domenica 28 ottobre 2012

People in the Sun, Edward Hopper, 1960

Esposizione EDWARD HOPPER, GRAND PALAIS, GALERIES NATIONALES Parigi, dal 10 ottobre al 28 gennaio 2013 

Occorrerebbe riportare e commentare tutte le tele dell’esposizione Hopper di Parigi. Tuttavia anche il bello puo’ essere tirannico. Propongo perció solo un quadro, il meno affascinante che ho visto: People in the Sun del 1960. 

 Mi sembra che qui si ritrovino tutti gli altri personaggi che abitano passivamente le tele di Hopper: il clown, la segretaria innamorata del capo, la ragazza che dorme accanto a un uomo a cui ha creduto poter dare tutto e che invece si sta già rivestendo per andarsene, la moglie e il marito in quella piccola stanza che è resa enorme dall’impossibilità dei due di comunicare, a costruire, a uscire dal ruolo assegnatoli di bella famiglia borghese. Mi sembra che tutti si siano radunati in questa tela, quasi assurda, tutti in fila in questo bagno di sole che mette loro la maschera delle vacanzuole meritate, davanti a quel bellissimo campo che essi non sanno guardare. 

Il disagio è forse cio’ che accompagna durante la mostra. Hopper ha vissuto in pieno la prima guerra mondiale, la seconda, i campi di sterminio, i gulag, le bombe atomiche, la guerra fredda, i primi sviluppi della guerra del Vietnam, e per qualche manciata d’anni, che il buon dio gli risparmió, non conobbe pure Bush padre. 

 Le sue tele non sono dunque l’immagine dell’america bene, né la spensieratezza dei bar americani, né la vita che riprende dopo le guerre. Basta guardare i volti dei personaggi in prima fila, e subito dopo, rapidamente il volto del ragazzo che legge una pagina senza parole in seconda fila. 

 In primo luogo un’osservazione spaziale. Per gustare una tela di Hopper si richiede una distanza di almeno 4 passi di distanza. Se ci si avvicina troppo per rubare l’immagine o possederla come meglio si voglia dire o pensare, la bellezza quasi svanisce, la situazione si dissolve in abilissime pennellate, che tuttavia, da vicino, non sono che tecnica. 

Dunque, indietreggiate. 

 E’ certo che Hopper ha calcolato quei 3 o 4 passi del visitatore. Per mezzo della tecnica, ha decretato una distanza rispettuosa, affinché nessuno si permetta di voler possedere l’immagine. 

 Come se il pittore dicesse: “ Indietreggiate belli miei non c’è più niente da prendere. I miei personaggi sono già stati fregati da un sistema di rapporti ingiusti e arbitrari che li ha resi opachi. Li hanno già strumetalizzati rinchiudendo la grandezza dei loro cuori in ruoli sociali, talora la segretaria, talora la donna da portarsi a letto, talora la studentessa che si concede un caffè al bar, talora gli uomini di cultura. Si, gli hanno già spezzettati prima di voi, vivisenzionati, feriti a morte nei rapporti più normali, là dove loro desideravano qualcosa di infinito, un amore, un’amicizia, un rapporto di lavoro umano, pieno. Invece hanno vissuto il vuoto. Non li vedete i loro occhi? E no, per vederli bisogna che indietreggiate. Non vedete? Tutto quel loro infinito desiderio è stato ridotto a un particolare aspetto della loro vita, la signora con il cappello marroncino e la sciarpa rossa deve saperlo meglio degli altri, mi sembra, perché in fin dei conti lo ha accettato. Insomma caro mio, se stai appiccicato alle mie tele vedrai solo una segretaria, una donna nuda, un burocrate, gli spettatori di un teatro. E se stai appiccicato a questa tela con la gente che prende il sole, ti verrà solo voglia di partire in vacanza per dimenticare tutto, anche Bush padre. Indietreggia, e vedrai che quei villeggianti al sole sono corpi morti, svuotati, resi meschini. Non vedi che hanno quel sorriso da candidato alla presidenza, da stampa, da rivista di arredamento? Se non vedi indetreggia. Cosi forse vedrai anche me. Il ragazzo in seconda fila. Sono a disagio, ho letto qualcosa che mi ha smascherato. Non mi è più possibile prendere il sole adesso. Forse nel foglio c’è scritto che mi licenziano. Forse che un mio amico è morto in guerra. Forse che quella li per cui avrei dato la vita, mi ha piantato. Poco importa, il dolore mi ha smascherato.” 

Mi è sembrato che, indietreggiando, l’immagine in effeti racconti di un’umanità anestetizzata. 

 In numerose tele ritorna questo personaggio che legge una notizia, un racconto, una parola che viene dall’esterno, da fuori, oltre quel mondo perfetto immerso nel sole. Nei quadri di Hopper piove di rado, come negli studios cinematografici, come nelle messe in scena. Ma il personaggio del “lettore” sa che pioverà. Cosí, grazie a quel solo personaggio, tutto ricomincia, la ricerca di un senso, la ricerca di rapporti che sian diversi, veri: la ricerca di un’amicizia infinita.

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