giovedì 23 ottobre 2014

Edvard Munch, Autoritratto in uno stato di tormento interiore, 1919

L'Autoritratto in uno stato di tormento interiore è un'opera che vuole essere quasi un'illustrazione al proprio titolo. Un uomo anziano, ma ben puntellato sulle proprie gambe, sta al centro di una stanza; forse si sta rivestendo, forse è semplicemente fermo a pensare. Pennellate spesse e grezze separano la figura umana dallo sfondo, lasciando un sottile bordo bianco: quest'uomo non è la rappresentazione di un singolo aspetto umano, ma l'essere umano nella sua interezza.
Pur essendo un autoritratto e, per di più, non realistico, il motivo per cui Munch ha voluto mostrarci la propria figura in uno stato "di tormento interiore" non può essere il puro autocompiacimento insensato; non può essere se non il voler confrontare se stesso con lo spettatore, alla ricerca di una corrispondenza.
Questo "tormento", sicuramente profondo, esistenziale, lo si ritrova in ogni uomo. E' una insoddisfazione perenne, di chi scopre mano a mano che nulla di ciò a cui ci dedichiamo può mai soddisfare pienamente il proprio bisogno di realizzazione. E' un ansia di significato, dell'unica cosa necessaria per la quale uno manderebbe all'aria tutte le cose superflue; quest'ansia a volte preme così tanto che l'unica soluzione è coprirla di distrazioni, di umorismo stanco, di televisione, oppure conduce ad una depressione perenne, come in tanti giovani. Eppure questo tormento non è negativo; poiché, come dice Heidegger parafrasando Hölderlin, “là dove c’è il pericolo, cresce anche ciò che salva”, cioè, dove il bene sembra assente, proprio questa impressione di assenza è la prova della sua presenza.

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