raccontato dallo stesso pittore che ricorda come in quell’anno solesse andare spesso in Rue des Fleurs, da Gertrude Stein e di come nel tragitto verso la casa, passasse sempre davanti ad un negozietto d’antichità. Un giorno fu attratto da una scultura africana in legno, esposta nella vetrina dell’antiquario, che gli richiamò alla mente le sculture egizie osservate al Louvre e sottolinea come rimase colpito da quanto si assomigliassero i metodi di scrittura delle forme delle due civiltà. Il racconto si conclude con Matisse che porta il nuovo acquisto a casa della Stein dove si trovava, come accadeva spesso, anche Picasso. Il pittore ricorda quanto ne rimasero entrambi colpiti e quanto a lungo ne discussero; “Fu l’inizio dell’interesse di tutti noi per l’arte africana” Cfr .FOURCADE 1972, pag. 71.
18 È proprio intorno all’anno 1906 che questo tipo di produzione artistica inizia ad essere chiamata “Art Nègre”.Cfr. MESSINA 1993, pag.187.
19 1889: Exposition Universelle de Bruxelles : Ricostruzione di insediamenti del Senegal e del Gabon; 1897: Exposition Universelle de Bruxelles: esposizione degli oggetti provenienti dai territori del Congo. Cfr. MESSINA 1993, pp. 186-187.
20 Fu Gauguin il primo ad introdurre nei suoi quadri l’oggetto-scultura, l’idolo, fino ad arrivare a realizzare delle vere e proprie sculture tahitiane. Cfr. MESSINA 1993, pag. 185.
21 Nel 1906 al Salon d’Automne di Parigi, si era tenuta una retrospettiva su Gauguin (celebrato con 227 opere), sicuramente utile agli artisti come Matisse interessati a sviluppare lo studio del nudo femminile nel senso del dominio della forma. Cfr. MESSINA 1993, pag.194.
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