mercoledì 15 settembre 2010

Comunicare attraverso l'immagine

1925
Friedrich Ebert muore. Dopo una seconda tornata e varie manovre, le elezioni portano al potere il vecchio eroe della prima guerra mondiale, Hindenburg. In questo periodo la repubblica di Weimar gode di un’apparente e relativa stabilità, con un minor numero di sollevazioni. È l'inizio di un'apparente ripresa economica. In campo artistico Moholy-Nagy pubblica il saggio Malerei Fotografie Film; a Mannheim si tiene la mostra Neue Sachlichkeit, organizzata da Hartlaub; Grosz e Herzfelde pubblicano Die Kunst ist in Gefahr: "Riassumiamo: senso, divenire e storia dell'arte stanno in diretta relazione con senso, divenire e storia della società. Premessa della conoscenza del giudizio anche dell'arte della nostra epoca è, di conseguenza, uno spirito rivolto a una conoscenza dei fatti e dei nessi del vivere reale con tutte le sue scosse e tensioni.

L'umanità si sta impadronendo su vasta scala, da un secolo a questa parte, dei mezzi di produzione della terra. Contemporaneamente, la lotta degli uomini gli uni contro gli altri per il possesso di questi mezzi assume forme che sempre più ampiamente li trascinano, senza eccezioni, nei rispettivi vortici.


Da una parte operai, impiegati, funzionari, commessi viaggiatori; dall'altra azionisti, imprenditori, commercianti e finanzieri. I restanti rappresentano le retrovie dei due fronti. Questa lotta per la sopravvivenza che divide l'umanità in una metà sfruttata e in una metà sfruttatrice si chiama, nella sua ultima e più acuta forma, lotta di classe.

Sì, l'arte è in pericolo. Se non vuole correre nel vuoto o essere un vagabondo cieco fuori dal tempo, l'artista di oggi può solo scegliere fra due fuochi: tecnica o propaganda per la lotta di classe. In entrambi i casi deve rinunciare all'«arte pura». Sia nel caso che, come architetto, ingegnere o disegnatore pubblicitario si inserisca nell'esercito – organizzato in maniera ancora molto feudale – che sviluppa le forze industriali e sfrutta il mondo; sia nel caso che, rispecchiando come sismografo e critico il volto del proprio tempo, agisca come propagandista e difensore dell'idea rivoluzionaria e dei suoi partigiani nell'esercito degli oppressi, che lottano per partecipare ai valori del mondo e per un'organizzazione di vita sociale ricca di significato."(1) Nello scritto sono presenti le problematiche sulle quali maggiormente si interrogavano gli artisti: l'utilizzo di nuove tecnologie nel campo artistico (la fotografia, la tipografia, la cinematografia, ecc...), la discussione sulla funzione dell'arte, il ruolo dell'artista nella società e nella vita politica; la parte finale del testo è un chiaro invito a prendere risolutamente posizione, sia nella vita politica che in quella artistica. L'artista è chiamato a essere descrittore e critico, un propagandista dell'idea rivoluzionaria. Parole, queste, che non rappresentano un puro manifesto spiritualistico, tant'è vero che nel 1924 Grosz, Heartfield, Dix, Schlichter e altri si legano al Rote Gruppe (Gruppo Rosso), “la prima associazione di artisti comunisti in Germania”.(2) In questi anni la politica incomincia a diventare un nuovo fondamento per l'arte. Tenteremo ora di capire quale fosse il linguaggio in evoluzione che verrà utilizzata dall’artiste engagé.

1 G. Grosz, W. Herzfelde, “L'arte è in pericolo” in A. Negri, Carne e Ferro, ed. Scalpendi, Milano, 2007; p. 325.

2 J. Nigro Covre, L’arte tedesca nel Novecento, Carocci, Roma, 1998; p. 108

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