martedì 31 marzo 2015

Google fête le 126e anniversaire de la Dame de Fer

La tour Eiffel domine Paris avec ses 324 mètres de hauteur (avec antennes), située en bordure de la Seine. Construite par Gustave Eiffel en deux ans, deux mois et cinq jours, de 1887 à 1889, elle fût inaugurée la 31 mars 1889 pour l’Exposition universelle de Paris.

domenica 29 marzo 2015

L'intenzione iniziale in architettura


In architettura, come nelle arti e in tutte le pratiche umane, ci sono risultati diversi a seconda dell’intenzione iniziale dell’autore; persino due opere formalmente uguali, ma con intenzioni iniziali diverse, sono esse stesse diverse.
L’intenzione iniziale dell’architetto può essere quella di stupire lo spettatore (e questa non è cosa nuova, ma è, dai tempi antichi alle moderne archistar, la tentazione nascosta di tutti i progettisti; è come il piacere personale di essere non originali, ma esotici).
Oppure, l’intenzione può essere quella di “dare un messaggio”, cioè caricare un edificio di significati o simbologie, come una vera e propria opera d’arte (e questa è l’architettura che si insegna nelle università, astratta ed erudita; un’architettura che ha il suo fine nell’essere inserita in un discorso storico/culturale).
Altre intenzioni iniziali sono quella di mettere la propria firma su qualcosa, quella di creare la macchina funzionale perfetta, quella di mettere a punto la struttura migliore, eccetera.
Il punto è che un progettista di architettura spesso si identifica con la figura comune dell’artista, di dover esprimere il proprio io a tutti i costi; ma, come dice Rimbaud, “Io è un altro”. Non si parla qui di stile, perché ognuno ha il proprio modo di fare ed è giusto così; si parla invece dell’intenzione iniziale di mettersi al servizio e di creare un luogo per degli uomini (e non per degli uomini idealizzati, ma per degli uomini reali).
Nel vasto mare di etichette e definizioni prese a priori, si può pescare anche quest’ultimo tipo di progettista: esso è, per la mentalità dominante, l’”architetto sostenibile”, impegnato per l’ambiente e per una certa idea di sociale. E’ quello, per intenderci, che infila piste ciclabili, orti urbani, spazi di co-working in ogni cosa, più per moda del momento che per reale necessità.
Si crede, dunque, che chi ha l’intenzione iniziale di creare luoghi per gli uomini sia un attivista, un tecnologo, un ambientalista e nulla più.
In realtà egli è il tipo di architetto che ha cominciato l’architettura moderna; è Le Corbusier, è Gropius, è Wright, è Aalto; è quello che desidera creare una cosa nuova per l’uomo, non in modo istintivo (cioè seguendo una moda), ma lavorando senza pregiudizi. Essi non erano degli attivisti, ma erano dedicati ad uno scopo al punto che riconosciamo la bellezza delle loro opere non per un effetto calcolato, ma per una nostra corrispondenza di intenzione. Infatti, “Noi riconosciamo il nostro sangue in ogni cosa. E’ l’unico modo di percepire i fenomeni”, come diceva Mendelsohn.
Il gusto del bello non si ferma alla superficie, alla forma visiva, ma cerca corrispondenza in molte altre cose: nella storia dell’edificio, nel suo rispondere ai limiti cui è soggetto, nell’intenzione iniziale di chi l’ha voluto e realizzato, nei ragionamenti che suscita in chi lo guarda. L’immediatezza va fuggita, la complessità va ricercata.

giovedì 26 marzo 2015

Cueva de las manos, Argentina


Che cosa fa sì che l'uomo sia uomo? In che modo possiamo giudicare
che un determinato segno sia testimonianza della sua presenza? Allo stesso
modo del poeta John Keats davanti ad un'urna greca, ci soffermiamo di
fronte all'evidenza della presenza dello spirito umano. La “Caverna delle
mani” in Argentina sfida tutte le nostre idee sull’uomo, su ciò che ci
aspettiamo da lui, su ciò che di lui immaginiamo quando pensiamo al
nostro passato e alla nostra origine. Ci pone davanti a un mistero. Datata
attorno al 9,000 a.C., ha la particolarità di non presentarci un disegno
isolato, ma la persistenza di un gesto: ripetutamente, come se fosse la
prima volta, come se non perdesse nulla del suo significato nel suo ripetersi,
come se la sua novità fosse sempre garantita. E niente ci nega che
ogni gesto sia genuino; al contrario, lo sottolinea in un modo che va oltre
la nostra immaginazione. La sua persistenza è l'antidoto contro qualsiasi
tipo di concettualizzazione, come se, parlando di una mano, dicessimo
“che è sempre una mano, ma mai questa mano”. Che siano rappresentazioni
magiche può essere un fatto eccezionale, ma ciò che è veramente
sorprendente è la loro totale fiducia nella scoperta della propria unione
con la realtà, proprio nel racconto di un vincolo tra la realtà e la rappresentazione,
senza il dubbio o la possibilità del fallimento, quasi come se
il vincolo che li unisce fosse così saldo da poter sfidare qualsiasi tipo di
prova. Guardando la “Caverna delle mani”, ci viene da pensare che parte
dell'opera rimanesse impressa nell'uomo stesso, mantenendo un vincolo
segreto, misterioso, che agiva in modo nascosto ma evidente a tutta la
comunità. Questa unità che ci racconta può sembrarci semplice fantasia,
rappresentazione o mito superato. Non importa. Il desiderio di abbracciare
la realtà così come abbracciamo un amico non ha perso attualità da
allora, e quelle mani ci dicono che ci sono stati altri che si sono affidati a
questo desiderio.

Carlos C., da The Others International, anno diciottesimo, n. 18

mercoledì 25 marzo 2015

Cahiers: complessità

Ogni settimana, un disegno originale tratto dai taccuini dello staff di DaSeyn.


Leone

venerdì 20 marzo 2015

Le città impossibili: i Tulou


I Tulou sono un tipo di abitazione collettiva per contadini, configurato come un cerchio di mura che racchiude un cortile; si sono sviluppati in Cina tra il XII ed il XX secolo. La forma di questa costruzione risponde al tempo stesso alle funzioni di abitazione collettiva e di fortezza. I singoli alloggi sono spicchi dell'anello murario, e si configurano su più piani raggiungibili da un ballatoio. Città intere sono formate da Tulou - città che sono insiemi di comunità.




giovedì 19 marzo 2015

Photographers Create Meticulously Faithful Dioramas of Iconic Photos

Making of “The Wright Brothers” (by John Thomas Daniels, 1903)
wright

“The Wright Brothers” (by John Thomas Daniels, 1903)

It all started with a joke—a rather ironic challenge, if you will, to recreate the world’s most expensive photograph: Andreas Gursky’s Rhein II. Because for commercial photographers Jojakim Cortis and Adrian Sonderegger, that meant tolling away in their spare time when money wasn’t coming in to recreate a photograph that had just sold for $4.3 million. This was the beginning of Ikonen, an ambitious project to meticulously recreate iconic historical scenes in miniature. The ongoing project includes immediately recognizable shots—the Wright Brothers taking flight, the Lock Ness Monster poking its head out, “Tank Man” halting tanks during the Tiananmen Square protests—because the images have been seared into our collective memory.

mercoledì 18 marzo 2015

Mosaico romano rinvenuto nella cripta della cattedrale di Reggio Emilia


REGGIO EMILIA  Tra Bologna e Piacenza non c’è forse mosaico di IV secolo d.C. più importante di quello scoperto nella cripta della Cattedrale di Santa Maria Assunta di Reggio Emilia, un tappeto di pietra con raffinate scene mitologiche, danzatori, animali e motivi vegetali e geometrici tra i più interessanti di tutta l’Italia settentrionale per dimensione, raffinatezza e tecnica di realizzazione.

Sarà esposto per la prima volta al pubblico nel Museo Diocesano di Reggio Emilia (Via Vittorio Veneto 6) a partire dal 21 marzo 2015 in occasione della XXIII edizione delle Giornate FAI di Primavera e del XXI Colloquio Aiscom. Dopo il ritrovamento è stato restaurato e portato così a nuovo splendore.

Via Gazzetta di Reggio


Walking through narrow spaces


An Embroidery of Voids / Daniel Crooks from Colossal on Vimeo.

martedì 17 marzo 2015

Cahiers

Ogni settimana un disegno originale dai taccuini dello staff di DaSeyn.


Hassan

domenica 15 marzo 2015

Tributes to Frei Otto, winner of the 2015th Pritzker Price

Tributes to Frei Otto

Lord Peter Palumbo, Chair of the Jury of the Pritzker Architecture Prize
Time waits for no man. If anyone doubts this aphorism, the death yesterday of Frei Otto, a titan of modern architecture, a few weeks short of his 90th birthday, and a few short weeks before his receipt of the Pritzker Architecture Prize in Miami in May, represents a sad and striking example of this truism. His loss will be felt wherever the art of architecture is practiced the world over, for he was a universal citizen; whilst his influence will continue to gather momentum by those who are aware of it, and equally, by those who are not.

lunedì 9 marzo 2015

Tomàs de Merlo, Cristo nel Sinedrio


Un quadro che si trova ora in quella che era la più grande università di filosofia del Guatemala. La scena è subito comprensibile, anche se la qualità della fotografia non permette di leggere: ciascuno dei membri del Sinedrio giustifica dottamente la condanna di Gesù, argomentando in mille modi la sua colpevolezza. Solo Nicodemo lo difende: "Perchè giudicarlo nel Sinedrio?", dice?
Per eliminare un uomo scomodo, si usano gli stessi argomenti che egli usa; si parla di Dio; si prende la religione a giustificazione delle guerre della frutta e della verdura.

Cahiers: Spazio/tempo


Ogni settimana un disegno originale tratto dai taccuini dello staff di DaSeyn.


Enrique Butz.

domenica 8 marzo 2015

San Salvador città

E' difficile, andando a San Salvador, capitale dello stato centroamericano di El Salvador, che il vedere la città non si trasformi nel classico turisticheggiare sulla povertà, il fotografare muri scrostati che piacciono solo agli europei, per quella loro atmosfera da altri tempi. Purtroppo, non si può fare finta di non essere noi stessi, perciò quello che ho visto e il mio distinguere il bello dal brutto è sicuramente falsato da questo intellettualismo.

martedì 3 marzo 2015

Gráfica guerrillera



Il Centro de Información, Documentación y Apoyo a la Investigación (CIDAI) della UCA di San Salvador contiene un vasto archivio di manifesti, volantini e documenti appartenenti ai principali movimenti sociali e di guerriglia degli anni precedenti e di quelli durante la guerra di El Salvador.
In questi manifesti si nota, in primo luogo, un interesse per la politica come lotta quotidiana contro "los de arriba"; lotta che porta ad una solidarietà con ogni uomo schiacciato dal potere, a prescindere dai confini nazionali. 
La  storia raccontata dal Natale, quella di una famiglia scacciata, è per questi grafici fonte di immedesimazione radicale, e nasce così lo slogan: Lottiamo contro gli Erodi di oggi.


lunedì 2 marzo 2015

Cahiers - bossa nova punk

Ogni settimana un disegno originale tratto dai taccuini dello staff di DaSeyn.

Leone