venerdì 15 luglio 2011

Le teste DADA di Sophie Taeuber-Arp

RAPPORTI CON IL DADA BERLINESE
Nel 1920 a Berlino si svolse la prima Dada Messe22 alla quale Sophie Taeuber-Arp non venne invitata a differenza del marito Hans Arp che vi espose un rilievo dal titolo Der Arp ist da. Secondo Gabriele Mahan, la Tête DADA del 1920 fu concepita dall’artista proprio in previsione della partecipazione alla prima Fiera Internazionale Dada. L’opera è fortemente e quasi intenzionalmente connotata in senso dada. Si pensi soprattutto al titolo dell’opera che campeggia a chiare lettere sulla superficie di legno dipinta insieme all’anno e alla firma dell’artista. Inoltre quest’opera presenta più di un’affinità con un’altra importante opera presente alla Dada Messe: L’esprit de notre temps (Tête mécanique) 23 di Raoul Hausmann. Siamo di fronte a due opere simili per materiale (entrambe di legno) e soprattutto per quello che rappresentano: due teste. È evidente tuttavia che la testa di Sophie-Taeuber-Arp simula una testa-manichino da vetrina mentre quella di Hausmann lo è veramente. Inoltre è diversa anche la tecnica di realizzazione: Hausmann non si cura di nascondere gli attacchi delle protesi affisse alla sua testa-manichino, mentre la perizia tecnica di Sophie Taeuber -Arp, maestra dell’artigianato, la porta ad inserire in modo raffinato le applicazioni alle sue teste, siano essi orecchini, antenne o i nasi. Proprio in un suo scritto elaborato a scopo didattico nell’ambito dell’università zurighese la Taeuber-Arp afferma che “L’ornement ne doit pas paraître plaque, mais s’intégrer à la surface de l’objet. [...] Distinguer l’essential du superflu: l’objet et sa fonction sont l’essentiel. Donnez-lui une forme simple et pratique. Le décor doit toujours être subordonné à la forme”24.
 
Ma a parte le differenze dovute alla tecnica d’esecuzione entrambe le opere sono accomunate da una volontà di smembrare la figura umana per creare quella del robot, dei corpi meccanici simbolo delle ipocrisie e dell’asservimento dell’essere umano alle convenzioni sociali. Proprio Hausmann asseriva che “L’homme naturel n’existe pas encore, c’est encore une construction abstraite don’t on se sert pour mantenir des prejudges de classe et pour solidifier des pretentions culturelles”25
 
Secondo l’interpretazione di Gabriele Mahn il “baffo” verde sopracitato parlando di Duchamp, potrebbe considerarsi quale elemento connotante l’imperatore Guglielmo II. La testa acquisirebbe dunque anche un tono polemico, seppure sempre ironico, che la avvicina molto all’ambiente berlinese, tutto orientato verso la contestazione del sistema politico.
 
 
22 Fiera organizzata a Berlino nel 1920 a conclusione della tournée dadaista che vide protagonisti R. Huelsenbeck, J. Baader e R. Hausmann. La fiera ebbe luogo nei locali della galleria del Dr. Burchard, per questo soprannominato Finanzdada. Le opere esposte erano accomunate da una forte carica polemica nei confronti della borghesia e dell’esercito tedesco. Inoltre in opposizione al controllo del mercato dell’arte da parte della borghesia, R. Hausmann aveva previsto la distruzione di tutto al termine dell’evento. S. Bernard, Dada-Messe/Foire International, in Dada, op. cit., p. 322.
 
23 L’esprit de notre temps (Tête mécanique), 1919, Centre George Pompidou, Parigi. Applicando strumenti di misurazione sulla testa-manichino, Hausmann esprime la sua critica della scienza, disciplina che nell’intento di misurare tutte le cose, restringe il campo di pensiero dell’uomo, costretto a vivere entro misure stabilite. In realtà oltre alla scienza si tratta anche di una critica alla società borghese, che nella scienza si riconosce, e dell’arte accademica che aspira a diventare tale. S. Gomes, Raoul Hausmann: Der Geist unserer Zeit. Mechanischer Kopf, in Dada, op.cit., p. 470.
 
24 S. Taeuber-Arp, Remarques sur l’enseignement du dessin ornamental, in A. Lemonnier, op. cit., p. 934.

25 R. Hausmann, L’art et le temps, in S. Gomes, op.cit., p. 470.


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