sabato 21 maggio 2011

Matisse, Deux négresses

fig. 2
fig.1
fig.3

In questo nuovo linguaggio pittorico, con ‘semplificazione’ non si intende ‘lavoro facile’, ma una nuova consapevolezza di una forte valenza simbolica del lavoro dell’artista resa attraverso una riduzione ideografica del linguaggio(29).
Partendo dal prototipo delle Bagnanti cezanniane, ci si ricollega ad un artista in cui troviamo i precedenti di quest’opera scultorea più che in ogni altro: Matisse stesso. C’è un quadro che è come un archivio iconografico di molte delle produzioni successive di Matisse, “La gioia di vivere” del 1905 (fig.1)(30). Composto per aggiunta di gruppi, vi si trovano in nuoce lo studio sui volumi e l’anatomia umana; fulcro dell’opera è la coppia di nudi sdraiati al centro, dichiarazione di tutti i contrasti su cui si regge il quadro fatto da contraddizioni e contrapposizioni. Matisse in questa tela non vuole perdere la forma, ma decide di definirla attraverso il colore, squillante ed acceso e totalmente distaccato dalla teoria postimpressionista. Si noti sulla sinistra del dipinto, in secondo piano, un gruppo di due donne abbracciate, probabilmente danzanti al ritmo dei suonatori di flauto; anche questo potrebbe essere un precedente delle due giovani africane in bronzo del 1907. Dalla “Gioia di Vivere ” possiamo risalire a due opere pittoriche di poco precedenti alla scultura analizzata e che ne precedono la ricerca in campo pittorico senza che questo comporti alcuna interruzione ideologica dovuta al cambio di mezzo artistico.
Si tratta del “Nudo in piedi” del novembre 1906 e del “Nudo Blu: souvenir de Biskra” dell’inizio del 1907(fig.2 e 3) .
Nel “Nudo in piedi” (31) l’influenza della scultura tribale è fortissima, Matisse applica in questo dipinto ciò che più lo affascinava della scultura negra: essere costruita per “piani inventati” (32). Sappiamo che il “Nudo blu” (33) presentato al Salon des Indipendents del 1907 (34), è una trasposizione in pittura di una piccola statua d’argilla scolpita da Matisse nell’estate a Colliure e andata distrutta, l’artista decise di immortalare il ricordo di quella piccola scultura in un quadro; è un’opera estremamente scultorea(35): la torsione del corpo sdraiato è fortemente innaturale, Matisse dipinge sullo stesso piano i glutei, il ventre ed i seni(36). L’iconografia di questo nudo di donna sdraiata, diventerà un motivo ricorrente espresso con l’usuale alternanza di mezzi tipica di Matisse che, infatti, ne riprodurrà una copia qualche anno più tardi in bronzo(37), per continuare poi con variazioni del tema inserite in molte opere pittoriche nel corso della sua lunga produzione artistica.

 29 L’interesse per una ricerca di semplificazione dei mezzi espressivi nasce all’interno della cultura post-impressionista e Matisse familiarizza con ciascuna delle manifestazioni di questa cultura . Due rappresentanti esemplificativi sono Paul Gauguin e Henri Rousseau. In questi anni nascono inoltre i Nabis, espliciti esponenti del “clima di restaurazione, anche culturale, che si viene attestando in Francia [..]: Sérusier, con il suo entusiasmo per la pura astrazione delle «sante misure» dell’arte egizia, e Denis, con il suo ritenere altrettanto esemplare la pittura dei Primitivi, per lo stretto confronto che, al pari dell’arte greca arcaica, vi si svolge fra la sintesi decorativa e l’analisi della natura vivente. Significativamente, in entrambi i filoni di lettura del primitivismo, scarso rilievo è prestato alla scultura in sé, alla sua realtà tridimensionale”. è dunque per questa mancanza che si cerca un nuovo filone di lettura del primitivismo che guardi maggiormente alla scultura e lo si trova in Cézanne. Cfr. MESSINA 1993, pag.185; cfr FOURCADE, MONODE-FONTAINE Matisse. 1904-1917, (catalogo della mostra:1993, pag 26
 
30 Esposta al Salon des Indipendents del 1906, suscitò scalpore fra i critici. Fu acquistata da Leo Stein non perché di suo gradimento, ma perché la riteneva opera fondamentale per l’arte contemporanea.
 
31 Dice Georges Desvallières a proposito di questo dipinto: “L’architettura che Matisse ha costruito con questi frammenti sproporzionati è un’architettura solida, in cui tutte le proporzioni sono giuste, sebbene la figura da essa rappresentata non dia l’impressione della natura, così come la si vede correntemente”. In George Desvallières, Presentazione in <>, tomo 52, 1908 cit. in FOURCADE 1972, pag. 4.

32 Intervista inedita del 1941, citata in J. D. FLAM, Matisse e i Fauves, in Primitivismo nell’arte del XX secolo, a cura di W. Rubin, catalogo della mostra (New York, Museum of Modern Art, 1984), Milano 1985, vol. I, pp. 216-17. Cit. in MESSINA , 1993, pag. 208

33 Il precedente di questa iconografia è certamente rintracciabile nella “Gioia di vivere”, nella figura centrale sdraiata frontalmente; simile è anche il contesto naturalistico edenico che sembra modellarsi e riprodurre le forme e le curve del corpo della donna nella vegetazione che la circonda. La differenza più importante è nell’evoluzione dell’attenzione dell’artista, qui concentrata sulla forma e l’anatomia del corpo femminile.
 
34 FOURCADE, MONODE-FONTAINE,1993, pag. 79.
 
35 Sarah Stein fu allieva di Matisse durante il breve periodo in cui,come abbiamo visto, aprì la sua Accademia e ci riporta alcuni appunti molto interessanti presi durante le lezioni di disegno, scultura e pittura, grazie ai quali possiamo rivivere dalle parole dell’artista ciò che a lui stesse più a cuore trasmettere. Diceva nel 1908: “Davanti al soggetto dovete dimenticare tutte le vostre teorie, tutte le vostre idee. Quanto di essi vi tocca realmente, verrà fuori esprimendo l’emozione risvegliata in voi dal soggetto.[...] Esprimetevi con rapporti di masse in correlazione con grandi movimenti lineari.” In Alfred H. Barr, 1951, Matisse, his art and his public, Museum of Modern Art, New York, cit. in FORCAUD 1972, pp.25-26.
 
36 Se per la “Gioia di vivere” l’aggettivo maggiormente usato in maniera dispregiativa dai critici era ‘semplificazione’, qui è ‘deformazione’.
 
37 “Nu couché” inverno 1906-1907, bronzo (35x50x27,5cm). Musee National d'Art Moderne - Centre Pompidou, Paris.

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