martedì 4 gennaio 2011

La lotta di Giacobbe con l’angelo

Passeggiavo qualche giorno fa per il centro di Parigi e mi è capitato di arrivare davanti a quel grande tempio della nostra vita borghese, che é oggi la Chiesa di Saint Sulpice.
Una volta entrato, subito a destra, mi colpì di nuovo quel dipinto di Delacroix che già avevo visto così tante volte. Ma questa volta mi colpì particolarmente. Entrando nella chiesa pensavo infatti alle parole gridate da alcuni manifestanti dell’ultima ora, che avevo incontrato qualche giorno prima, per caso, nella mia Emilia natale. Mi erano rimasti in mente, perché si erano intestarditi a sfilare con il loro corteo proprio la vigilia di Natale e proprio lungo la mia via Emilia, anche lei tempio della mia vita borghese.
Quello sparuto corteo diceva al megafono di non avere più paura di perdere la nostra poltrona che riscalda il sedere, di svegliarci e di rispondere à ciò che accade nel mondo. Vi ho perfino ritrovato un video, che quei manifestanti hanno pubblicato su internet, e che ho, a mia volta, pubblicato nel Ipse Dixit, che precede questo mio post.
Guardando quel dipinto di Delacroix mi sono tornati in mente, loro, le loro parole, i loro visi seri e gioiosi allo stesso tempo. Il dipinto è La lotta di Giacobbe con l’angelo. Mi hanno fatto pensare a loro quei muscoli così umani di Giacobbe, che non fanno finta di combattere, lottano davvero. Come a domandare fino alle lacrime: perché devo soffrire? E perché mi permetti di restare in silenzio davanti al dolore dell’altro? Perché io mi lamento perfino della mia bella vita borghese quando altri ringraziano perfino della loro misera vita da povero? E perché non mi schiacci? o non vieni a rifarmi di nuovo? Come se Giacobbe dicesse: lascia la presa sulla mia gamba, e con quelle braccia angeliche, abbraccia me e tutti.

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