mercoledì 12 maggio 2010

Paul Gauguin, Visione dopo il sermone


Paul Gauguin, Visione dopo il sermone: cm. 73 x 92, Edimburgo, National Gallery of Scotland

Come quelle ragazze dagli abiti tradizionali, ci si chiede chi siano quei due personaggi che lottano. Alcune di loro credono di averlo capito e si inginocchiano. Quella di profilo, in primo piano, lascia invece che il fatto si spieghi da solo, senza interpretazioni, e ha il viso tutto teso a capire.
Gauguin dipinge la lotta di Giacobbe con l’angelo, raccontata dalla Genesi. Le pennellate veloci che danno vita ai due corpi non esprimono tuttavia un’apparizione eterea e celeste; quel essere alato, ci colpisce più per il gesto deciso delle braccia che costringono Giacobbe a piegarsi, piuttosto che per quelle ali.
Giacobbe era un uomo accomodato, presuntuoso in quanto certo di potersi "fare da solo", il quale però in gioventù, momento in cui il destino di ognuno mette le se basi, riceve una promessa da Dio ("Ecco: io sono con te e ti custodirò dovunque andrai"). Ma Giacobbe, il cui nome è traducibile con la parola “inganno”, vorrà dimenticare quella promessa, e continua come se nulla fosse successo, come chi si crede senza padre. Quella promessa torna solo nei momenti di dolore, quando i fatti, la vita, la minaccia della vendetta di suo fratello Esaù, lo mettono alle strette. Proprio la notte prima del giorno fissato per rincontrare suo fratello, e trovare, forse, la morte, Giacobbe resta solo sulla riva del fiume, ha paura, e si ricorda della promessa di quel dio dimenticato. Cerca protezione in un dio che non esiste, gioca, insomma, la carta della “religione”, affinché la divinità si schieri dalla sua parte. Egli invoca, in realtà, un dio inventato.
Ed è invece un uomo (il racconto della Genesi non parla di angeli né di visioni) che lo viene a visitare nella notte, lungo la riva di quel fiume, durante il momento della sua personale angoscia umana. E Giacobbe sa di dover lottare, fisicamente, contro di lui, fino allo spuntare dell’alba. Non si tratta di una lotta “spiritualista” o intimistica. Il Dio che lotta si presenta come uomo, entra nel fatto, concretamente e terrenamente. Ci si chiede allora, (come quelle ragazze olandesi che assistono all’episodio che avviene nella loro quotidianità, dopo il sermone domenicale), come sarebbe la vita se quel Dio che si espone nei fatti umani esistesse, se quelle promesse riguardassero l’oggi, e se decidessimo di accettare la nostra lotta con lui, Dio, non più immaginato, ma presente. "Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto", dice Giacobbe a quel uomo, come per dire: combatterò finché tu non sarai compagnia ai miei giorni".

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