giovedì 15 aprile 2010

Madonna di Loreto

1603-05 Olio su tela, 260 x 150 cm S. Agostino, Roma.
Una giovane donna romana (1) che sorregge senza fatica, quasi con un delicato e solenne passo, un benedicente bambino gigantesco; due sconvenienti pellegrini dagli piedi fangosi e la cuffia sdrucita (2). E' questa un'opera lontana dall'iconografia tradizionale, Maria è una semplice donna, coi capelli scuri e raccolti e un vestito senza pretese, che sorregge con affettuosa sicurezza il suo bambino che viene presentato ai due laceri, patetici, anziani pellegrini, figure indimenticabili: Sono finalmente arrivati al loro traguardo, ora non hanno nemmeno la forza di gioire, ma stanno lì, con i loro piedi sporchi, senza parole, davanti al bambino (3), l'infinito che si è manifestato in un particolare, un'umanità non un'immaginetta o il solito santino. Una incredibile forza e una commossa dolcezza si sono sapientemente raggiunte in questa pala. Al contrario di altri capolavori, rimossi e vituperati, questo dipinto è sempre rimasto sull'altare, pur se bersagliato da critiche molto aspre (4).

1. per cui posò quella Lena a cagion della quale avvenne la sanguinosa contesa fra Caravaggio e il notaio Pasqualone, spasimante deluso della ragazza. Giovannni Battista Passeri, nelle sue biografie di artisti attivi a Roma, scrive che Caravaggio il 29 luglio 1605 ferì a morte Mariano Pasqualone "giovane di professione notaro" per difendere una certa Lena, "povera ma onorata" vicina del Caravaggio, il cui padre, dietro altissimo compenso consentì a lasciar posare per la Madonna. Bonsanti Giorgio, Caravaggio; Scala, 199; pag. 55.
2. a cui furono mosse delle critiche, a cominciare dal Baglione (1642): "fece una Madonna di Loreto ritratta dal naturale con due pellegrini, uno co' piedi fangosi e l'altra con la cuffia sdrucita e sudicia; e per queste leggierezze in riguardo delle parti che una gran pittura aver dee, da' popolani ne fu fatto estremo schiamazzo". http://www.exibart.com/notizia
3. Zuffi Stefano, Caravaggio; Mondadori electa, 2007; pag. 98.
4. Ibidem

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