giovedì 17 maggio 2012

LA MORTE DELLA PIZIA (Parte Quinta) Friedrich Dürrenmatt



l sole stava ora tramontando dietro il cantiere del tempio di Apollo, il solito, sempiterno spettacolo Kitsch; Pannychis, che il sole lo detestava, pensò che un giorno voleva proprio vederci chiaro in quella faccenda, la favola del carro e dei cavalli del sole la trovava assolutamente ridicola, ed era pronta a scommettere che il sole non era altro che una massa di gas fetidi e fiammanti. Dirigendosi verso l’archivio pensò per un attimo che era zoppa anche lei, proprio come Edipo. Lì si mise a sfogliare il libro degli oracoli, tutti i responsi emessi nel santuario vi erano registrati. Finalmente di imbatti in un oracolo pronunciato per un certo Laio, re di Tebe. Qualora gli fosse nato un figlio, costui lo avrebbe assassinato.
“E’ un oracolo intimidatorio,” pensò Pannychis tra sé e sé “riconosco lo zampino di Krobyle IV, la Pizia che mi ha preceduta”, della quale peraltro sapeva benissimo quanto fosse corriva coi desideri del gran sacerdote. Poi, frugando nei libri contabili, trovò la prova di un versamento di cinquemila talenti da parte di Meneceo, l’uomo drago, il suocero del re di Tebe Laio, con la seguente annotazione: “Per un oracolo formulato da Teresia in relazione al figlio di laio”. La Pizia chiuse gli occhi, meglio sarebbe stato, pensò, essere cieca come Edipo. E rimase a sedere pensierosa al tavolo di lettura dell’archivio. Ora capiva: il suo oracolo si era avverato per grottesca coincidenza, ma Krobyle in passato aveva vaticinato per impedire a Laio di generare un figlio e perciò un erede, in modo che fosse il cognato Creonte a succedergli al trono. Il primo oracolo, quello che aveva spinto Laio a esporre Edipo, era stato il frutto di una pastetta, il secondo si era avverato per puto caso e il terzo, quello da cui l’indagine aveva preso le mosse, era stato anch’esso formulato da Teresia. “Per portare Creonte sul trono di Tebe, sul quale di sicuro è già salito” pensò Pannychis. “E io che per troppa condiscendenza nei confronti di Merops ho recitato il responso formulato da Teresia,” borbottò tra sé furibonda “per di più in quegli orribili giambi, sono più perfida io di Krobyle IV, che almeno profetava solamente in prosa”.
Si alzò dal tavolo e lasciò quell’archivio coperto di polvere, da molto tempo ormai nessuno si preoccupava più di pulire e rassettare, ovunque nell’oracolo di Delfi la sciatteria più spensierata regnava sovrana. Comunque anche l’archivio sarebbe stato ben presto demolito, pensò, e al posto della vecchia casupola di pietra sarebbe sorto un nuovo e pomposo edificio, era perfino già prevista una casta sacerdotale che avrebbe avuto il compito precipuo di sostituire a quella spensierata sciatteria una sciatteria rigorosamente preordinata.
La Pizia abbracciò con lo sguardo i cantieri che aveva dinnanzi: era notte, pietre e colonne giacevano dappertutto, la sensazione era quella di un cumulo di rovine; un giorno, pensò, in quel luogo ci sarebbero state soltanto rovine.

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