venerdì 29 novembre 2013

Canzone dell'appartenenza Giorgio Gaber


L'appartenenza
non è lo sforzo di un civile stare insieme
non è il conforto di un normale voler bene
l'appartenenza è avere gli altri dentro di sé.

L'appartenenza
non è un insieme casuale di persone
non è il consenso a un'apparente aggregazione
l'appartenenza è avere gli altri dentro di sé.

Uomini
uomini del mio passato
che avete la misura del dovere
e il senso collettivo dell'amore
io non pretendo di sembrarvi amico
mi piace immaginare
la forza di un culto così antico
e questa strada non sarebbe disperata
se in ogni uomo ci fosse un po' della mia vita
ma piano piano il mio destino
é andare sempre più verso me stesso
e non trovar nessuno.

L'appartenenza
non è lo sforzo di un civile stare insieme
non è il conforto di un normale voler bene
l'appartenenza
è avere gli altri dentro di sé.

L'appartenenza
è assai di più della salvezza personale
è la speranza di ogni uomo che sta male
e non gli basta esser civile.
E' quel vigore che si sente se fai parte di qualcosa
che in sé travolge ogni egoismo personale
con quell'aria più vitale che è davvero contagiosa.

Uomini
uomini del mio presente
non mi consola l'abitudine
a questa mia forzata solitudine
io non pretendo il mondo intero
vorrei soltanto un luogo un posto più sincero
dove magari un giorno molto presto
io finalmente possa dire questo è il mio posto
dove rinasca non so come e quando
il senso di uno sforzo collettivo per ritrovare il mondo.

L'appartenenza
non è un insieme casuale di persone
non è il consenso a un'apparente aggregazione
l'appartenenza
è avere gli altri dentro di sé.

L'appartenenza
è un'esigenza che si avverte a poco a poco
si fa più forte alla presenza di un nemico, di un obiettivo o di uno scopo
è quella forza che prepara al grande salto decisivo
che ferma i fiumi, sposta i monti con lo slancio di quei magici momenti
in cui ti senti ancora vivo.

Sarei certo di cambiare la mia vita se potessi cominciare a dire noi.

mercoledì 27 novembre 2013

"Head on", by Cai Guo-Qiang, 2006

Guo-Qiang’s famous airborne cascade of 99 wolves titled Head On, where the animals seem to launch themselves into the air only to crash into a large glass wall and begin the cycle again. You can see more behind-the-scenes photos in the video above and on the artists blog. Falling Back to Earth runs through May 11, 2014.

Ipse Dixit: Leopardi

E quando miro in ciel arder le stelle;
dico tra me pensando:
a che tante facelle?
Che fa l'aria infinita, e quel profondo
infinito seren? Che vuol dire questa
solitudine immensa? Ed io che sono?

domenica 24 novembre 2013

Bertolt Brecht, à propos de Mère Courage et ses enfants



ENTRETIEN AVEC UN JEUNE SPECTATEUR

LE SPECTATEUR : Certains ont dit qu’à la fin la pièce n’est pas tout à fait juste, parce qu’elle termine sur le fait que la cantinière, en dépit des malheurs qu’elle a eus, n’a rien appris.

L’ÉCRIVAIN DE THÉÂTRE : Regarde autour de toi ; il y a assez de gens auxquels la guerre a apporté le malheur. Combien d’entre eux ont-ils appris quelque chose ? Je veux dire : appris eux-mêmes, sans aide, comme la Courage le devrait ?

LE SPECTATEUR : Tu veux dire que tu entends simplement montrer la vérité ? 

L’ÉCRIVAIN DE THÉÂTRE : Oui, la Guerre de trente ans est l’une des premières guerres gigantesques que le capitalisme a attirées sur l’Europe. Et, dans le capitalisme, pour l’isolé, que la guerre ne soit pas nécessaire, c’est monstrueusement difficile, car, dans le capitalisme, elle est nécessaire, c’est-à-dire pour le capitalisme. Ce système économique repose sur la lutte de tous contre tous, des grands contre les grands, des grands contre les petits, des petits contre les petits. Il faudrait donc déjà reconnaître que le capitalisme est un malheur, pour reconnaitre que la guerre apportant le malheur est mauvaise, c’est-à-dire inutile.   

Palazzo del Capitano e palazzo del Popolo, Todi

Nella Piazza del popolo di Todi, l'architettura medievale tocca uno dei suoi apici poetici grazie al complesso dei due palazzi laici dell'antico comune. 
Il Palazzo del Capitano è quello a sinistra, più antico, che si erge su una grande loggia che lo attraversa completamente, come in una villa modernista di Le Corbusier. Sfugge la simmetria con ogni espediente: l'ingresso a destra, l'assenza di una finestra centrale; perfino la nicchia della campana è appena spostata dall'asse centrale.
Poi arriva il Popolo, che con la scalinata fa lo sgambetto al Capitano e fa un passo in avanti. La scalinata è il centro della composizione di volumi, e serve gli ingressi ai due palazzi smistandoli a mezz'aria. L'ingresso del palazzo del Popolo non è neanche sulla facciata che dà sulla piazza, per non rovinare la facciata principale. Questa è simmetrica, al contrario di quella del Capitano, ma piena di contraddizioni. Partendo dal basso, vediamo due arcate, il cui pilastro di separazione "regge" la centrale di tre trifore (un vuoto, che non ha bisogno di sostegno); più in alto una finestrella solitaria, sotto ad altre tre trifore più grandi. 
Simmetria, ma niente logica: l'architettura medievale non si dà delle regole da rispettare, non ha dei canoni: è libera e funzionale, più dell'architettura contemporanea.


sabato 23 novembre 2013

Qual è il più famoso...?

...Quadro al mondo? - Facile, la Gioconda. Chiedi a chiunque e ti risponderà la Gioconda. Ma non è sempre facile capire, nell'umanità intera, qual è l'oggetto più famoso di una certa categoria. Esempio: qual è il film più famoso al mondo? "Via col vento"; "Titanic"; "Rocky"... Chi può dare la risposta univoca?Secondo http://www.filmsite.org/boxoffice.html, il film più popolare di tutti i tempi è Via col vento, seguito da Star Wars. 

sabato 16 novembre 2013

I minareti della stazione Termini

L'impiegato, lo studente, il turista, l'operaio, il manager entrano tutti insieme a Roma navigando nel fiume di binari, fra periferie verdi e marroni e case gialle di sei piani, tangenziali sopraelevate e murales bianchi e neri. Il rumore del treno che passa sugli scambi gli fa preparare borse e zaini, e guardare i finestrini. Nel caos visivo della Roma dai mille quartieri, le torri-serbatoio della stazione sono l'annuncio dell'arrivo. Due cilindri di marmo, con la scala elicoidale che si arrampica con un moto geometrico e lento come è ormai il treno: sono il più bel punto di riferimento che ci sia. Tutti, seguendo con l'occhio quella forma metafisica e irreale tanto è pura, si rendono conto della fine del viaggio e dell'inizio del lavoro. 
Due oggetti che materializzano lo stesso pensiero in un milione di persone ogni giorno.

mercoledì 13 novembre 2013

Catedral Metropolitana de San Salvador - Fachada

En el exterior de la Catedral, la fachada adquiere una importancia muy significativa. Se ha pretendido unir elementos proprios de la cultura occidental con otros de raices indigenistas, rapresentando en esa armonia integradora la realtad cultural del pueblo salvadoreño. De una parte se conservan los elementos tradicionales de las fachadas de iglesias coloniales; la portada remetida, la imagen del titular en una hornacina y un rosetòn circular con vidriera. Como elemento de contraste, que sin duda aporta una personalidad especifica a esta catedral, se puede apreciar un gran mural realizado en ceràmica por Fernando Llort y su taller "El àrbol de Dios", que constituyen la referencia mas significativa del arte salvadoreño actual.
En el mural de ceramica està representado alegòricamente el pueblo de Dios, el nuevo hombre y la nueva mujer con los instrumentos que utilizan para su trabajo, los àngeles guardianes, la paloma, simbolo de la paz y, coronando todo, una representaciòn de la ùltima cena. 

Rocky VI (Aki Kaurismaki, 1986)


martedì 12 novembre 2013

Giuseppe Sanmartino - Il cristo velato

Si trova a Napoli, nella cappella di San Severo e solo questa scultura meriterebbe un viaggio in quella città: prodigio di incontri e scontri depositati fin dentro le ossa di quelle vie, di quelle persone, di quei luoghi mitici e martirizzati. Antonio Canova era disposto a pagare un prezzo altissimo ( dieci anni della sua vita) pur di averla, pur che fosse riconosciuta sua, opera delle sue mani. Fu Raimondo di Sangro a commissionare l’opera al giovane scultore napoletano, che tenne in poco conto il precedente bozzetto in argilla del Corradini.

lunedì 11 novembre 2013

Glossario Daseyn E

Educare. è il processo con il quale, mentre si introducono le nuove generazioni alla realtà, si provoca in esse il destarsi del significato ultimo di quella realtà stessa. E' una passione , in senso pieno, politica, poichè desidera collaborare alla missione educativa storica di una "polis" e, perciò, alla società futura e al mondo.

martedì 5 novembre 2013

Snug mensola svuotatasche - by Giorgio Bombace

La morbida mensola che accoglie su soffici cuscini colorati lo smartphone, le chiavi e gli oggetti che quotidianamente ci portiamo in tasca prevenendo graffi e attutendo rumori.
Il progetto ritrae una mensola consolle da montare in casa o in uffico, all’ingresso o in qualunque stanza si voglia far scivolare su di essa, in maniera morbida e silenziosa, gli oggetti di prima necessità che oramai ci accompagnano nella quotidianità: chiavi, cellulari, ecc. Grazie infatti al profilo della sua geometria in sezione, disegnato quasi come il compluvio di un tetto ed alla integrazione sulla superficie superiore di una serie di piccoli cuscini, anche gli oggetti più delicati e acusticamente più fastidiosi, in qualsiasi ora e anche con un pizzico di distrazione, possono essere accolti al suo interno senza produrre rumori. La scansione geometrica dettata dalle variazioni cromatiche disponibili a catalogo nella scelta dei tessuti da rivestimento (un morbido feltro a tinta unita) aiuta peraltro il nucleo familiare a definire le proprie ‘aree’ di pertinenza, modificabili inoltre nel tempo semplicemente spostando i diversi cuscini, o addirittura, sostituendone il rivestimento. La mensola misura cm 25 x 90 x 5 di spessore, ed è costituita da un tamburato di rovere tinto naturale, montato con tasselli a scomparsa; delle semplici strisce di velcro aiutano invece a bloccare dei piccoli cuscini rivestiti in feltro nelle gamma di tinte unite disponibili nei principali cataloghi.

lunedì 4 novembre 2013

FIERROT LE POU


L’ultimo nastro di Krapp



Di Samuel Beckett
Regia, scena e ideazioni luci di Robert Wilson
20 ottobre 2013, Teatro dell’Arte

La serata inaugurale della stagione della nuova fondazione CRT Milano è stata affidata a uno dei più riconosciuti maestri dell’avanguardia teatrale, Robert Wilson.
La sua performance è stata infatti scelta come simbolo dell’ambizioso progetto di crossover tra nuove tecnologie digitali, arti dal vivo, arti visive e applicate che il CRT Milano ha intrapreso insieme alla Triennale per dare vita a una programmazione sui generis. Ecco perché al classico cartellone è stata preferito uno sguardo vivo sulla contemporaneità, uno sguardo capace di captare quello che accade attorno a sé : dalle iniziative delle Triennale stessa al panorama performativo italiano e internazionale.
Il luogo che ha sancito questa nuova collaborazione è stato il Teatro dell’Arte. Destinato a diventare teatro stabile di innovazione.
Dal vecchio Salone di via Dini che ospitò A Letter for Queen Victoria ai nuovi spazi restaurati della Triennale il regista texano ha dato ancora una volta prova del suo talento.
Proprio in occasione di A Letter for Queen Victoria Beckett si complimentò con Wilson per il testo frammentato e non sequenziale, lui che fu elogiato da Ionesco per essere andato più lontano di Beckett. Dopo molti anni Robert Wilson ha deciso di confrontarsi direttamente con un suo testo, L’ultimo nastro di Krapp. Sua la regia, suo l’allestimento, sua l’interpretazione in scena.
Le coincidenze e i rimandi non sono mai casuali. Forse come la pioggia che imperversa fuori dal Teatro dell’Arte e che scuote il pubblico in sala. Un inaspettato e assordante tuono apre infatti lo spettacolo così come lo scroscio della pioggia accompagna fastidioso per venti lunghi minuti la solitudine e il silenzio di Krapp.
L’impianto scenico e il disegno luci sono di grande impatto visivo. Un’installazione artistica - già di per sé - di particolare bellezza. Raggi di luce bianca piovono sul palco, irregolari e incessanti, illuminando a tratti e dando movimento al perimetro immobile dell’enorme scaffale-archivio alle spalle di Krapp, alla sua vecchia scrivania e ai due lunghi tavoli che, ai lati di questa e in penombra, ospitano da sempre pile e pile di documenti. Le finestre in alto si illuminano improvvisamente e si affievoliscono, seguendo il ritmo abbagliante delle saette.
Difficile in questa prima parte dello spettacolo per il pubblico distogliere lo sguardo dai movimenti di Krapp-Wilson, nonostante la loro lenta ripetizione o gli improvvisi scatti. Gesti stilizzati, condensati o dilatati nel tempo. Quello che li unisce è un’esatta pulizia formale. Il viso ricoperto di biacca, rosse le calze che indossa, l’effigie–clown di Beckett - espressionista e ieratica -  incontra il teatro Nô. La parola è qui assolutamente assente. 
Difficile invece nella seconda parte dello spettacolo, almeno per il pubblico seduto nel settore sinistro del teatro e non anglofono, seguire la proiezione dei sopratitoli senza distogliere troppo lo sguardo dal palcoscenico. La rumorosa pioggia si interrompe, lo scaffale-archivio esce dalla penombra inquietante in cui era, diventando con la sua geometria una presenza quasi opprimente e Wilson con maestria e grazie a un magnetofono dà vita ai frammenti reiterati di Beckett. Frammenti del flusso di coscienza di Krapp ormai settantenne e frammenti di una vecchia bobina, registrata esattamente trent’anni prima. Sempre il giorno del suo compleanno. Riascoltandosi continuamente, riavvolgendo il nastro più volte per sentire gli stessi passaggi o parti di questi, in cui con voce fiduciosa ed esuberante celebrava le sue ambizioni, accelerandosaltando quelli che non desidera ricordare, Krapp vecchio con amarezza e ironia fa il verso al Krapp giovane. Ride dei suoi sogni di gioventù e della felicità a cui ha rinunciato. E Wilson con un’ampia modulazione di voce accentua questo contrasto, mentre improvvisi e acuti effetti sonori sanciscono i drammi interiori e taciuti di Krapp.


Quando dirigo uno spettacolo creo una struttura nel tempo. Solo nel momento in cui tutti gli elementi visivi sono al loro posto viene creata una cornice che gli attori devono riempire. Se la struttura è solida, allora si può essere liberi al suo interno
Wilson, saltando e barcollando, immobile e ieratico, ricorrendo a smorfie o gesti stilizzati, sembra aver trovato il modo per muoversi liberamente nella struttura che Beckett ha saputo costruire ne L’ultimo nastro di Krapp.  
Un esercizio di stile e potenza, come qualcuno giustamente ha detto.

La nuova incisione è conclusa.



Speriamo quindi che il sodalizio tra Triennale e il CRT Milano continui ad essere così fruttifero.



L’ultimo nastro di Krapp
Di Samuel Beckett
Regia, scena e ideazioni luci di Robert Wilson
Costumi e collaborazione alle scene Yashi Tabassomi
Disegno luci A.J. Weissbard
Suono Peter Cerone e Jesse Ash
Collaborazione alla regia Sue Jane Stoker

Un progetto di Change Performing Arts
Commissionato da Grand Théâtre de Luxembourg, Spoleto52 Festival dei 2 Mondi
Prodotto da CRT Milano I Centro Ricerche Teatrali

venerdì 1 novembre 2013

Philippe Daverio intervista Jannis Kounellis


Al minuto 21:00:
Non so cosa vuol dire a livello illuministico "Les mademoiselles d'Avignon" (...) E' l'inizio di qualcosa di straordinario, e oscuro. E' un taglio. Forse più profondo di quello di Fontana. 
Quando pensi al taglio di Fontana non puoi non pensare al taglio di Gesù Cristo. E' molto vicino a quel Gesù drammatico che abbiamo la fortuna di avere, non dal punto di vista religioso, ma anche come segno. Abbiamo un uomo che è pieno di coltellate. Mentre qui (in Cina) hanno una cosa straordinaria, Confucio, hanno un filosofo; mentre noi abbiamo un uomo, che è una cosa che non può che incidere ogni nostro futuro.

Pour Stendhal


Glossario Daseyn R

Relativismo. Consiste nell'affermare che tutte le verità sono uguali e che quindi non c'è nulla che sia più o meno giusto o vero. Chi sarà allora il giusto? Colui che vince, cioè il potere. In ogni momento, il giusto è chi è al potere in quel momento.