sabato 11 settembre 2010

1920: Grosz & Heartfield Oltre Dada

Il costruttore, l'ingegniere
Ma Grosz chiarisce che si distingue da lui in quanto Carrà vuole essere metafisico ma le sue preoccupazioni sono quelle di un borghese. Magari la metafisica servì soltanto per spianare il terreno. Fu un mezzo utile per prendere fiato e cercare altrove una forma nuova, più consona al suo linguaggio. Il Dadabild non è altro che l'immagine dell'artista. Un artista universale ( Weltdada = Worlddada ), comprensibile a tutti, un artista nuovo, il suo essere intero è DADA. Le linee geometriche collocate in uno spazio neutro, immobile, sono quelle del disegno ingegneristico: "Il compasso e la riga hanno scacciato l'anima e le speculazioni metafisiche. Si sono presentati i costruttori. Essi vedono con maggiore chiarezza nel nostro tempo. Non si rifugiano nella metafisica. I loro fini sono liberi dai pregiudizi antiquati, ormai andati in rovina. Essi voglio oggettività, vogliono lavorare per bisogni reali: esigono di nuovo, nella produzione artistica, uno scopo controllabile […] Mi sono personalmente reso conto che all'Accademia di stato di Mosca è stata istituita una sezione in cui si insegna agli allievi statica e meccanica; in tal modo essere studente tecnico significa, in molti casi, essere artista."(1) C'è sempre una continua dialettica con il costruttivismo ma, nell'apertura di quelle linee geometriche del Dadabild, si intravede ciò che sta per avvenire ma che ancora non c'è: “Essi vogliono Oggettività!”. È ancora molto presente il problema di un arte che si rifugia nello spiritualismo, l'unica soluzione è eliminare l'arte: “L'arte è morta, viva la nuova arte delle macchine di Tatlin.”(2) Il dadaismo si identifica con la nuova arte delle macchine, non è un movimento inventato ma nasce per contrapporsi a quell’arte spiritualistica che davanti alla guerra preferisce riflettere su stati interiori o astratti. Se l'arte spirituale fosse stata la risposta, la guerra non ci sarebbe stata: “Goethe nel fuoco dei tamburi, Nietzsche nello zaino e Gesù in trincea - c'era sempre gente che riteneva ancora spirito e arte come forze in se stesse.”(3) L'artista istituisce la separazione tra le classi. L'artista dadaista è il costruttivista, e di costruttivista ne esiste un solo tipo: l'ingegnere, il capomastro, l'operaio metallurgico, il falegname, ( il proletariato?) in breve il tecnico. Questa nuova arte che esige una realtà concreta ha bisogno di un apparato oggettivo: la macchina fotografica, capace di produrre ‹‹nuove relazioni, finora sconosciute››, e in stretto rapporto con la fotografia è il Fotocollage.

Il giornalista Propagandada
Il fotocollage, tecnica molto usata dai dadaisti berlinesi, permette di fare a pezzi la realtà e riformularne una nuova. Ogni immagine diventa una parola, l'immagine ricomposta parla su ciò che la censura tace o almeno diventa un mass media che permette di diffondere un'informazione: "L'artiste prolétarien doit bravement en face le fait que la photographique a continué d'evolver. Si je rassemble des documents photographiques et que je le dispose face à face intelligemment et abilement. Ils exerciront sur les masses un effet énorme de propaganda et d'agitation. Pour nous, c'est cela le plus important. C'est la base de notre travail. C'est pourquoi notre tache est d'agir sur le masses de la faҫon la meilleure, la plus forte, la plus profonde."(4) Al Club Dada Grosz è il Propagandada avente il compito di diffondere la parola DADA.


1 G. Grosz, W. Herzfelde, “L'arte è in pericolo” in Un Piccolo si e un Grande no, A cura di A. Negri, ed. Longanesi, Milano, 1975; pp. 325-236.

2 G. Lista (a cura di), Dada, l’arte della negazione, Roma, Palazzo delle Esposizioni 1994; p.87.

3 G. Grosz, W. Herzfelde, “L'arte è in pericolo” in A. Negri, Carne e ferro. La pittura tedesca intorno al 1925, Scalpendi Editore, Milano 2007, p. 231.

4 J. Heartfield in DADA Paris-Berlin, Parigi, Centre Georges Pompidou, 1992, p. 172.

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