mercoledì 5 ottobre 2011

La fotografia nella produzione di Làszlò Moholy–Nagy

Sono gli elementi formali che compongono le rappresentazioni, il loro linguaggio, che devono diventare oggetto di studio e arte stessa così come allo stesso tempo, avevano, e stavano sviluppando nel cinema, artisti quali Viking Eggeling e Hans Richter.

"L'arte si determina quando l'espressione raggiunge un livello ottimale, quando cioè nella sua più alta intensità è radicata nel biologico, consapevole del suo scopo, inequivocabile e pura." (3) Questa volontà di cambiamento nella concezione di fare l'arte, ha per Moholy-Nagy, anche, delle solide basi scientifiche che in quegli anni venivano sviluppate nell'ambito della cosiddetta psicologia della forma, la Gestalt-Psychologie. Questa scuola psicologica risale alla fine dell'ottocento quando Von Ehrenfels scoprì, per caso che una melodia cantata o suonata in una determinata tonalità, poteva essere ripetuta in un'altra tonalità senza perdere niente delle sue caratteristiche, anzi essendo del tutto riconoscibile. Cioè, quando esiste un insieme ritmico, melodico, compositivo, anche se questo viene trasposto in un'altra tonalità rimane analogo al primo. Questo insieme è quello che si può definire una Gestalt, una forma, un insieme di fenomeni, di eventi, che formano un tutto globalmente significativo.

La scoperta di V. Ehrenfels ancora estremamente empirica e imprecisa sarà poi precisata dai tre grandi gestaltisti: Wertheimer, Koffka e Kohler nelle loro osservazioni successive. I loro studi, definirono che il nostro modo di guardare il mondo, il nostro modo di percepire visualmente (o anche auditivamente, tattilmente) è sempre un modo di percepire per insiemi, globalmente. Alcuni principi, come quello della somiglianza (secondo cui le forme si organizzano quando degli insiemi formali vengono a porsi in confronto per alcune somiglianze che possono essere di forma, posizione o aspetto) di raggruppamento (dove si è portati a vedere il mondo sempre secondo un principio di omogeneità) o di semplicità (si vede in ogni cosa la forma più semplice, più elementare) sono stati inconsapevolmenteee applicati nelle opere di Malèvic, e i loro concetti esemplificati nelle volontà del "Manifesto del realismo" stilato dai fratelli Pevsner e Gabo nel 1920. Un realismo che non aveva nulla a che fare con quello che di solito va sotto il nome di "realismo socialista"; il "realismo" dei due era di tipo costruttivista dove si è contrari a ogni tipo di pittura naturalistica e rappresentativa, aspirando soltanto ad una pittura di tipo puro ed astratto. "L'unica meta della nostra arte pittorica e plastica è la realizzazione delle nostre percezioni nella forma del tempo e dello spazio.
Ripudiamo la linea e il suo valore descrittivo e sosteniamo la linea solo come direzione delle forza statiche e dei loro ritmi negli oggetti. Rifiutiamo il valore della forma pittorica e plastica dello spazio e sosteniamo la profondità. Rifiutiamo il millenario inganno che considera i ritmi statici come gli unici elementi delle arti plastiche e sosteniamo il nuovo elemento dei ritmi cinetici." Si notano, in questo manifesto, tutte le idee che verranno in seguito sviluppate da Moholy-Nagy nel capitolo di "Pittura, Fotografia, Film"- "La creazione ottica statica e cinetica", dove il problema del tempo e del ritmo ad esso associato con la luce, diventano fondamenti per il nuovo modo di concepire l'arte. "Da questo punto di vista, cent'anni di fotografia e due decenni di film ci hanno arricchiti enormemente. Si può dire che vediamo il mondo con occhi totalmente diversi. Ciononostante, a tutt'oggi il risultato generale non è molto di più di una raccolta enciclopedica di immagini. Ma non ci basta: noi vogliamo produrre secondo un programma consapevole, poiché per la vita è importante la creazione di nuove relazioni." (4)

3
L. Moholy-Nagy, Pittura, Fotografia, Film, Milano 2008, p. 43
4
L. Moholy-Nagy, Pittura, Fotografia, Film, Milano 2008, p. 55

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