giovedì 26 settembre 2013

L'arte e il linguaggio: come spiegare un'opera a un truzzo

Il sito http://lartespiegataaitruzzi.tumblr.com contiene una bella lista di opere d'arte spiegate in dialetto romano a un qualsiasi coatto di borgata; in realtà è utile anche per chi crede di sapere già tutto, o lo fa credere agli altri.
Un esempio:


Raffaello Sanzio (Urbino, 1483 – Roma, 1520)

Stanza della Segnatura

1508-11, Musei Vaticani

affresco (la stanza misura circa 7 x 8 metri)

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Questa è una dee Stanze de Raffaello in Vaticano, ma no sue che ce abbitava lui, bensì che lui l’ha dipinte pe er papa Giulio II. E questa che se chiama Stanza daa Segnatura era come in pratica l’ufficio der papa, ndò firmava ‘e robbe e ce teneva li documenti e quei du libbri che se leggeva o che faceva finta de leggese pe fà vede che era n’omo de curtura. E poo stesso motivo er papa qui je chiese a Raffaello de faje tutta na robba complicata, che se ciai pazienza n’attimo vedo de spiegattela.

‘A mejo cosa è partì dar soffitto, come disse l’imbianchino che sinnò poi si er colore sbrodola te rovina ‘e pareti. Battutona.

Si vedi, ce stanno quattro medajoni co quattro pischelle, che rappresenteno dii concetti: ‘a Teologgia, ossia ‘o studio de tutta ‘a robba che riguarda Dio; a Filosofia, ossia ‘a scienza der monno, daa natura; ‘a Poesia; e pe finì, co ‘a bilancia e ‘a spada, ebbravo, ‘a Giustizia, che questa ‘a conosci che l’hai vista in tribbunale ndò spesse vorte t’hanno processato pe tafferuji, spaccio e ‘nfrazioni varie. Vabbè.

Mo, si annamo su ‘e pareti, vedi che sti quattro concetti se fanno più chiari (speramo). ‘A Teologgia te fa vede tutta na schiera de preti e studiosi che stanno a discute sur Santissimo Sacramento, che in effetti risurta difficile spiegà come che er corpo de Gesù sta popo drento a quell’ostia fina fina che manco si faceva ‘a dieta de Attechins, eppure è popo là drento e too magni; ma noi discutemo e nun capimo perché semo ‘mperfetti qua su ‘a tera. Che quanno invece annamo in paradiso vedi che stanno lì seduti tutti belli commodi su ‘e nuvolette e tutti li misteri ‘i capischeno ar volo senza manco faticà, come ad esempio ‘a Trinità che è n’antra cosa complicata che sò uno e trino ma è così e basta.

De fronte ciai ‘a Filosofia, che se chiama ’a Scola de Atene, dove te dici ammazza aho a Atene sò tutti ripetenti che a sta scola ce stanno li vecchi bacucchi, ma no, scola ner senso scola de pensiero, tradizione de idee. E Atene perché ‘a filosofia saa so inventati là. Ma quella nun è Atene pe davero, è un posto a caso che nun esiste, e tutta quaa gente sò li granni pensatori der passato, tutti ammucchiati insieme, come si te volessi fa, pe dì, un arbum de tutti li mejo giocatori daa Roma da inizzio a oggi. E li mejo du filosofi de sempre stanno ner mezzo, e sò Platone e Aristotele; e Platone cià ‘a faccia de Leonardo da Vinci che era ‘n pittore un po’ più anziano de Raffaello e che Raffaello ‘o rispettava, e qua je vò dì “Bella zì, me piaci”. E ‘n mezzo a tutti l’antri Raffaello che se mise pure lui, che sarebbbe er seconno da destra cor beretto nero che te sta a spizzà come a dì “te piace eh? L’ho fatto io modestamente”.

‘A poesia poi te fa vede Apollo co ‘e Muse e ‘n sacco de poeti famosi, che ce sta pure Dante cor naso a brocca.

E infine ‘a Giustizia co l’istituzione der codice civile de Giustignano e er codice canonico, cioè paa Chiesa, de papa Gregorio Magno (no ‘magno’ che magna, ‘magno’ come ‘granne’, ‘magnifico’).

E quinni vedi che qui ce sta tutto quello che te serve pe vive e pe capì er monno : ‘a Verità seconno ‘a fede, ‘a Verità seconno ‘a scienza, ‘a Bellezza, e ‘a Bontà. E tutte ste cose se devono da rispettà a vicenna e convive.

‘O so, te se stanno a chiude l’occhi, ‘o capisco; e carcola che nun t’ho detto manco ‘a centesima parte de quello che se po’ dì de ste pitture; e carcola pure che sicuro come na palla quarcuno mo baccaja che too dette troppo poche e too dette troppo male. Ma aho, Raffaello cià avuto quattr’anni pe fà sta stanza, e er papa ‘o pagava; io ciò solo un blogghe, e mica so Raffaello.

martedì 24 settembre 2013

Ipse dixit: Camus

"Quand'ero giovane vivevo pensando di essere innocente, vale a dire che non pensavo affatto. Non sono il tipo del tormentato, sono partito con il piede giusto. Tutto mi riusciva bene, ero intelligente, avevo successo con le donne, e se avevo qualche inquietudine, passava come era venuta......Col tempo mi sono accorto che anche quelli che erano migliori degli altri non potevano fare a meno di uccidere o di lasciar uccidere: era nella logica in cui vivevano, non si poteva fare un gesto in questo mondo senza correre il rischio di far morire. Sì, ho continuato ad avere vergogna, e ho capito che tutti eravamo nella peste; e ho perduto la pace. Ancor oggi la cerco, tentando di comprendere tutti e di non essere nemico mortale di nessuno. So soltanto che bisogna fare il necessario per non essere più un appestato, e che questo soltanto ci può far sperare nella pace, o, in mancanza di questa, in una buona morte. Questo solo può dar sollievo agli uomini, e, se non salvarli, almeno far loro il minor male possibile, persino, talvolta, un po' di bene. Ecco perchè ho deciso di rifiutare tutto quello che, direttamente o indirettamente, con motivazioni buone o cattive, fa morire o giustifica che si faccia morire".

Albert Camus
La Peste

Segni, linguaggi e significato


martedì 17 settembre 2013

GeoGuessr: il gioco giusto per l'universitario che non ha voglia di lavorare

E' semplice: apri il sito di GeoGuessr e ti trovi su Google Streetview, in un punto a caso del mondo. Ti sposti, ti guardi intorno, provi a leggere i cartelli se ce ne sono, guardi la vegetazione, la segnaletica, gli edifici; quando credi di aver capito clicchi sulla cartina nel punto che vuoi indovinare. Più è vicino, più fai punti; hai 5 tentativi.

question du jour


domenica 15 settembre 2013

Glossario DaSeyn C

Cuore: un punto di vista o un criterio di giudizio che si possiede e che va applicato a tutte le cose: questa cosa è buona, questa è cattiva, questa cosa è viva e questa è morta, questa cosa è bella e questa brutta."

sabato 14 settembre 2013

Ipse dixit: Brecht



La mémoire de l’humanité pour les souffrances subies est étonnamment courte. Son imagination pour les souffrances à venir est presque moindre encore. / C’est cette insensibilité que nous avons à combattre. / Car l’humanité est menacées par des guerres, vis-à-vis desquelles celles passées sont comme de misérables essais, et elles viendront sans aucun doute, si à ceux qui tout publiquement les préparent, on ne coupe pas les mains. / Bertolt Brecht (1952)

venerdì 13 settembre 2013

Monsieur Lazhar


Quando il miglior insegnante non ha un diploma:

Fin dalla indimenticabile e drammatica scena di apertura del film di Falardeau ci accorgiamo che questa è una scuola dove c’è qualcosa che non va; l’insegnate più popolare, amata dai suoi ragazzi, ha deciso di “gettare la spugna” con la vita.
Ma l’imprevisto arriva; tra la neve e il gelo di una Montreal paralizzata dallo shock di questa morte
inspiegabile (così come dal gelo invernale) arriva il caldo abbraccio di Monsieur Bachir Lazhar, il
supplente, emigrato dal nord Africa. Anche per lui la vita non è stata facile; non sapremo mai quali
tragedie ha vissuto e hanno portato alla perdita della sua famiglia, ma questi ragazzi gli offrono la
possibilità di ricominciare a vivere. Il prendersi cura di loro gli offre la possibilità di ricominciare a vivere.
Proprio lui, che non aveva né titoli, né diplomi, né esperienza, è il vero educatore.
A ispirare il regista canadese è il dramma teatrale “Bashir Lazhar” di Évelyne de la Chenelière. La sua trasposizione cinematografica è stata un trionfo al Festival di Locarno 2011 dove ha conquistato il Premio del Pubblico ed il premio Variety Piazza Grande Award. Premi davvero meritati, si, perché Falardeau si è addossato un compito per niente facile, quello di narratore attento di un mondo così complesso e delicato come quello dei bambini e in particolare della scuola. All’interno di questo spazio limitato si intreccia la figura del maestro, Bachir Lazhar, interpretato da Mohamed Fellag, alla vicenda poco felice di una classe elementare di un istituto del Montreal, turbata dal suicidio della propria insegnante. Avendo appreso la notizia sul giornale Lazhar, immigrato algerino di 55 anni, si presenta nella scuola per offrirsi come supplente, pur non avendo esperienze in questo campo lavorativo. Immediatamente assunto per sostituire la povera scomparsa, si ritrova in un contesto del tutto nuovo e per di più in crisi, mentre è costretto al contempo ad affrontare un dramma personale: superare la morte della sua famiglia, distrutta dalla violenza inaudita del suo paese natale.
La sua improvvisata professione, quella di docente, di per sé non facile, risulta ancora più complicata perchè costretto ad affrontare la tematica della morte con i bambini. La sua, è una responsabilità tosta: affiancare all’aspetto pedagogico una vicinanza emotiva agli alunni non indifferente. Egli prova goffamente a imitare i gesti delle colleghe, che questo mestiere lo svolgono da tempo. La moderna scuola occidentale, poi, è frequentata da bambini svelti e precoci con dei genitori esigenti, orari ferrei, precisi programmi e regolamenti ministeriali. Poco a poco Bachir impara a misurarsi con i suoi alunni, accompagnandoli nel processo di guarigione.
Attraverso i suoi tentavi, spesso maldestri, di impostazione delle lezioni: dettati e letture di Honoré de
Balzac, forse fin troppo seri per dei bambini così piccoli, non si può che non apprezzare la figura di Lazhar, un uomo solo ma dotato di un notevole bagaglio culturale che gli permette di portare avanti credibilmente il suo ruolo. Adorato dai bambini, riesce in maniera straordinaria ad entrare in armonia con loro cercando di scavare nei dolorosi e ancora vivi ricordi per favorire la rimozione del tragico evento. Senza forzare i parallelismi, la vicenda unisce la storia personale di Bachir con il suo amore per i ragazzi, soprattutto per il fatto che il dolore di Simon, uno dei due ragazzini cui Bachir si affeziona di più, è molto più complesso e profondo di quanto sembri in apparenza. Quando la verità, alla fine, viene fuori, in un mare di
lacrime, con le parole che vengono dal cuore del ragazzo ci fa capire come facilmente i ragazzi possano
torturarsi per colpe di errori e peccati immaginari.
Bachir non riesce a seguire le regole; quando la classe ha bisogno del suo aiuto, egli gli procura una
guarigione, facendo parlare insieme i ragazzi del suicidio. È un grande passo avanti. Il suo coraggio e la sua attenzione per i ragazzi sono sorprendenti. “Non cercate di trovare un significato nella morte di Martine; non c’è.” Questo dice ai ragazzi: “la classe è un luogo di amicizia, di lavoro, di gentilezza, un luogo di vita”. Dopo l’indimenticabile “L’attimo fuggente” e il più recente “La classe - Entre les murs” era da tanto tempo che non si vedeva una bella pellicola girata tra i banchi di scuola. Felaurdeau senza troppa presunzione ha cercato di creare un’immagine fruibile da qualsiasi tipo di pubblico ma che attirasse per l’eleganza e l’immediatezza; la sua è una regia apparentemente molto semplice ma in realtà assai curata e ricercata.

(Bachir Lazhar) Monsieur Lazhar Regia: Philippe Falardeau - Cast: Fellag, Sophie Nélisse, Danielle Proulx,  Jules Philip, Émilien Néron - Genere: Drammatico, colore, 94 minuti - Produzione: Canada, 2011

A cura dell’Associaizone The Great Teachers
http://thegreateachers.blogspot.fr/

mercoledì 11 settembre 2013

Non si scherza con la montagna, perchè la montagna non scherza con chi scherza con la montagna


InstantSongs: un progetto di Massimo Bubola

Il sito ed il progetto "Instant songs" vuole ricondurre la canzone alla sua funzione originaria: cioè quella di raccontare i personaggi e i fatti salienti del nostro tempo e della nostra realtà, con particolare attenzione per quella che oggi viene definita "cronaca nera". Prima dell'avvento della letteratura scritta, la letteratura orale di Omero ed Esiodo nella Grecia del VII-VIII secolo, era perlopiù cantata e recitata ed era uno dei principali modi per tramandare la storia che si fondeva nella mitologia. Per questo la canzone e la ballata hanno assunto nel tempo una funzione di memoria collettiva. Nel momento in cui si affronta la cronaca con una canzone, la cronaca si espande dai motivi che l'hanno ispirata e diventa epica cioè racconto condiviso, riuscendo a parlarci al di là dei fatti diretti che l'hanno ispirata. Un fatto di cronaca per quanto efferato, per quanto possa colpire e impressionare profondamente l'immaginario collettivo, si esaurisce giornalisticamente, per propria natura, nell'arco di poco tempo. Le instant songs, vorrebbero essere una cronaca in forma musicale che rimane a parlarci, così come le ballate dei cantastorie che ci hanno accompagnato fino ad oggi.

domenica 8 settembre 2013

Glossario DaSeyn: P

PACE: Dare vita, dove si è, a relazioni nuove tra la gente, a relazioni fondate sul valore dell'uomo. Pace significa creare luoghi di amicizia ideale e operativa, un'esperienza umana già cambiata al suo interno.

giovedì 5 settembre 2013

Nieve. Bram Van Velde y la necesidad de sentido (2)


Decíamos pues que los personajes de V.V. (Van Velde) sienten la necesidad de algo más grande de ellos, que su felicidad no puede venir por sus propias fuerzas, por sí mismos, si no que debe llegarles desde el exterior, desde afuera(1).
La tercera figura, aquella que ha alargado el paso,tal vez lo ha entendido y por eso mismo se pone en camino, como los discípulos de Emaús(2) que caminando no se dan cuenta de haber encontrado la respuesta hasta reconocen un gesto familiar, y habiendo sentido arder sus corazones se ponen en marcha para contar lo acontecido.
Ha encontrado el más allá, ese "más allá" del cual nos habla Montale (3).

Notas:
1. Periódico bimestral The Others, julio/agosto 2008.
2. Los discípulos de Emaús (Lc 24, 13-35).
3. Montale E, Maestral, Huesos de sepia, 1925.

mercoledì 4 settembre 2013

Giancarlo de Carlo, un architetto umile e combattivo

La figura di Giancarlo de Carlo mi incuriosisce molto. E' nato tutto da un amico che mi ha raccontato un episodio che lo riguarda; trascrivo le parole che mi ha detto.
"Negli anni 60, gli architetti moderni, razionalisti, seguivano le direttive del CIAM, il congresso internazionale degli architetti moderni, sotto la onnipresente guida di LeCorbusier. Guai a chi sgarrava: ormai le direttive del CIAM erano legge, e chi non le seguiva faceva case sbagliate (un po' la stessa cosa che dicevano gli accademici ai modernisti, quando erano i secondi a essere rivoluzionari). Si parlava del nuovo modo di pensare le città, che LeCorbu intendeva così:

E fra l'appoggio incondizionato di tutti, un trentenne italiano (l'unico al congresso) gli disse 'no!' E LeCorbusier muuuto!"
Questo è come me l'ha detto, poi ho preso un libro e ho letto che le esatte parole non erano queste, ma il succo del discorso si è capito. Ma la storia del trentenne che crede di saperla lunga e contraddice il dio dell'architettura mi è rimasta.

martedì 3 settembre 2013

La vita davanti a sé di Roman Gary



Una donna e un bambino, lei ebrea, lui arabo, lei una vecchia prostituta, lui il figlio di una di quelle, forse di nessuno.
Madame Rose è una sopravvissuta della Shoa e tiene sotto il letto il ritratto di Hitler da guardare quando la vita ritrovata le sembra troppo dura.
Momò è uno dei bambini che raccoglie e cresce Mm Rose.
Parigi delle banlieue: Belleville.
Il ritratto scanzonato e appassionato di chi ci vive: di etnia, religione, tradizioni, storie, costumi disparati. Il nostro mondo, sempre più quello di tutti.
La vita vera e la possibile convivenza raccontate da Momò che, via via, rimane solo nell’appartamento al sesto piano da cui Madame Rose con i suoi 95 chili non riesce più ad uscire.
Il loro rapporto, impensato e paradossale che si stringe sempre più fino a rendere impossibile ogni separazione e inaccettabile ogni violenza anche fosse per “motivi umanitari”.
Una donna, così provata dalla vita, cui la vita degli altri non fa ribrezzo comunque sia condotta, che non può accettare di sopravvivere e che non può morire in un ospedale dove vorrebbero “soffiarti in gola la vita”.
Un ragazzo che un giorno, all’arrivo del padre, cresce di colpo di quattro anni riconoscendosi adolescente. “Perchè non mi hai detto la verità sulla mia età?” Perché per vivere bisogna amare ed essere amati.
Un romanzo difficile da definire: è brutale, è umoristico, è attuale, è doloroso, scabroso, innocente, provocatorio, commovente, risoluto e tenerissimo.
Ogni lettore può essere punzecchiato su qualche punto fondamentale della vita e della coscienza; scelgo la vecchiaia, la malattia e la morte. Come accostarsene?
“Tutto dipende da come uno pensa a qualcuno”.

FROM ABOVE

FROM ABOVE*
poem II, from L’Ultima Passeggiata

The skylark spirals upwards out of sight
Into the dawn, singing from above
A house where smoke scrolls up, then melts in light.
From above, his distant lark’s eye watches white
Oxen in pairs criss-cross the field and leave
Broad acres ploughed, each furrow dark and straight.
In the black damp field, the turned, share-brightened ground
Shines in the sun like sunlight in a mirror.
Harvest and sheaves are on the farmer’s mind,
A cuckoo’s call re-echoes in his ear.

* Poesia dedicata dal grande poeta irlandese Séamus Heaney, premio Nobel per la letteratura,
  all'associazione culturale Tonalestate nell’estate del 2012.

lunedì 2 settembre 2013

Nieve. Bram Van Velde y la necesidad de sentido


Nieve es el título que el artista holandés daba a su obra realizada en el 1923; en esta son claras las influencias de el expresionismo alemán. Pero más que la técnica o una cierta análisis estilística, deseamos adentrarnos en esa pregunta que nos presenta Van Velde. Mientras regresan a sus casas, en medio al vacío inmenso que causa el reflejo de la luz en la nieve, dos de los tres hombres que van se detienen de repente, se dan cuenta de ser seguidos por alguien y lentamente se giran para observar la presencia inquietante que advierten.
Mientras tanto el tercer compañero ha alargado el paso y con fatiga trata de alcanzar las dos mujeres a mitad del camino. Al fondo la ciudad, objeto de deseo pero al mismo tiempo de miedo, no obstante ellos la deseen, la temen. Las puertas y ventanas de las cuantas casas amontonadas se repiten en el rostro del personaje de la izquierda; no sabemos si es la ciudad un condominio de carne, o es el hombre una ciudad devastada y vacía.
Este juego de analogías crea en quien observa un sentido de angustia. Es como si las figuras en "avviso"(1) nos interrogaran: "¿y por que seguimos adelante? ¿que sentido tiene regresar a casa?¿y por que vivir?¿quién me puso aquí?". Así que de un interrogarse a sí mismos e interrogarnos, ponen la pregunta a un "TÚ", como expresa muy bien Lagerkvist: "¿Quién eres tú que colmas mi corazón de tu ausencia? ¿Que colmas toda la tierra de tu ausencia?"(2).
Entonces la pintura de Van Velde, aun si la impresión es muy cercana a la del "el grito"(3) pero diferente por esto mismo, deja en nosotros una brecha de esperanza: "se trata de un vínculo con el misterio del infinito, de un vínculo que no puede ser evitado en nada (...). Entonces,  si existe en mí la nostalgia de un totalmente otro, no todo lo que yo soy  proviene de mi padre y mi madre, yo provengo de algo más"(4).



Notas:
1. en el arte, figuras que se colocan en primer plano con el fin de introducir el espectador en el espacio de la obra pictórica.
2. Lagerkvist, Uno sconosciuto è il mio amico, Poesie, Guaraldi 1991
3. Edvar Munch, 1893, Galería Nacional de Noruega.
4. Riva G., Pequeña antropología cristiana, Garabatos 2013