martedì 17 febbraio 2015

Giotto, Compianto sul Cristo morto


Questa scena è appena accaduta. Un minuto prima, quell'uomo stava su una croce, al centro dell'affresco, con sua madre ed i suoi amici attorno; poi è crollato a terra, ma l'inquadratura del pittore è rimasta ferma. Per questo, l'uomo morto si trova in un angolino, e verso di lui franano tutti gli sguardi ed i gesti dei suoi amici. 
I suoi amici non ci possono credere: quell'uomo li ha delusi, ora rappresenta il fallimento più grande della loro vita, che senza di lui non ha senso. Se non ci si immedesima in quei suoi amici, se non si conosce la loro storia, si può anche credere che la loro fosse una "sofferenza beata", un'afflizione da devoto che perde la sua immaginetta. Ma questi volti non sono esagerati come quelli di chi ostenta il dolore: i gesti sono come di pietra, perché si sta in silenzio di fronte alla drammaticità della vita. Chi potrebbe dire parole di conforto, se non quello che ora è morto?
Presto torneranno alle loro occupazioni di prima: chi a pescare, chi a riscuotere le tasse, chi a fare il mantenuto; perché dovrebbero, ora, continuare, se lui non c'è più?

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