mercoledì 28 maggio 2014

Giudizio e azione nati dalla condivisione della situazione stessa

"Scelsero appunto di lavorare in quel quartiere perché alcuni loro amici ci abitavano e perché altri della comunità conoscevano parecchie persone del luogo poiché ci andavano la domenica a passare il pomeriggio parlando con la gente. una presenza sporadica di quel tipo, solo domenicale o festiva, rischiava pero' di diventare un modo qualunque per acquietare la coscienza, perché non spingeva la persona a impegnarsi totalmente in un lavoro.
L'esigenza era quella di affrontare in un modo più adulto e responsabile la situazione, giungendo così a dare un giudizio in base a valori oggettivi e ad iniziare una azione sociale: giudizio e azione nati dalla condivisione della situazione stessa.
La situazione si presentava di bisogno. Discutendone assieme, in una riunione di tutti i gruppi, vennero precisati i punti analitici fondamentali, che furono riassunti in un ciclostilato: "Abbiamo riscontrato nel quartiere popolare una situazione di emarginazione e sfruttamento. La classe lavoratrice e' doppiamente sfruttata, una prima volta in fabbrica (dove e' considerata forza-lavoro) e una seconda volta nel quartiere, dove la forza-lavoro diventa la forza-consumo. il quartiere popolare e' il luogo in cui comincia la segregazione, fin da bambini: segregazione geografica e psicologica. Venire dal quartiere significa appartenere ad una classe sociale ben precisa, essere destinati a lavorare dalla più giovane eta' e quindi non necessitare di attenzioni particolari a scuola. Significa rimanere indietro rispetto agli altri e, soprattutto, smettere di studiare il più preso possibile e anche prima perché i mezzi sono pochi e non si possono perdere anni per niente. Di fronte a questa palese negazione di valori (valori come l'amore e il rispetto per la persona, chiaramente enunciati nel vangelo), abbiamo riscontrato una quasi totale assenza della chiesa. L'unico tipo di presenza e' una genetica e saltuaria assistenza ai casi più tragici, che non incide pero' sulle radici del fenomeno stesso. Di fronte a queste situazioni, invece, la chiesa dovrebbe trovare la sua voce per dire una sua parola. Appunto perché noi abbiamo intenzione di essere la' dentro come gruppo di chiesa, il primo lavoro che ci sentiamo chiamati a fare e' quello di costruire una vita di chiese la': e cio' esige una rilevazione immediata dei problemi che la vita di quartiere comporta. Tale analisi darebbe anche servire per coagulare l'attenzione della popolazione, in modo tale che (dalla nostra divisione del tempo e dei problemi con loro e dalla chiarificazione dei bisogni) emerga la coscienza che i problemi da risolvere sono di interesse comune. Quello che manca soprattutto nel quartiere e' infatti una comune vita della gente: l'ideologia borghese ha creato nella vita il mito della intimità famigliare per perpetuare l'isolamento e lo sfruttamento, educando la gente a risolvere singolarmente i propri guai. In questo modo, la politica come fondamentale dimensione e ineliminabile diritto della persona e' sottratta dalle mani della gente comune".

(E. Gemma, Oltre la contestazione, "Doposcuola al quartiere")
via The GreaTeachers

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