giovedì 13 ottobre 2016

Nobel per la letteratura 2016 a Bob Dylan


Bob Dylan
The Nobel Prize in Literature for 2016 is awarded to Bob Dylan

"for having created new poetic expressions within the great American song tradition".

May God bless and keep you always
May your wishes all come true
May you always do for other
And let others do for you
May you build a ladder to the star
And climb on every rung,
May you stay forever young,
Forever young, forever young,
May you stay forever young.

May you grow up to be righteous,
May you grow up to be true,
May you always know the truth
And see the lights surrounding you.
May you always be courageous,
Stand upright and be strong,
May you stay forever young,
Forever young, forever young,
May you stay forever young.

May your hands always be busy,
May your feet always be swift,
May you have a strong foundation
When the winds of changes shift.
May your heart always be joyful,
May your song always be sung,
May you stay forever young,
Forever young, forever young,
May you stay forever young.

mercoledì 12 ottobre 2016

I nostri venticinque lettori

Pensino ora i miei venticinque lettori che impressione dovesse fare sull’animo del poveretto, quello che s’è raccontato. Lo spavento di que’ visacci e di quelle parolacce, la minaccia d’un signore noto per non minacciare ...

Alessandro Manzoni, I promessi sposi


martedì 11 ottobre 2016

Kendrick Lamar e la città

Kendrick Lamar, autore degli album più acclamati degli ultimi anni (To pimp a butterfly è fra i primi cinque posti in qualsiasi classifica dei migliori album del 2015), non è un musicista lineare. Per ascoltare un suo album o un suo pezzo ci vuole un certo impegno: basi che cambiano ogni 30 secondi circa, interruzioni brusche, frasi parlate, flow velocissimo, un'atmosfera anni 70, tra il soul e il progressive, molto acida.
Il video di Alright, diretto da Colin Tilley, forse ci introduce un po' nella comprensione della testa di Kendrick (mettete a schermo intero):


Nel video, in diversi pezzi, Kendrick si trova sopra la città: in una macchina portata a spalla dai poliziotti, appollaiato su un semaforo, o camminando a mezz'aria. In generale, mentre per tutti la città viene vista o dalla strada o da una finestra, lui fa di tutto per vedere le cose da quei punti per la cui visuale la città non è stata progettata. 
Immaginiamo quindi che veda fatti che di solito non si vedono, e prospettive stradali diverse, e che venga a conoscenza di come sono fatti certi oggetti. Nel testo di Alright dice:

Che vuoi? Una casa o una macchina,
40 acri e un mulo, un pianoforte, una chitarra?
Qualsiasi cosa, davvero. Sai, mi chiamo Lucy2, sono la tua cagna,
Figlio di puttana, puoi vivere in un centro commerciale.
Vedo il male, lo capisco, so che è illegale
Ma non ci penso, metto in banca ogni piccolo zero.
Penso al mio amico che ha ridipinto e cromato la sua Regal.
Scavarmi nelle tasche non è un profitto, riesco a malapena a darti da mangiare.
La mia logica sta nel guadagnare almeno un dollaro in più al giorno
Per tenerti qua con il tuo chico.
Non ne parlo, non lo faccio vedere ogni volta che vedo qualcosa di figo.
Se è mio è anche tuo – paradiso, riesco quasi a toccarti.
Accarezzo, accarezzo, accarezzo il mio cane, tutto qua.
Mi rilasso e ci chiacchiero, spaccio per tutti voi.
Faccio rap, sono nero e sono sulla strada giusta – statene certi,
Scriverò dei miei gesti giusti e sbagliati finché non mi sentirò in pace con Dio.

“Avete visto?
Siamo stati male in passato,
Negri, quando non credevamo in noi stessi.
Guardavamo il mondo e ci dicevamo, “Da che parte andiamo?”
Negri, e odiamo la polizia
Che sembra ci voglia ammazzare per le strade.
Negri, sono alla porta del prete,
Mi tremano le ginocchia e potrebbe partirmi un colpo –
Ma andrà tutto bene.”

Negro, andrà tutto bene.
Negro, andrà tutto bene.
Mi senti, mi capisci? Andrà tutto bene.
Negro, andrà tutto bene.
Eh? Andrà tutto bene.
Negro, andrà tutto bene.
Mi senti, mi capisci? Andrà tutto bene.

E questo "alright" è ironicamente pessimista o è realisticamente realista? Il fatto è che lui vede la città da sopra un semaforo, per cui sa cose che altri non sanno. Che sappia veramente che tutto andrà bene?

martedì 4 ottobre 2016

Unsung Hero: Yoshikatsu Tsuboi

Yoshikatsu Tsuboi

Yoshikatsu Tsuboi (1908 – 1980)

Many of these images in this post were taken from the book Kenzō Tange: Architecture for the World, Edited by Seng Kuan and Yukio Lippit, in cooperation with Harvard University Graduate School of Design. For me, the most interesting chapter was the one written by Mamoru Kawaguchi, project leader for Yoshikatsu Tsuboi, Chief Engineer for the Yoyogi National Olympic Stadiums.

lunedì 3 ottobre 2016

In qualsiasi altro punto!


   E allora, dove? In qualsiasi altro punto. Questa è la risposta a chi, ascoltata la vostra critica su un oggetto posto in modo da formare una simmetria, vi chiede dove situarlo. In qualsiasi altro punto. Ne esiste solo uno radicalmente sbagliato: quello che si sceglie "spontaneamente", rigurgitando le convenzioni ataviche, introiettate nell'inconscio.
   Possiamo avvalerci di un esempio ancor più modesto di una finestra, con cui è agevole sperimentare: un quadro. Ecco una parete: dove appenderlo? Ovviamente, nel mezzo. Ebbene, in qualsiasi altro punto, a destra, a sinistra, più in alto o più in basso, ovunque meno che lì. Nel mezzo, spezza la parete in parti uguali, ne decurta le dimensioni visuali, le umilia, si lascia incorniciare dal muro isolandosi, invece di spaziare e far respirare l'ambiente.
   (...)
   Una stanza. Dove entrare? In qualsiasi altro punto che non sia nel mezzo di una parete. Ne bipartiremmo lo spazio. Anzi, in qualsiasi altro punto vuol dire nel punto convenientemente più decentrato, affinché si esalti la diagonale, la massima profondità. Per accentuare la visione in diagonale, perché non distaccare la porta d'ingresso dal piano della parete, inclinandola? Ottimo, la risemantizziamo, differenziandola dalle altre.
   La stessa stanza. Dove illuminarla? In qualsiasi altro punto che non sia al centro, onde non tripartire l'ambiente con una zona rischiarata tra due buie ai lati. Risemantizziamo la finestra in funzione dello spazio interno, qualificando la luce. Non v'è panorama su cui affacciarsi: allora, nastro a filo di pavimento, nastro (di altezza diversa, per evitare la simmetria) a filo di soffitto, nastri agli angoli per illuminare i piani. Nel prospetto della stazione di Roma, troviamo due asole di luce per piano, all'altezza della scrivania e del soffitto; dispositivo soddisfacente benché classicizzato da un'eccessiva allitterazione. Qualora si abbia la possibilità di aprire finestre da ambo i lati, non siano mai contrapposte: s'illuminerebbero a vicenda invece di portare luce nello spazio. Osservate la sala dei Mesi nella delizia di Schifanoia a Ferrara: ad ogni finestra corrisponde, di fronte, un pieno, sicché la luce irrora magnificamente i celebri affreschi estensi.

Bruno Zevi, Il linguaggio moderno dell'architettura