sabato 31 dicembre 2011

DIALOGO DI UN VENDITORE DI ALMANACCHI E DI UN PASSEGGERE

Da Thegreateachers, Buon anno a tutti

di Giacomo Leopardi (Operette Morali)

Venditore. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?
Passeggere. Almanacchi per l'anno nuovo?
Venditore. Si signore.
Passeggere. Credete che sarà felice quest'anno nuovo?
Venditore. Oh illustrissimo si, certo.
Passeggere. Come quest'anno passato?
Venditore. Più più assai.
Passeggere. Come quello di là?
Venditore. Più più, illustrissimo.
Passeggere. Ma come qual altro? Non vi piacerebb'egli che l'anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?
Venditore. Signor no, non mi piacerebbe.
Passeggere. Quanti anni nuovi sono passati da che voi vendete almanacchi?
Venditore. Saranno vent'anni, illustrissimo.
Passeggere. A quale di cotesti vent'anni vorreste che somigliasse l'anno venturo?
Venditore. Io? non saprei.
Passeggere. Non vi ricordate di nessun anno in particolare, che vi paresse felice?
Venditore. No in verità, illustrissimo.
Passeggere. E pure la vita è una cosa bella. Non è vero?
Venditore. Cotesto si sa.
Passeggere. Non tornereste voi a vivere cotesti vent'anni, e anche tutto il tempo passato, cominciando da che nasceste?
Venditore. Eh, caro signore, piacesse a Dio che si potesse.
Passeggere. Ma se aveste a rifare la vita che avete fatta né più né meno, con tutti i piaceri e i dispiaceri che avete passati?
Venditore. Cotesto non vorrei.
Passeggere. Oh che altra vita vorreste rifare? la vita ch'ho fatta io, o quella del principe, o di chi altro? O non credete che io, e che il principe, e che chiunque altro, risponderebbe come voi per l'appunto; e che avendo a rifare la stessa vita che avesse fatta, nessuno vorrebbe tornare indietro?
Venditore. Lo credo cotesto.
Passeggere. Né anche voi tornereste indietro con questo patto, non potendo in altro modo?
Venditore. Signor no davvero, non tornerei.
Passeggere. Oh che vita vorreste voi dunque?
Venditore. Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz'altri patti.
Passeggere. Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell'anno nuovo?
Venditore. Appunto.
Passeggere. Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest'anno, ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è d'opinione che sia stato più o di più peso il male che gli e toccato, che il bene; se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch'è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll'anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?
Venditore. Speriamo.
Passeggere. Dunque mostratemi l'almanacco più bello che avete.
Venditore. Ecco, illustrissimo. Cotesto vale trenta soldi.
Passeggere. Ecco trenta soldi.
Venditore. Grazie, illustrissimo: a rivederla. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi.

Fallece Ricardo Legorreta


Este viernes se confirmó la muerte en la Ciudad de México de Ricardo Legorreta, el arquitecto mexicano más reconocido a nivel internacional de las últimas décadas. Su obra, colorista y atrevida, compendia la arquitectura mexicana de esta época. En la actualidad trabajaba como coordinador de los nuevos trabajos para la preservación y conservación del Centro Nacional de las Artes (Cenart).
Nacido 1931, Legorreta ha ejercido durante más de 50 años como el mejor embajador de 'lo mexicano' en Estados Unidos, Europa y Asia. Con sus colores y formas únicas ha levantado construcciones de lo más variado: fábricas, museos, viviendas, ministerios, catedrales, zoos y universidades. En total, más de 100 proyectos llevan su firma en ciudades como Los Ángeles, Bilbao, El Cairo, Distrito Federal y Tokio.
Legorreta ha sido distinguido con los más importantes galardones del mundo de la arquitectura. El pasado noviembre recibió de manos del Emperador de Japón el Premio Imperial de las Artes, convirtiéndose en el primer latinoamericano en recibir tal distinción.
Nada más conocerse la noticia de su fallecimiento toda la clase política, incluido el presidente Felipe Calderón, y los más destacados intelectuales han ofrecido sus condolencias. Sus restos son velados en el Panteón Francés del Distrito Federal y la cremación tendrá lugar este sábado.

Una carrera brillante

Legorreta se licenció en arquitectura en la Universidad Autónoma de México (UNAM) en 1953. Desde entonces, comenzó una carrera brillante con obras como el Hotel Camino Real (en el Distrito Federal), erigido en colaboración con otro referente de la arquitectura mexicana: Luis Barragán.
A partir de ahí se encargó del edificio del TEC de Monterrey (DF) o el Papalote Museo del Niño (DF), una vanguardista construcción poliédrica en tonos azules que llama la atención en el gris y anodino 'periférico' que rodea la capital mexicana.
En la Ciudad de México, Legorreta fue uno de los pioneros en reciclar edificios históricos y convertirlos en museos, en recintos sociales y culturales de la actualidad. Así 'reiventó' el Palacio de Iturbide, el actual Club de Banqueros, el Antiguo Colegio de San Ildefonso o el zoológico de la capital mexicana.
Paralelamente, se encargó de dar forma a las oficinas de IBM, las fábricas de Kodak, Nissan y Renault, la catedral de Managua, el Museo del niño de Texas o el Ministerio de Exteriores de México. Legorreta fue, además,profesor en las universidades de Harvard, California, UNAM, Iberoamericana y Texas.

Contra el cliché

A lo largo de su trayectoria profesional, Legorreta mantuvo una filosofía fiel a la búsqueda de la luz y las formas genuinamente mexicanas, rehuyendo los estereotipos.
"Es una obligación de los nuevos arquitectos que proyecten sus ideas al mundo, pues en particular los mexicanos tienen un prestigio incomparable desde tiempos remotos por su amplio sentido de la estética. La arquitectura es parte de la vida social y da calidad de vida y los mexicanos tenemos muy clara nuestra visión de la estética. Por ejemplo, para un mexicano es muy importante el lugar donde trabaja, el color de su pared, y la luz de su ventana", subrayó.
Legorreta incluso llegó a recordar a muchos empresarios que creen que en el lugar de trabajo no hay que gastar dinero que es sabido que quien opera en un mejor ambiente produce más, señaló en una entrevista reciente.
El arquitecto declaró que cuando construyó la planta de Chrysler el porcentaje de gente que se iba de la empresa era menor que el de otras fábricas donde no hay luz natural. Es decir, la gente se sentía a gusto.
"La arquitectura mexicana tiene un prestigio en el extranjero muy superior al que le dan dentro del país. Desde tiempos inmemorables, México es líder en arquitectura. Me sorprende lo bien que es recibida. Por eso le digo a los jóvenes que no sólo es una oportunidad, sino un deber llevar la arquitectura a todo el mundo, porque su base siempre es humana. No podemos perder eso. La arquitectura mexicana es muy humana y representa una oportunidad para mostrar México al mundo"

venerdì 30 dicembre 2011

Monsieur Vincent


un film di Maurice Cloche, Francia 1947 con Pierre Fresnay e con la sceneggiatura di J.Anouilh (Becket) 

Il film sulla vita di san Vincenzo de’ Paoli è il racconto biografico di questo uomo che ha sempre agito secondo coscienza e con desiderio di portare a compimento quello che Dio gli mette davanti.

Fin dall’arrivo nel piccolo paese di Chatillon-Les-Lombes, dove prende il posto di curato, quando, mentre cammina per le strade, gli piovono pietre dalle case della gente atterrita dalla peste, il film mette al centro continuamente il contrasto tra la necessità di povertà fisica e morale di Vincenzo e l’austera e moralista autorità con la quale Vincenzo si confronta nella Francia del XVII secolo.

Nato nella povertà, venduto come schiavo in Africa dopo essere stato rapito in mare da pirati turchi, ferito e divenuto poi medico e tuttofare sulla nave, fino a diventare consigliere fidato di regine, principi e nobili, che lo ricercano ovunque, lui si dedica ai più emarginati della terra.

Davanti al cardinale Richelieu infatti, che lo sta nominando Elemosiniere delle galere, afferma: “ho paura. Non posso accettare. Ho paura di ciò che voi chiamate “il mio successo”; sento l’essenziale sfuggirmi; ho avvicinato uomini grandi, convincerli a dare un po’ di denaro per i poveri; ma non ho più chiamato a nome un povero, non ne ho più visto il volto… Ho paura di essere su di una falsa strada”.

Ancora più straordinaria la sua capacità di usare la sua influenza per dare più peso alla coscienza sociale in Francia, cambiamento che ha portato i suoi effetti in tutta Europa e nel mondo; cinque secoli prima Francesco d’Assisi, nato da genitori possidenti, ha portato avanti una rivoluzione volta a unire uomini e donne e insegnare loro a vivere come mendicanti; Vincenzo brillò per un’altra rivoluzione; mettere insieme uomini e donne e insegnare loro a dare da mangiare e dare rifugio ai mendicanti. In un tempo in cui anche la società cristiana aveva dimenticato la carità, anche quella di base, l’innovazione di Vincenzo fu quella di organizzare la carità, per fondare istituti e ordini per il povero e il malato (opera che continua ancora oggi, non solo in ordini come quello delle Sorelle della Carità, ma in organizzazioni ed enti laici).

Monsieur Vincent celebra il dedicarsi, a senso unico, di un uomo verso la povertà, senza sentimentalismo verso l’oggetto della sua devozione e verso chi riceve la carità. Vincenzo stesso, mentre consiglia ai suoi compagni di guardare ai poveri come ai loro padroni, ammette francamente che essi sono “padroni terribilmente insensibili e pretenziosi…sporchi e brutti… ingiusti e sboccati”; ammette questo e poi aggiunge; “certo e più duramente noi dobbiamo servirli, più fortemente dobbiamo anche amarli”.

E Vincenzo, tramite gli occhi del regista, non risparmia la cecità e la follia dei ricchi: ogni volta che Vincenzo realizza sforzi per procurarsi risorse dei ricchi per aiutare i poveri, è frustrato da apatia, frivolezza, fastidio e orgoglio. Grazie alla simpatia che riscuote in numerose donne dell’alta società, forma le “Dames de la Carité”, le “Dame della Carità”, un gruppo di nobildonne parigine dedicate al sostegno del povero. Ma le Dame risultano essere più prese dalla natura esclusiva della loro posizione in società, che da quello che possono effettivamente fare. E con il tempo cominciarono a mandare i loro camerieri e la servitù a compiere il loro lavoro.

Finché non si presenta a Vincenzo una pastorella della campagna intorno a Parigi, ad offrire il suo aiuto: Margherita Nazeau fu la prima a fare comprendere a Vincenzo quello che non aveva ancora compreso: “è con i poveri che salverò il popolo”. Margherita fu la prima delle Serve dei Poveri, e presto non fu più sola. Cominciò una piccola comunità di queste “rivoluzionarie” religiose; non era concepibile che per queste religiose “il chiostro fosse la strada”

Vincenzo riesce ad ottenere dal Vescovo i terreni di Saint-Lazare dove mette in piedi un ospedale per malati e senzatetto; in seguito a una rissa scoppiata tra i mendicanti che ci contendono un misero giaciglio la comunità di Vincenzo de’Paoli viene espulsa dall’ospedale.

Qualche tempo dopo, quando viene promulgata una nuova legge del governo parigino che prevede l’arresto per poveri e mendicanti, a Vincenzo viene offerto di dirigere l’ospedale della carità degli istituti detentivi. Quello che sembrava un merito diviene un atto di accusa per avere attirato lui stesso a Parigi tutti i profughi e i vagabondi, proprio perché offre a loro rifugio. Comincia a raccogliere i bambini delle donne sole che vengono abbandonati davanti alle chiese, attirandosi i rimproveri delle Dame della Carità, che moralisticamente, ne criticano la necessità di salvare “i figli del peccato”, poiché “ripugna il nostro sentimento”. E anche le sue stesse religiose si rifiutano di seguire questa nuova opera, poiché “il peccato è troppo brutto”. L’ennesima sconfitta per Vincenzo che riconosce: “sono stato pazzo a credere di commuovere le vostre anime. Sono stato pazzo a credere di togliervi dalla vostra arida solitudine”. Sembra un paradosso, qualche anno dopo, vedere come un uomo solo abbia potuto realizzare contro tutta la sua intera società, opere che oggi ci risultano così normali e diffuse.

Poco prima della morte, confessando la regina di Francia ammette: “Io ho fatto così poco.” Ma allora che cosa bisogna fare nella vita per avere fatto qualcosa? Ancora di più. In fondo siamo sempre stati così negligenti”.

via ThegreaTeachers

PREMIO UNIÓN LATINA - MARTÍN CHAMBI DE FOTOGRAFÍA



El continuo cruce de culturas dibuja nuevos paisajes humanos que el universo familiar tiene la capacidad de reflejar.
Relatar esos paisajes a través del lenguaje fotográfico, esbozar el mundo contemporáneo, su revolución, su porvenir, este es el desafío lanzado a los fotógrafos y a su talento.
Fiel a su política cultural y poniendo su atención en las expresiones contemporáneas de la interculturalidad, la Unión Latina renueva su Premio Martín Chambi de la fotografía proponiendo a los artistas fotógrafos de los 36 Estados Miembros de la Organización el tema de la fotografía de familia.
Se les pide que representen a la familia de hoy con una mirada a la vez aguda y transversal.
 

REGLAMENTO
1° CONDICIONES DE PARTICIPACIÓN
Los participantes deben pertenecer a uno de los Estados miembros de la Unión Latina(1)  o residir en uno de ellos desde hace por lo menos 5 años. Los ganadores que hayan ya obtenido este premio no podrán volver a participar.
2° TEMÁTICA
Este año, el premio tendrá por tema la representación de la familia en sus más variadas definiciones. Los candidatos reflexionarán de manera libre, personal y creativa sobre esta noción en constante evolución.
3°MODALIDADES DE INSCRIPCIÓN
La inscripción es gratuita.
Las candidaturas deben estar constituidas por:
-una serie de 10 fotos unidas temática y estéticamente, en color o en blanco y negro, en un formato de 30 x 40 cms o 30 x 30 cms (el título de la fotografía, los nombres y apellidos del autor deberán figurar en el reverso de cada fotografía. Las fotos deben ser enviadas en un embalaje plano);
-una hoja de papel libre con nombres, apellidos, dirección completa, teléfono y/o dirección electrónica del autor;
-una fotocopia del documento de identidad;
-un curriculum vitae;
-un texto (30 líneas máximo) de presentación de la serie de 10 fotos enviadas.
El plazo de admisión de las obras se cerrará el 31 de marzo de 2012. El matasellos del correo dará fe de la fecha de envío. El envío de las obras deberá hacerse a la siguiente dirección:
UNION LATINE - Direction Culture et Communication
Prix Union Latine - Martin Chambi de Photographie
204 rue de Vaugirard
75015 París
FRANCIA
Los derechos de aduana correspondientes a las fotos enviadas deberán ser íntegramente abonados por el remitente, de lo contrario, las obras no serán admitidas a concurso. El remitente debe imperativamente declarar a la aduana un valor inferior a 10 euros o dólares y especificar que este envío no tiene valor comercial. Un acuse de recibo le será enviado por correo electrónico. Toda candidatura incompleta será rechazada.
Las obras no serán devueltas por los organizadores, pero quedarán a la disposición del artista en la sede de la Unión Latina, una vez el concurso terminado, hasta el 31 de diciembre de 2012.
Los datos personales comunicados por los candidatos serán exclusivamente utilizados en el marco del concurso y únicamente con fines de promoción cultural.
Asimismo, la participación en el concurso implica que el ganador ceda los derechos de la obra presentada a los organizadores para un posible uso a fines de promoción, comunicación, publicación y exposición en diferentes países miembros de la Unión Latina, hasta fines del 2013.
4° EL JURADO
Un jurado, compuesto por personalidades del mundo de la fotografía contemporánea et de la actividad cultural, se reunirá en abril 2012, en París, para deliberar.
La decisión del jurado es definitiva e inapelable. El ganador será informado por escrito.
5° EL PREMIO
El ganador beneficiará de:
- un monto de 5 000 €;
- un espacio de promoción en el sitio Internet de la Unión Latina con la presentación de las fotografías y los datos del autor. Para este fin, el ganador cederá sus derechos.
6° ACEPTACIÓN DEL REGLAMENTO
La participación del candidato a este concurso implica la aceptación completa del presente reglamento.
7° APLICACIÓN DEL REGLAMENTO
En caso de litigio, en cuanto a la interpretación de estas bases, sólo el texto en lengua francesa da fe.


giovedì 29 dicembre 2011

the DaSeyn journal!

Download the DaSeyn journal


Numero 1 de nuestra publicación...
para colaborar: daseyn200@gmail.com

Il primo numero della nostra pubblicazione mensile.
Per collaborare: daseyn200@gmail.com

the Daseyn journal #1. Collaborate with us:
daseyn200@gmail.com

La première édition de Daseyn journal. Rejoignez-nous: daseyn200@gmail.com

Die erste Ausgabe der Zeitschrift Daseyn. Begleiten Sie uns:daseyn200@gmail.com

mercoledì 28 dicembre 2011

Street Art Roma! Zona Ostiense...


Avete presente i quartieri Shoreditch di Londra o Bushwick di New York, celebri per le loro espressioni di Urban Art? Forse non lo sapete ma anche a Romapossiamo vantare di una zona dedicata all’arte di strada: il quartiere Ostiense. E i murales che sono stati recentemente dipinti tra le sue strade, credetemi, non hanno nulla da invidiare a quelli delle metropoli più moderne.
ostiense murales1 Rroma: Urban Art e creatività a Ostiense
Il quartiere Ostiense, da zona prettamente industriale, si sta trasformando sempre più in un luogo vivace e in continua evoluzione. Percorrendo le sue strade si possono ammirare dei veri esempi di Street Art, realizzati in occasione dell’Outdoor Urban Art Festival (edizioni del 2011 e 2010) da artisti italiani e stranieri.
ostiense 7399 Rroma: Urban Art e creatività a Ostiense
La nostra passeggiata inizia dal Ponte dell’Industria, rinominato dai romaniPonte di Ferro, che una volta serviva al passaggio dei treni merci. Da qui possiamo ammirare il “biondo Tevere” e un esempio di archeologia industriale, il famoso Gazometro.
ostiense 7409 Rroma: Urban Art e creatività a Ostiense
Dal Ponte di Ferro si arriva in via del Porto Fluviale dove si incontra il primo murale realizzato da Agostino Iacurci, che ricopre la  facciata della Pescheria Ostiense: una enorme figura che nuota, con tanto di occhialetti, cuffia e costume intero, in un mare ricco di pesci.
ostiense 7413 Rroma: Urban Art e creatività a Ostiense
Successivamente giriamo a destra per via del Commercio e ci addentriamo tra le stradine del quartiere: scopriamo la “Wall of Fame” di via dei Magazzini Generali, un murales lungo ben 60 metri realizzato dall’artista JB Rock, il quale rappresenta i volti dei personaggi più o meno celebri che hanno segnato la sua vita.
ostiense 7414 Rroma: Urban Art e creatività a Ostiense
Riconosciamo tra i tanti Barack Obama, Quentin Tarantino, Elvis Presley, Ray Charles, Spike Lee e Sergio Leone.
ostiense 7411 Rroma: Urban Art e creatività a Ostiense
Anche sulla parete di fronte è presente una galleria di ritratti intitolata “Black and White Power“, ma questa volta si tratta di persone comuni. La realizzazione è opera di Lex&Sten.
ostiense 7418 Rroma: Urban Art e creatività a Ostiense
Ritorniamo su via del Commercio e percorrendola fino in fondo arriviamo proprio davanti la centrale del gas dove troviamo l’opera di Kid Acne: “Paint over the cracks” ovvero dipingi sopra le crepe, una gigantesca scritta per esprimere la forza dell’arte e della creatività sulle rovine e l’oblio dei nostri tempi.
ostiense 7427 Rroma: Urban Art e creatività a Ostiense
Ci dirigiamo poi a via del Gazometro. All’incrocio con via del Porto Fluviale, agganciata a un palazzo, troviamo un’opera di Knitting Art, realizzata dalle italiane Maria Carmela Milano e Federica Terracina. Peccato che l’opera originale fosse molto più estesa e particolare di questa che possiamo vedere oggi, probabilmente una parte è stata rubata.
ostiense 7431 Rroma: Urban Art e creatività a Ostiense
La costruzione vicino a questa opera accoglie invece l’allestimento di Chiara Fazi. Si tratta di sei tavole formato maxi che rappresentano le scene di alcuni film, tre italiani, Blow UpNuovo Cinema Paradiso e Marrakesh Express, tre stranieri, Ritorno al FuturoMatrix e Il laureato. Come ha spiegato l’artista, questi film sono stati scelti perché i personaggi principali sono chiamati a fare una scelta importante che cambierà radicalmente le loro vite.
ostiense 7435 Rroma: Urban Art e creatività a Ostiense
Ultima tappa del nostro tour “urban-artistico” è via delle Conce dove si trova il murale realizzato dal brasiliano Herbert Baglione. Si tratta di figure in bianco e nero che simboleggiano i temi della vita e della morte, dell’ordine e del caos.
ostiense 7436 Rroma: Urban Art e creatività a Ostiense
Concludiamo qui la nostra passeggiata al quartiere Ostiense, prima di andare via però vi consigliamo di fare un salto da Doppio Zero o al Caffè Letterario, due locali davvero imperdibili. Ma di questi ve ne parleremo al prossimo Urban Safari!
cartina ostiense Rroma: Urban Art e creatività a Ostiense
via nuok

A Yoga Sand Sculpture and Time-Lapse Video


A Yoga Sand Sculpture and Time Lapse Video yoga sculpture sand art

A Yoga Sand Sculpture and Time Lapse Video yoga sculpture sand art
A Yoga Sand Sculpture and Time Lapse Video yoga sculpture sand art
Similar to a camera capturing multiple exposures in a single image, artist Katie Grinnancreated this sculptural time-lapse of her body moving through a daily yoga routine using sand, plastic, and enamel. The end result is representative of both time and form as each split second is layered onto the last creating what is both a singular figure and many. Ginnan describes this as an exploration of “peripersonal” space. “Mirage focuses on the concept of peripersonal space, the space that your body encompasses at its most extended point in every direction, which describes the body’s potential boundary.” Images courtesy Brennan and Griffin. If you like this, make sure you’re familiar with the works of Sukhi Barber and Paige Bradley.

La Cittá: paura e desiderio. Il diavolo,probabilmente - Robert Bresson 1977

Christmas Greetings by Denis Smith

Minna no Ie


Designed by Mamm-Design

via spoon-tamago

martedì 27 dicembre 2011

L'imprevisto é la sola speranza: Pane Pace Lavoro

Quest'anno Daesyn era arrivato al giorno di Natale con il cuore un po' amareggiato.

Ma come spesso accade l'imprevisto ci ha salvati. Avevamo già scovato questo movimento chiamato Pane Pace e Lavoro sul web, grazie ai suoi bellissimi manifesti. Passeggiando di ritorno da un lungo viaggio per la fredda Via Emilia, ci siamo imbattuti in questa manifestazione...d'accordo avevamo visto il loro sito e ci siamo precipitati all'appuntamento, ma il risultato è stata una rinascita.
Riportiamo il messaggio letto in un piccolo ma solido megafono, gridato in faccia al rifiuto di un senso per la vita. Esso riguarda tutte le "etichette di Daseyn", poiché tutto é cultura, poiché ogni piccola cosa ha sete di un significato. E' grazie alle persone come quelli che animano questo PPL che Daseyn non dispera e lentamente resiste. In uno striscione si leggeva: "Benvenuto straniero", ci facciamo lo stesso augurio per l'anno a venire : "Che tu, Altro, sia ancora il benvenuto".

La redazione






Manifestazione di Pane Pace Lavoro – Reggio Emilia, sabato 24 dicembre 2011, ore 17.00 via Emilia San Pietro.

In questo Natale guardiamo alla nostra società e ci chiediamo se il mondo non sia ormai diventato una “ditta universo”, poiché l’economia impera su tutto e tutti: nei rapporti tra le persone, nelle decisioni, nel lavoro e nell’educazione. Per noi il Natale è il momento in cui si ricorda la nascita di colui che mostrò la possibilità di una vita da vivere non nella solitudine dell’individualismo e del privato, ma nell’unità di una compagnia fra gli uomini, capace di costruire una società ed una convivenza più giusta. Una politica nuova è oggi una necessità vitale davanti agli occhi di tutti, una politica che scardini gli interessi di classi e corporazioni, una politica di attenzione all’umano e non di sopruso.


Davanti alle imposizioni dell’alta finanza torniamo, perciò, a pensare a che cosa domandare alla politica e ad unirci per chiedere insieme che chi ne ha il potere, dagli amministratori ai politici, passando per i datori di lavoro e per quanti dirigono la società civile, imposti il suo operato sulla giustizia e sulla libertà. Chiediamo quindi che si ricominci a pensare la politica da queste tre parole: pane pace e lavoro.
Il pane: osservando con lo sguardo limitato del nostro locale benessere, ci pare di andare verso uno sviluppo tecnico senza sosta; ma, alzando lo sguardo e allargando l’orizzonte, non possiamo non renderci conto del fatto che, per essere tale, questo nostro sviluppo deve produrre, altrove, distruzione sia naturale che umana.
La pace: le guerre di oggi hanno cause di “pane”, cause eco-economiche. Le guerre di cui il mondo è pieno sono solitamente precedute da embarghi violentissimi: gli eccidi africani, la spartizione coloniale della zona del Golfo, i massacri in Cecenia e i “golpe” latinoamericani. Allora, in nome di questo “ordine” mondiale, si interviene, contraddittoriamente, con le armi per portare la pace. La pace come sistema implica invece un distacco dalle armi.
Il lavoro: l’uomo lavora per produrre ciò che serve a lui e agli altri uomini, lavora per il bisogno intrinseco che ha di esprimersi in ogni azione con energia finalizzata, lavora per aiutare chi è più povero. Nella società attuale, se si vuole che l’uomo sempre più si realizzi, devono essere valorizzati e aumentati continuamente la responsabilità e l’impegno nel lavoro d’invenzione, soprattutto per le giovani generazioni, cioè in un lavoro che corrisponda alla scoperta dei veri bisogni e susciti lo sviluppo dei bisogni umani dell’umanità, con attenzione d’amore a tutto.
Sarà questo l’unico modo per poter affrontare l’attuale crisi economica senza dover schiacciare nessuno per mantenere i privilegi di pochi, gettando le basi di una società in grado di sostenere e valorizzare ogni sua componente.
Pane Pace Lavoro, Natale 2011

Comizio PPP




"E nel senso di perdita del proprio
corpo, che dà un'angoscia improvvisa,
in silenzio al fianco mi si scopre

un compagno. Con me, intento e indeciso,
si muove tra la ressa, con me guarda
nei visi questa'gente, con me il misero

corpo trascina tra petti che coccarde
colmato di vile orgoglio. Poi su me
posa lo sguardo. Tristemente gli arde

col pudore che ben conosco; ed è
cosi mio quello sguardo fraterno !
cosi profondamente familiare, nel

pensiero che dà a questi atti senso eterno ! ..."

Comizio - P.P.Pasolini

giovedì 22 dicembre 2011

Carved Book Landscapes by Guy Laramee


Carved Book Landscapes by Guy Laramee sculpture paper books art

(click images for detail)
Carved Book Landscapes by Guy Laramee sculpture paper books art
Carved Book Landscapes by Guy Laramee sculpture paper books art
Carved Book Landscapes by Guy Laramee sculpture paper books art
Carved Book Landscapes by Guy Laramee sculpture paper books art
Carved Book Landscapes by Guy Laramee sculpture paper books art
Carved Book Landscapes by Guy Laramee sculpture paper books art
For the better part of three decades multidisciplinary artist Guy Laramee has worked as a stage writer, director, composer, a fabricator of musical instruments, a singer, sculptor, painter and writer. Among his sculptural works are two incredible series of carved book landscapes and structures entitled Biblios and The Great Wall, where the dense pages of old books are excavated to reveal serene mountains, plateaus, and ancient structures. Of these works he says:
So I carve landscapes out of books and I paint Romantic landscapes. Mountains of disused knowledge return to what they really are: mountains. They erode a bit more and they become hills. Then they flatten and become fields where apparently nothing is happening. Piles of obsolete encyclopedias return to that which does not need to say anything, that which simply IS. Fogs and clouds erase everything we know, everything we think we are.
Laramee’s next show will be in April of 2012 at the Galerie d’Art d’Outremont in Montreal. (via kastormag)