giovedì 31 marzo 2011

Christian Schad e le schadografie


Schad - Dada
Non si può capire Dada senza capire la tensione spirituale nella quale nacque e crebbe.
L’art de l’époque du Traité de Versailles ilustre le désordre el l’apparence de la folie, il ne résulte pas de la volonté d’un petit groupe, il est le produit d’une société en plein désarroi où des forces hostiles et irréconciliables s’affrontent”(1).
Dada è l’«avanguardia» storica che più esaspera le contraddizioni della propria epoca: “non si accontentarono di scavalcare il problema e dimenticare le contraddizioni mediante l’accettazione di un inquadramento sistematico, garantito dalla tradizione, ma fecero della sostanza stessa della decadenza il loro punto di partenza”(2). Punti costanti di riferimento sui quali condurre la propria analisi sono i valori della cultura borghese: gli ideali della ragione positivistica, del progresso e del Modernismo che portano all’alienazione, all’inautenticità, alla guerra. Christian Schad impara presto a “disprezzare l’accademismo”(3), l’arte della borghesia, e sceglie, come molti altri giovani artisti uniti dall’odio verso un ordine sociale del quale la guerra stessa ha testimoniato il fallimento, il rifiuto ed il disprezzo per lo stato di cose contingenti. Sceglie la fuga in territorio neutrale.
Durante l’estate del 1915, partii da Monaco col treno per raggiungere Zurigo, passando dal cataclisma nero-bianco-rosso a un’oasi di pace. Non avrei tardato a finire, come milioni di altri, lungo
disteso in una uniforme, nel fango cocente o addirittura, forse, sotto una croce di betulla. Ero passato dall’ingranaggio della guerra alla Bahnhofstrasse di Zurigo. Il cambiamento era enorme. Da una parte, al di là della frontiera che avevo appena passato, tutti, volenti o nolenti, venivano presi in un ingranaggio gigantesco ed ibrido che li spingeva a zappare, uccidere, soffrire la fame; dall’altra, qui, si viveva allegramente. Pensiero e poesia, grande vanto dei tedeschi, si erano trasformati sotto la disciplina prussiana nel motto ‘Dio, Imperatore e Patria’. L’ufficiale rappresentava l’ideale dei valori borghesi di cui la guerra era la maggiore conferma. Lo slancio vitale era sostituito dalla sottomissione, le migliori qualità venivano deformate. […] Trovo stupido che un uomo accetti di fare il burattino e un altro possa comandargli di odiare e uccidere
”(4).
A Zurigo, Schad entra in contatto con i membri di Dada: nella piccola sala Cabaret Voltaire, aperta da Hugo Ball e Emmy Hennings, i tedeschi Hans Richter e Richard Huelsenbeck, i romeni Tristan Tzara e Marcel Janco e l’alsaziano Hans Arp avevano organizzato delle serate di cabaret presto degenerate in provocazioni sistematiche contro l'ordine borghese. Tuttavia stabilisce un rapporto più forte solo con lo scrittore Walter Serner ed insieme lanciano, già nel 1915, la rivista Sirius, di cui Schad illustra regolarmente ogni numero con disegni ed incisioni su legno. Sul piano filosofico la rivista Sirius è opposta a Dada. Infatti il punto di vista di Serner, che si esprime chiaramente in questa pubblicazione, è profondamente pessimista ma anche relativamente conservatrice: contrariamente ai dadaisti, Serner continua ad essere convinto che una buona critica deve essere sostenuta da una comprensione razionale delle cose e che qualsiasi ricerca intellettuale è rispettabile(5).

1 L. ARAGON, in Dada , Paris-Berlin, catalogo della mostra
della mostra, Parigi, centre Georges Pompidou, 1978, ristampa Paris
Gallimard 1992, p. 132
2 L. VALERIANI, Dada Zurigo, Ball e il Cabaret Voltaire.
Nadar: ricerche sull’arte contemporanea. Torino, Martano, 1970.
p. 45
3 C. SCHAD, in Christian Schad, catalogo della mostra a cura di
Bettina Schad, Milano, Galleria Schwarz, 1970. p. 1
4 Ibidem
5 A. L. HOCKENSMITH, in Dada, catalogo della mostra, Parigi,
Centre Georges Pompidou, 2005. p. 864

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