sabato 15 settembre 2012

UNA MANCIATA DI MORE. Recensione


UNA MANCIATA DI MORE

di Ignazio Silone

Se c’è qualcosa che rivolta lo stomaco di tutti è se tutti tacciono impauriti.

In uno qualunque dei villaggi della Marsica vivono Zaccaria, Rocco, Martino, Stella- la ragazzina ebrea-, Lazzaro, don Nicola (tutti più o meno fuggiaschi a seconda delle onde della storia) e tutta la povera gente che ha subito l’avvicendarsi, prima e dopo le due guerre mondiali, di due partiti dalle simili intenzioni ostili all’uomo come tale e sprezzanti di te singolo, diventandone aperti persecutori. Poi l’insopprimibile domanda di giustizia e libertà.

“Era un nemico? Cosa vuol dire? E’ un figlio di madre…ed era un povero pezzo di pane scuro qualsiasi. L’uomo aveva fame. Doveva morir di fame?”. Gli uomini servili a questo freddo e spietato potere sanno sempre trasformarsi secondo l’interesse e sanno conservare la brutalità dell’asservimento. Un partito, considerato la speranza del diverso rapporto tra gli uomini (“la notizia più importante era che un nuovo sole s’era levato a illudere la terra. Ovunque arrivavano i suoi raggi, gli uomini curvi alzavano la fronte”) diviene apparato arrogante e violento e anche i suoi uomini più liberi e autentici vengono perseguitati. “Il partito di oggi non è quello di una volta. Era una raccolta di uomini liberi, giovani, spregiudicati; è diventato una caserma, una questura….ma sempre vi sarà qualcuno che non venderà la sua anima per un pugno di fave e un pezzo di pecorino”. Non è un libro di analisi disillusa o di cinismo rabbioso; è un bel racconto di storie autentiche, di uomini vivi e di come le vicende umane, soprattutto quando generano dolore e violenza, abbiano la loro speranza e possibilità di essere attraversate senza disperazione, nella fraternità, nella compagnia, nell’amore.

C’è un tromba che risuona, un richiamo che non si esaurirà e non può essere distrutto sebbene, in certi momenti, sembri scomparire. “ma la tromba quando serve? Quando proprio non se ne può più. Se c’è qualcosa che rivolta lo stomaco di tutti è se tutti tacciono impauriti. E’ un modo di chiamarsi, di stare insieme, di farsi coraggio…E infine quando i vermi crederanno di avere partita vinta, apparirà l’angelo. Egli toglierà la tromba dal suo nascondiglio e la suonerà a pieni polmoni”. Ci si può mantenere a lungo nei boschi solamente con un tozzo di pane nero e una manciata di more quando si è udito, almeno una volta, il suono della speranza e si è incontrato il suo volto nell’agire degli uomini.

T.B.

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